Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.

giovedì 30 dicembre 2010

Da Lucio Dalla una lezione di stile a chi non ha capelli


Io stimo Lucio Dalla non solo perché canta e scrive belle canzoni. Lo stimo anche perché porta parrucche brutte. Ciò più di tutto testimonia sul fatto che non è una persona banale. Se lo fosse  porterebbe parrucche belle, o, ancora peggio, non porterebbe la parrucca.

venerdì 24 dicembre 2010

Epistola a Babbo Natale

Caro Babbo Natale
 
ti scrivo questa letterina di malcontento che spero non ti offenda troppo. Noi ci conosciamo da tanti anni e sai bene  che non è mia abitudine prendermela coi vecchi. Però certe volte, come si dice, le strappate dalle mani... Sono lustri e lustri che si discute con la base di fare la ridistribuzione dei doni. Riunioni su riunioni, alle quali partecipi anche  emotivamente, durante le quali fai promesse su promesse.  E invece, alla fine, va sempre peggio: porti sempre  di più a chi ha di più e sempre  di meno a chi ha di meno. Che ti devo dire? Ma vaffanculo, Babbo Natale!

martedì 21 dicembre 2010

Larry Massino lucidaparole artigianale: lucidata parola " centro "



Nu vulévam savuar... nu, ca sèm doie, i’ cu l’amèco mèu,... vulevam savuar, per andare dove dobbiamo andare... addu sta lu centru?! Diritto,  sinistra, destra? Democrazia, socialismo o liberismo?


Appunto, a prescindere dalla sempre simpatica politica, nel paesaggio contemporaneo, cos'è il centro? Dov’è il centro? Nella nostra società, come si stabilisce chi sta al centro e chi in periferia? Ci vorrebbe qualcosa come un filosofo politologo biologo urbanista, un geografo dell'immaginario, ma anche un qualunque barbiere di Chieti provincia, che queste cose le sa bene. Seduti i fascisti: ho detto barbiere, no barbarie... (dato che il blog è letto da qualcuno all’estero, anche alcuni amici e conoscenti non di madrelingua italiana, metto in coda la traduzione dal dialettale più o meno credibile all’italiano, più o meno credibile lo stesso...)


C' stanno, caro amèco mèu Lèrre, doie scòle d' pansàre: ‘na scòla dic’ ka lu cèntr  sta addov' s' arrappresent' lu vivere; l’atra scòla dic’ ka sta addove s’ avvìve. Avete capito o vi debbo fare nu disegno 'dint' 'o specch'? Ca stamattina ma sambràt nu pòcc' addormit'. Lu cèntr  sta  addo’ stann assai le mèrc’, li sòrd e lu pòpulo: a lu mercat'. P’ chistu fatt’ ‘a piazz ‘o mercat' è ‘a piazz ‘u pòpulo, ka ce sta ‘arrimast 'a ‘nnérgia, pùr dòpp sècul'. Apprèss, lu cèntr sta addov vuoje 'stess v’amùzionat: ‘nto lètt vuòst, pa asèmbio, quann vuoje 'stess facét àmmore, ‘n gòpp a là sta lu cèntr.


Ma  a lu cèntr  di kist città ammuodèrn’, ka dic’n stòr’co, killo nu nìè nu cèntr  veràmento, pcché è ‘na rappr’sentazion... so’ lor’istess ka ce vann p’ di’ ka so’ lu cèntr, ma nun è accussì, so’ ‘na minoranza ‘littaria, salàzionata assaje. A lu mercat, ‘nvec’, tutt ‘o popol ce va, puro quann nu tèn ‘na lira ‘nt ‘a tasc. Ka pò, nu tèng na lira oggi, nu teng na’ lira addimàne, nu poss compra’ nu cazz, allora m’appicc’, m’arrivuòrt, arrovesc’ li bànc! E consacuetemente, maèstre Lèrre, a lu mercat’ se vèn  a ’ncumincià  la lott de class, che starebbe cumm’a dire alecante, comm’ dit sèmp vuoje: tra kill ka teng’n ‘ ’i ccòs’ e kill ka nu teng’n nu cazz!


