Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.

mercoledì 12 giugno 2013

La prevedibile fine di TQ mestamente annunciata da Vincenzo Ostuni





Ai funerali non ci vado quasi mai. Mi innervosisce il fatto che quando un parente del morto ti  annuncia  che quello lì è morto, sembra sempre dica che... non è proprio morto morto... non può essere... magari resuscita... Sai quando uno ti dice ieri stava bene, sembra vivo, è mancato all'improvviso? Invece poi vai lì e vedi che non sta per niente bene, non sembra affatto vivo, non è mancato, niente fa pensare che possa resuscitare: è proprio morto morto (quasi sempre, era marcio da mò...). D'altra parte Gottfried Benn esprimeva un concetto del genere: stiamo attenti a dire che uno è vivo... il fatto che uno sia nato non vuol per niente dire che è vivo... (era Gottfried Benn a dirlo? E del resto: è morto Gottfried Benn? Bah, io non sono suo parente, ma mi viene da dire che non è morto morto, che di un poeta come Benn qualcosa è rimasto... ci sta che resusciti...).

Negli scorsi giorni è apparso nel sito di Alfabeta2 appunto un articolo di Vincenzo Ostuni sulla morte della Generazione TQ (qui), intellettuali Trenta Quarantenni che si erano autodefiniti in maniera sinistramente sindacal-burocratica: lavoratori della conoscenza. Ora, non per dire l'avevo detto... che era nato ma non era vivo... che vivacchiava... Però, la disfatta di quella iniziativa di un gruppo di nuovi ostacolatori letterari (i cosiddetti critici), che sostanzialmente volevano pigliare il posto di quelli vecchi, era del tutto prevedibile, e da me prevista subito, sia discutendo su vari siti con vari osserva tori e prot agonisti (forse con lo stesso Ostuni), sia attraverso alcuni articoli su questo blog, a sua volta nato ma non vivo.

Prima di tutto, a scanso di equivoci, voglio dire che Vincenzo Ostuni è uno che mi sta simpatico: mi sta simpatico perché per quanto ho potuto vedere io è uno di spirito, che se capita si fa canzonare anche da chi non conta nulla come me, come successe qualche tempo fa quando sembrava viva Nazione Indiana (una prece), senza fare troppo l'offeso lei non sa chi sono io. Mi sta simpatico, Ostuni, anche perché ha mandato in libreria il romanzo di Emanuele Trevi, Qualcosa di scritto, di cui era curatore, credo, con un per me magnifico refuso, Massino invece di Massimo (pag 152, prima edizione terza ristampa). E più di tutto mi sta simpatico perché ho da poco spedito un romanzo alla casa editrice nella quale lavora.

Però, anche il parente Ostuni fa l'errore affettivo di dire che il suo parente TQ non è... dice infatti anche lui che il mancato langue... cioè che non è morto morto:

Va detto: Generazione TQ, che oggi langue, è stata il tentativo meno fallito di articolare proposte collettive radicali – di stampo grosso modo marxiano – e di uscir fuori dal pelago d’irrilevanza, o d’ignavia che ha impeciato gli intellettuali di quella generazione. TQ ha lasciato documenti e forse qualche eredità; eppure ha finito di funzionare. Non perché le sue proposte non siano state realizzate; ma perché neppure sono state ascoltate: le parti con cui TQ avrebbe potuto dialogare le hanno opposto un muro di disinteresse

E soprattutto dice, come dicono tutti: ci sta che resusciti...:

“ Forse dovremmo scioglierci e accostarci, come singoli, ai pochi barlumi che si apprezzano in giro, nei teatri occupati, nei movimenti politici. E ricominciare, novecentescamente da soli o in gruppi sparuti, a lanciare ormai flebili urletti d’allarme. Forse invece no: forse è ancora possibile e utile una voce radicale collettiva e qualificata, più omogenea e agguerrita di TQ. Le due chance sono separate da un crinale strettissimo, e alcuni di noi lo percorrono senza realmente decidere da che parte discendere “.