Ci sono, caro amico mio Larry, due scuole di pensiero: una scuola dice che il centro  sta dove si rappresenta il vivere; l’altra scuola dice che il centro sta dove si vive. Avete capito o vi debbo fare un disegno dentro lo  specchio? Che stamattina mi sembrate un poco addormentato! Il centro sta dove sono in quantità le merci, i soldi, il popolo: al mercato. Per questo, la piazza del mercato è la piazza del popolo, perché c’è rimasta l’energia, anche dopo secoli. Dopo,  amico mio Larry,  il centro sta dove voi stesso vi emozionate: nel vostro letto, per esempio, quando state facendo l’amore, lì sta il centro.


Ma  al centro di queste città moderne, che dicono storico, quello non è il centro veramente, perché è una rappresentazione... sono loro stessi che ci vanno per dire che sono il centro socialmente parlando, ma non è così, sono una minoranza elitaria, assi selezionata.  Al mercato, invece, ci va tutto il popolo, anche quando non ha una lira in tasca. Che poi, non ho un lira oggi non ho una lira domani, non posso comprare niente, e allora  mi scaldo, mi rivolto, rovescio i banchi. E conseguentemente, maestro Larry, al mercato inizia la lotta di classe, che starebbe a dire elegante, come dite sempre voi: tra quelli che hanno le cose e quelli che non le hanno
 

lunedì 20 dicembre 2010

Gasparri s'è perso un'altra volta!

    'un lo  so di chi è, ma su questo pòste ci vòle questo

Dal minuscolo inviato speciale del MassinoNews nel cervello di Gasparri: ” Già, non ci avevo pensato prima, che so' capogruppo: perché nun favorì le manifestazioni negli stadi?! Così me fanno anco ministro! Se potrebbero mette'  servizi de tipo nòvo come trasporti allo stadio, tipo che  se pijano casa pe’  casa, sti belli manifestanti, puro de notte, e s’ accompagnéno aggratisse allo stadio della manifestazione, che pe’ mejo garantì la  sicurezza dev’esse’ tutto accircondato di sordati e fili spinati, per impedire a eventuali manifestanti de la parte avversa d’aggredì li manifestanti già in azione e riflessione, che vanno da èsse' protetti 'n tutti li modi nell’opinione. Così, come se fece 'n Cile, se potrebbàno fa’, a favore de le più mejo lotte per la libertà, anche manifestazioni che duréno annità “. Fine prematura della cronaca: il pur minuscolo inviato è dovuto uscire  di prescia dal cervello di Gasparri, perché sta strettissimo, come è normale per lui lavorando nel cervello dei politici italiani;  ma qui  non riesce proprio  a respirare, perché oltre a mancare lo spazio, manca del tutto l'ossigeno.  D’altra parte, il noto politico,
zuzzerellone, si è appena avvicinato a uno stangone,   mezzo nudo sotto a un maglione, che gli si vede tutto il maniglione:  " Mi scusi, bella signora, volevo sapere, per andare nel posto da dove devo da andare, per da dove devo da andare? Mi sono spiegato? "

Larry Svizzero

domenica 19 dicembre 2010

Caro Contadino Vi scrivo

 giovanni fattori bovi bianchi



Avete ragione Voi, Contadino della sua terra, Vi ringrazio per riportarmi al melmoso: parlare di quello che parlano e vivono tutti quanti, alla fine alla fine, è più giusto, e anche più divertente. Inoltre, Voi lo sapete,  vorrei che qui si parlasse nella lingua che parlano tutti quanti, con la quale pensano, tutti quanti: il dialetto. Vorrei scrivessimo ognuno nel proprio stile e dialetto (ideoletto, da idiota...), mediando magari un po', come si fa sempre, ma senza fare troppi sconti ai passanti, che tanto non è che ci paga nessuno. I passanti, del resto, in questa piccola piazza, sarebbero invitati a fare commenti in dialetto ideoletto, cioè nella loro  lingua, nella loro  originale forma di pensiero, quali che siano, errori e tutto, tanto non c’è il professore che da’ i voti.


E' tornata la Vostra moglie? E' bello venire a  sapere che tanto l'amate. Passate 'na bbuona nottata.

sabato 18 dicembre 2010

Roberto Saviano e il suo pubblico per chi lavorano?

(ANSA) - ROMA, 11 OTT - I patrimoni detenuti dai privati nel mondo sono saliti del 72% negli ultimi 10 anni nonostante la crisi economica, afferma Credit Suisse. Ma le diseguaglianze, seppure in diminuzione grazie alla crescita di Cina e India, restano abissali. Appena l'1% della popolazione mondiale possiede il 43% delle ricchezze private. Alla base della piramide, il 50% delle persone detiene solo il 2%.

venerdì 17 dicembre 2010

Se vi danno le spalle non offendetevi troppo: Céline, Louis Ferdinand Destouches (no Destrouches...)


Andando ‘n giro pe’ rete, mi sono andato a guardare il sito su Céline Louis Ferdinand Destouches (no Destrouches...). Naturalmente il sito è molto infornato, lettere, documenti, articoli ecc. Senonché... fuori nevica e non ci ho ‘n cazzo da fa’ di meglio che stare  al caldo comodo buono sul divano a lavorare al computer. Il fatto che mi sto  comodo e con la schiena ammodulata e non diritta... già doverrebbe ‘nsospettir quarcheduno. Insomma, nella ignhome page del blog (celi?)ni(ni)ano, vi si trova un  articolo a difesa della razza nostrana, che attribuisce a  pensate imbarazzanti di Céline una supposta difesa della razza europea franco ariana. http://lf-celine.blogspot.com/2010/10/celine-e-il-dramma-biologico-della.html

Non mi incazzo più di tanto perché tanto lo so che queste schifezzerie strumentalizzatorie si fanno. Mi fa solo ispècie di averci trovato commenti di  commentatori che frequentano questo blog, in particolare Daniz, a cui in definitiva mi rivolgo, con il fegato intossicato  in mano, perché è nel suo blog che trovo l’invito di recarmi all’altro. Ma Céline... Céline  voleva difendere la lingua...era uno scrittore, non uno sterminatore...
 
A questo punto, giusto per chiarire che la penna che dà voce al ribelle Larry Massino è tenuta da un pinocchio vivo, isolato ma vivo... Il quale, altro non aspetta che un’umanità mischiata, possibilmente non asservita a nessun negrus. Il quale, altro non aspetta che un paese dei balocchi di  tutti i  popoli. Il quale, prova disgusto per la piega che ha preso la cultura di sinistra in questo paese, che è una vera palla al piede per il PD di D’Alema e Bersani, che nonostante tutto  stima, anche molto, considerandoli degli scienziati dai quali si farebbe fare una diagnosi e financo operare, non fidandosi di maghi e streghette. 
 
Perché sono un Pinocchio  di sinistra, perché faccio parte della famiglia socialista  per nascita. Della quale sinistra so che ci sono tante teste di cazzo, che quasi sempre sbagliano, che quasi sempre fanno accordi sottobanco con chiunque, anche accordi che favoriscono la loro personale carriera. Tante altre cose so. Ma è la mia gente, quella bandiera lì, quella rossa,  per me rappresenta ideali di libertà, tutto il contrario di quella nera, che rappresenta morte, morte, morte e autorità del mio  cazzo.

Céline è stato una delle più belle penne di sempre. Ciò non vuol dire che non abbia mai scritto o detto robe a portata di idioti, anche  non in  malafede, come tocca a tutti, come toccò anche a Nietzsche, che odiava gli antisemiti e gli imbecilli, che più di tutti odiava il tipo ariano... Céline fu leggero,  in certi articoli o in certe dichiarazioni che poi sarebbe da vedere quale registrazione o quale manoscritto veramente autografo  ce le confermerebbe. Ma come può esser stato razzista un uomo che ha sempre curato i poveri gratis? Tra i quali poveri, ovviamente, c’erano gli immigrati di tutte le etnie? Uno che attraverso i suoi scritti ha mostrato un amore davvero universale per i poveri, difendendoli dall’aggressione dei ricchi, cosa che lo mise in rotta di collisione coi potentati bancari ebraici (ciò non vuol dire che era antisemita, anzi, nel viaggio, che qualcuno dice che era il libro preferito da Stalin!,  fa sarcasmo violento contro l’antisemitismo e se ricordo bene anche contro il patriottismo... era solo incazzato perché lo avevano licenziato dalla società delle nazioni, 
per cui aveva lavorato 4 anni, dove lo aveva messo la fondazione Rockfeller...)
 