Vabbè, non la sto a fare tanto lunga... Detto in due righe, prima di lasciarvi a un articolo pubblicato in rete (o un lungo commento pubblicato su un esimio blog letterario, ai piedi di un articolo di qualcuno di peso, non ricordo) scritto lì per lì quando TQ pareva esser nato, vi dico perché non poteva diventare vivo: era un iniziativa dichiaratamente fatta per aumentare la visibilità (fa abbastanza ridere che il falstaffiano Andrea Cortellessa chieda più visibilità...) dei suoi promotori, per ottenere ulteriori spazi su tv, stampa, assessorati, eventualmente ministeri (si espressero fortemente a favore della nomina di un certo ministro, secondo loro er mejo der bigoncio, al posto di quello che fu effettivamente nominato, secondo loro 'na chiavica -  pigiare qui per leggere articolo e non credere ai propri occhi). Niente di generale, dunque, solo ambizioni personali appena appena imbellettate con la cipria del supposto interesse generale (i beni comuni e quelle minchiate lì). Nel testo che segue spiego meglio (penso); comincia con un riferimento a Goffredo Fofi, che pochi giorni prima si era espresso (qui) con un articolo molto severo contro questi e altri scrittori impegnati, nel quale li collocava politicamente a destra (curiosamente assai,  perché alcuni dei TQ collaborano stabilmente alla sua rivista Lo Straniero).

Vecchio testo, giugno 2011, appena corretto per l'esistenza duratura del blog:

Fofi è un vecchio arnese, sarà almeno un ON (Ottanta Novanta), ma ne dimostra CC (Cento Centonovanta, indistintamente): non ha certo partecipato all’adunata. Quindi immagino abbia letto le dichiarazioni d’intenti contenute in numerose interviste rilasciate ai giornali padronali da alcuni importanti camerati TQ, all’insegna del (D)Io (Letteratura) Patria e (reddito di capo) Famiglia! Oppure: Scrivere, Asserire, Dibattere!

Fofi fa certo parte di un manipolo di disfattisti che secondo sacrosante logiche cameratesche va annientato, quantomeno sottoposto a cura rieducativa a base di colpi di Manganelli [questo non per dire che Manganelli, Giorgio,  non va bene, che io lo adoro, che quando lo incontretti tanta fu la gioiezza che ne parletti a tutti per anni, tanto da imporlo come cura deducativa a numerosi amichi mii esageratamente intellettivi, anche im portanti artisti teatrivi che all'epoca mi toccava di frequentare, i quali non solo lui ignoravano (ignoravano anche Simenon, per esempio, che proprio disprezzavano, così, per sentito dire, o per giusto odio del pessimo attore Gini Cervi che interpretò Maigret in bianco e nero, nella tv della loro infanzia e adolescenza; ma, ancora più ig nobilmente, ignoravano  gli scritti est etici di B. Brecht); quindi ben venga Manganelli, solo che non va bene, secondo me, l'uso che alcuni ne fanno, di fatto degradondandolo alle proprie mo teste o immo teste capacità di com prendonio].

Rimane che le dichiarazioni di intenti contenute nel manifesto dei TQ (Tali e Quali quelli delle generazioni precedenti) (qui i manifesti e l'appello iniziale uscito sul Sole 24 Ore)  non sono state altro che patetiche rivendicazioni di superiorità scrittoria sui PQ (Para Quli) delle generazioni precedenti, o penose rivendicazione di maggiori spazi, invocanti attenzione nei propri confronti da parte di programmi televisivi, giornali e istituzioni politiche come i pessimi assessorati alla cultura.