Il viaggio  «era un libro comunistoide per quel che vuol dire, era comunistoide – nemmeno i comunisti hanno capito niente – era comunistoide e c’era una novità di stile, vale a dire sempre lo stesso, vale a dire sempre lo stesso piccolo accorgimento di trasmettere l’emozione parlato attraverso lo scritto »

«Alla corte di Luigi XIV era assolutamente proibito parlare di politica; si poteva parlare di tutto ciò che si voleva, meno che  affrontare gli argomenti riservati al Re... nevvero, questo era impossibile, sennò era immediatamente la disgrazia e poi la Bastiglia. Ebbe’ i totem  così sono dappertutto,  allora, il povero scribacchino,  deve barcamenarsi per passare attraverso tutti questi scogli. Per esempio, qui ci sono le cricche, c’è la cricca del Figaro, la cricca del Goncourt,  la cricca dell’Accademia,  la cricca dei Trois Magots, la cricca dei pederasti, la cricca degli antiebrei, la cricca dei proebrei, la cricca eccetera dei gesuiti, la cricca dei cattolici, la cricca dei comunisti, la cricca dei... allora ciascuno ha il suo autore prediletto, e allora si esaltano, si esaltano nevvero enormemente i meriti di chi appartiene a una cricca e poi si ripudiano gli altri, gli si dice di tutto o non li si nomina affatto, nevvero, ecco, c’è un interdetto. Be’. Bah, evidentemente, in fondo tutti quelli che si occuperanno della letteratura di questo secolo, be’, hanno pochissima probabilità di vedere la verità perché la vedranno attraverso... attraverso... intanto i tempi saranno cambiati, allora le cose che appassionano attualmente  be’, oppure [non vorranno] dire più niente...»

«io sono nemico della violenza, ma per questo un mostro, perché l’uomo è naturalmente... ama la violenza ed è la sua vita »

Le citazione sono tratte da Céline polemiche edizioni Guanda 1995

mercoledì 15 dicembre 2010

Un sindaco in via di fallimento

Da maleducato quale sono voglio raccontare al mio pubblico una storia di Prato che gli scrittori  regolari pratesi, che hanno l'obbligo istituzionale di comportarsi bene, non vi diranno mai.  Credo di fare un piacere anche a loro. Dicesi scrittori pratesi regolari gli scrittori in rima  Edoardo Nesi e Sandro Veronesi, il primo giustamente assessore alla culturaprovinciale.

Vienghi a sapere, che le cose si vienghino sempre a sapere, che  il sindaco di Prato, nota a tutti come la città dei cenci,  è  in via di fallimento. Nel senso che l’azienda del sindaco di Prato è inistato fallimentare per quasi 200 milioni di debiti. L’azienda è la abbigliamentare Sasch, che ci hanno fatto duepallecosì a tutti quanti per anni anche a Miss Italia. Fattosta che la Sasch è in via di fallimento, non so a che numero. Speriamo entri in via di fallimento anche Miss Italia che mi sta antipatica.

Prato è la città con la maggiore concentrazione di cinesi di tutta Europa, un cinese ogni 5 abitanti (forse ogni quattro: per andare sul sicuro stiamo nel mezzo). I cinesi, secondo i pratesi che hanno eletto sindaco un imprenditore di destra, uno però simpatico che non è capace di parlare initaliano masoloindialetto, sarebbàno quelli che hanno distrutto la città ‘ndustriale co’ i’ la’oro sotto’osto. Lo dice anche la Lega Nord che fa i violantinaggi ungiornosieunono contro l’insediamento immigratorio nel  quartiere a maggiore presenza mandarina. 