Perciò ha sostanzialmente ragione Fofi a definire di destra i protagonisti di questa iniziativa. Nel linguaggio politico, lo sanno tutti, quando le rivendicazioni e le lotte sono fatte per migliorare la condizione lavorativa e sociale di tutti i soggetti in campo, sacrificando anche un po’ dei propri eventuali privilegi, si tratta di qualcosa di sinistra. Quando, invece, si fanno battaglie minoritarie per migliorare la propria condizione lavorativa o sociale, ovviamente  a danno di quella di qualcun altro, allora si tratta di qualcosa di destra. Più o meno. Si tratta di ABC. E quindi, il movimento intellettuale letterario TQ, esprimendosi come si è espresso, c’è poco da fare, è un movimento culturale di destra. Non a caso è cooptativo e impoetico, non a caso le prime dichiarazioni di intenti partirono dalle colonne del giornale di Confindustria, Il Sole 24 ore su di loro.

Noto infine la limitazione geografica: trattasi di TQ romani, per di più Roma centro. Bisognerebbe almeno allargare a TQ Roma Garbatella, TQ Roma Tartufello, TQ Roma Dragona, TQ Roma Settebagni ecc Ma alla fine allargare all’inverosimile le cellule TQ alle province, alle regioni e alle macroregioni, che poi si dividerebbero di nuovo in microcellule TQ di paese, di quartiere, di condominio, di cortile e di corte. Dimodoché, se per esempio la Tv dovesse dare spazio a uno qualsiasi dei TQ, mettersi tutti a far caciara, attaccarsi alla par condicio, pretendere uguale spazio per ognuno, che un’intervista da Marzullo non sia negata più a nessuno. Dacché ancora in democrazia siamo, e la democrazia ci ha questo di bello, che è stronza alla pari con tutti quanti.


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Questo un altro pezzo che stava nel mio archivio, non so se pubblicato da qualche parte (testo sempre un po' accivettato a fini di durata):

A me quando si fanno i raggruppamenti di individui di una particolare categoria, viene sempre in mente che siccome non riescono a sfangarla come individui, si organizzano in gruppo, sperando di ottenere ciò che si aspettavano come singoli. Naturalmente devono mettere in conto, gli individui, che organizzandosi in gruppo debbono rinunciare alla loro individualità e trasferirne i poteri alla nuova entità costituita; che poi, allafineallafine, vorrà dire trasferirla ai capi del gruppo, che se sono brave persone non ne approfitteranno, come potrebbero,  per favorire i loro interessi personali; ma se non sono brave persone sono cazzi (in Italia?). Del resto, anche a voler essere europei, permarrà sempre il dubbio che i capi del “ sindacato “ fregano. Per depotenziare il  rischio fregatura, penso, sarebbe il caso che certi gruppi non avessero testa, sopraditutto in termini di voce e volto. Invece...

Mi riferisco a questo gruppo di scrittori che si fa chiamare TQ (TQ dicono che sta per Trenta-Quarantenni, ma secondo me è il compromesso tra Trenta-Quarantenni, Tarantino Quentin e l’ oramai mortissimo  magazine  letterario d’oltralpe Tel Quel, a suo tempo influente assai negli affari letterativi). Tralasciamo che vogliono incidere sulla realtà, cioè su qualcosa che altro non è che racconto di realtà, qualcosa che i loro racconti, piaccia o no, contribuiscono a costruire, a danno della vita vera delle città e dei paesi, e sopraditutto delle persone che ci vivono e che non leggono i romanzi, né  vanno al cinema d’essai a disperarsi per le peripezie esistenziali degli architetti.  Che cosa vogliono davvero, questi TQ? Vogliono avere di più di quello che hanno,  questo è chiaro. In particolare, pare che vogliano più visibilità in Rai e più ascolto dagli assessorati alla cultura. Sul primo punto, un programma Rai, non è chiaro se vogliono che Gigi Marzullo li chiami a parlare di libri nelle sue copiose rubriche notturne o se vogliono un programma tutto per loro editori minori, condotto dalla spazioso critico TQ Andrea Cortellessa, dato che i programmi di riferimento della sinistra culturale sono abbastanza ingolfati da autori ed editori maggiori, a partire da Mondadori (mi riferisco naturalmente a Fazio e Dandini, che visto quello che guadagnano non è troppo cattivo storpiarne deficentemente i nomi in Sazio e Dindini). Comunque, in Rai possono appoggiarsi all’ex scrittore Giorgio Van Straten, che sta nel consiglio d’amministrazione per volere del patrono della cultura Walter Veltroni, e che sarà sicuramente comprensivo. Però, non potrebbe venirgli il dubbio, agli scrittori bravi TQ, che la rai è sostanzialmente in mano ai politici (adesso e per diversi anni ancora alle destre) e che se si fanno gli spazi per un gruppo minoritario di scrittori  e ostacolatori letterari (critici)  da loro considerati bravi, la destra ne approfitterà, a mò di rappresaglia, per dare spazio a scrittori e ostacolatori letterari di nessuna bravura, in quantità magari cento volte superiore? Lo stesso, in linea generale, non potrebbe succedere con gli assessorati?