Prato è una città brutta ma importante, non una città brutta a caso mettiamo come Latina. A Prato, per dire, è nato l’inventore dei debiti moderni. A Prato è nato l’inventore della loggia propaganda, che sarebbe  la P1 di cui nessuno mai parla: nella classificazione  si va da P2 in poi, chissà perché... il triumviro massone Giuseppe Mazzoni,  che se andate a Prato preciso in piazza del Duomo potrete omaggiare di persona, stante lui convitato in bianco proprio dirimpetto al pulpito di Michelozzo & Donatello, assolutamente sproporzionato,  in grandezza come in bellezza, lì con addosso il suo miserabile cappotto di panno marmoreo (nella foto), immagino  a sfidare la chiesa, soprattutto se  porporata. A Prato è nato Curzio Malaparte, uno scrittore più importante di quanto vogliono fra credere i letterati  di Latina, uno che diceva: “ tutta a prato va a finire la storia d’Italia e D’Europa: tutta a Prato, in stracci... A Prato, dove tutto viene a finire: la gloria, l’onore, la pietà, la superbia, la vanità del mondo “.  Prato, ahimé,  è anche considerata importante come città della curtura, nella quale il sonno della ragione genera mostre. Ma lasciamo perdere.

Succede, al contrario di quanto vi raccontano,  che i cinesi, il cui arrivo in
Pra'o è stato secondo me  politicamente pilotato, hanno portato ricchezza, in quella sfortunata cittadina posta dal fato geografico tra gli appennini  tosco emiliani e l'etruria  vera. Perché fanno confezione, cosa che gli impannatori pratesi  (dicesi impannatore uno che fa l'industriale senza avere fabbrica e nulla... come dicono i romani, uno che fa l'industriale con il culo degli altri...) non  facevano. E perché comprano e affittano case, i cinesacci, comprano auto anche delle massime cilindrate, come facevano una volta i finti industriali impannatori, fanno la spesa e tutte le altre cose che si fanno in una città, compreso, immagino, pagare le tasse comunali, anche sulle insegne pubblicitarie, che il sindaco di destra in via di fallimento che non sa parlare italiano ha vietato e fatto smontare dalla forza pubbri'a se  scritte in cinese. Ma nessuno sa, immagino,  se in cinese regolare o in cinese dialettale...

Succede, al contrario di quanto vi raccontano, che i cinesi irregolari sono i poveri, mentre quelli  ricchi fanno gli affaracci loro ben coperti da prestanome e da  fasci di banconote  che avvolgono qualunque razzismo  pratica pubblicitaria di ordine pubbri'o, fasci che, come chiunque potrebbe vedere se lo volesse, versano in banca trattati dagli impiegati come pascià. 
Mentre a te è assai se dicono buongiorno, in banca, per via che ti hanno prestato qualche migliaio e sanno che sopravvivi al di sopra dei tuoi mezzi... In genere si tratta di  donne giovani, alcune delle quali versano in una volta sola magari 100.000 euro tenuti in una borsetta infilata nel braccio, coll’altro a volte stringono un infante precario che sta buono buono, sarà l'effetto della precarietà valido a tutte l'etnie... Donne giovani regolari... quelli irregolari, invece... tirano 'nnanzi: qualcuno venderà droga, altri si prostituiscono, uno piuttosto giovane fa il barbone cinese e bestemmia sempre da solo camminando veloce sembra un personaggio di Kitano.

Quindi, per fare una sintesi stracciona, qualunque azione di ordine pubblico nei confronti dei cinesi non mira a eliminare l’ingiustizia del lavoro sottopagato e lo sfruttamento della manodopera, ma, di fatto, viene fatta in aiuto delle mafie cinesi, che tengono il banco e possono meglio ricattare i poveri lavoratori ai quali offrono protezione, a  prezzi sempre più alti. Per intendersi bene, i lavoratori arrivano in Italia a debito, 10, 20, 30 mila dollari, che scontano lavorando  sottocosto per le ricche mafie. Più o meno.