Tornando seri, se fossero persone intelligenti (nota di ora: naturalmente intelligenti lo sono tutti, ma dovrebbe trattarsi di un'intelligenza capace di afferrare lo spirito dei tempi torbidi che stiamo subendo tutti senza fiatare, l'intelligenza che ebbero i nostri migliori maestri, da Landolfi a  Gadda appunto a Manganelli; per non dire l'immor(t)ale Carmelo Bene, o il superbo Carlo Cecchi), questi TQ, chiederebbero alla Rai di disoccuparsi completamente di libri e di cosiddetta cultura; così come chiederebbero la soppressione degli assessorati alla cultura, che essendo in mano ai mediocri politici locali agiscono a danno di qualunque qualunque virgulto artistico espressivo (per forza...). Secondo me, se fossero i cervelloni che dicono di essere, dovrebbero anche darsi da fare per  inventare parole nuove per sostituire quelle vecchie: la parola cultura, per esempio, oggi davvero usuratissima. Così come, pur sapendo di rimetterci,  almeno in un primo momento, dovrebbero lottare perché lo Stato e le pubbliche amministrazioni locali eliminino totalmente i finanziamenti alla cultura.  D’altra parte ci sono tanti scrittori, nel rassemblablamento: agli artisti le cose che  riescono meglio non sono quelle a rovescio?


Mi pare infine giusto lottare per ottenere posti da menestrello anche per le nuove generazioni. Si potrebbe sfilare con a capo il capace  critico Andrea Cortellessa (alla cui persona  rinnovo   ovviamente le congratulazioni  per via che ospita con ampio  merito, nella parte est del suo corpo,   il più esteso  parco nazionale della letteratura d’Europa, aperto tutti i giorni  con onorario continuato), sotto lo slogan “per descrivere un paese grande, non ci vuole un menestrello grande, ma un grande menestrello “ e chiedere la fondazione immediata del ministero alla finzione pubblica



Messaggio personale a Vincenzo Ostuni.

Mi viene il dubbio, caro Vincenzo, che tu non condivida del tutto le idee contenute nei libri che amorevolmente prepari per appagare la nostra ingordigia (tuttavia calante). Emanuele Trevi, per esempio, scrive subito all'inizio, a pag 30 di Qualcosa di scritto, impietosamente: non intendo affatto trasformare lo spettro di P.P.P. in un'insulsa metafora da terza pagina, affermando che questo spettro eserciti, o abbia esercitato, una qualche influenza sulla  " cultura "  o sulla  " società "  italiana. Tra l'altro " cultura " e " società " esulano totalmente dai miei interessi; la loro natura di convenzioni sostanzialmente ipocrite, mi fa sospettare che in realtà non interessino davvero a nessuno – tanto meno a coloro che, in mancanza di meglio, se ne riempiono la bocca. Padre Jouet, l'inventore delle Anime del Purgatorio, non avrebbe mai sragionato al punto di affermare che i suoi spettri fossero in grado di spaventare ed ammonire la Chiesa, o la comunità dei cattolici. Non funziona così. L'azione degli spettri è efficace in quanto si rivolge al singolo, alla sua debolezza e alla sua solitudine.

Testo e autore del testo in fase di correzione.