Non c’entra nulla ma lo dico lo stesso: i cinesi tra loro parlano solo di soldi: quanti soldi hai fatto, si domandano due cinesi quando si incontrano in Pra'o. Della cultura, della bellezza, del sociale, dei diritti,  non gliene frega niente. Quanti soldi hai fatto? Farà schifo ma è così. Ipocrisia zero. Del resto era lo stesso per gli immigrati meritiònali degli anni ’50 e ’60, ve lo assicuro da testimone diretto: lavoravano come ciuchi e non scioperavano mai, nemmeno quelli che  votavano comunista. Come i cinesi schiavizzati di ora, che tra loro ci dev'esser per forza anche qualche comunista.

Cinesi ne ho conosciuti pochi, e me ne rammarico. Ma gli è che gliènno diffidenti. Però rammèmoro che per  qualche settimana mi hanno frequentato i piccoli di una famiglia sempre occupata alle macchine da cucire, lavorante dirimpetto al mio capannone (o stanzone o maganzino se in taglie piccole) quello che i milanesi chiamano loft e pagano quanto un appartamento invece che quanto un rifiuto da riciclare, non più di un quinto.  I bimbi, la sorellina più o meno ottènne e il maschietto quattrènne, salivano da soli le scale e socchiudevano appena la porta, sbirciando dentro di sotterfugio, ben accolti dal cagnone di casa,  un bischeraccio di cane che cercava solo compagnia da chiunque e dunque si avvicinava a qualunque rumor d’uscio sommesso, senza esercitare autorità vecepadronale alcuna. Il cànone infilava la testona nella fessura. I bimbi accarezzavano sempre più convinti. Il cànone li leccava nelle mani e anche in faccia. I bimbi ridevano e scappavano correndo per le scale dalla gioia. I bimbi e il cànone fecero amicizia, prima  separati dal portale, poi senza più nessuna reticenza, ricevendosi amabilmente anche per strada, dove si conducevano appena il cagno riusciva  a infilarsi interamente nel pertugio. Una volta riuscii ad avvicinarmi prima della fuga di tutti e tre, e  invitai i bimbi a entrare per offrir loro qualcosa. Timidi. Accompagnati dall'animale, forse il loro primo amico italiano seriamente affezionato,  girellarono  in qua e in là per gli oltre mille metri quadri quasi completamente deserti e vuoti come sanno esser solo i palcoscenici,  e in ogni caso privi di macchine da cucire. Non riuscivano a crederci, i bimbi,  che potesse esistere un capannone privo di macchine da cucire adoperate a randola da loro simili adulti. Ridevano, anche senza scappare non riuscivano a trattenere il riso. Per un po’ vennero a ridere quasi tutti i giorni. Poi sparirono. Infine, Diovolendo,  sparii  anche io, pure senza riuscire a trattenere il riso, vicino addirittura a morire dal ridere.

Ora, il fatto è, fa ridere abbastanza anche lui, anzi, è roba fa far schiantare dal ridere una città intera, che l’imprenditore sinda'o di Pra'o che parla solo in dialetto, che garantisco  è simpati'o che avrebbe anche potuto fare il bravo caratterista nell’anti'o  varietà avanspettacolare, che ' su' 'oncittadini pare l’abbino eletto pe' manifestare  rabbia contro la sempiterna amministrazione di sinistra, che aveva ininterrottamente governato da i'  dopoguerra, che secondo loro nulla aveva fatto contro l’invasione degli ultragialli... ma  la su' ditta, de' sinda'o,  la Sasch, è in via di fallimento perché un imprenditore cinese ha fatto l’istanza al tribunale in quanto creditore. A voi vi  fa ridere?

Ps: Roberto Benigni gli è di Pra'o, ma anche lui nati'o d'un artro 'ontinente, Arezzo. Infatti, il prossimo grande comi'o 'taliano sarà anche lui un pratese d' un artro 'ontinente: Cina.

Ps2: io ho finito, a me mi sembra un be' lavoro!












lunedì 13 dicembre 2010

Victor Cavallo ITEM 3


Caro Massimo, se questa qualità narrativa in Italia  è ancora nel limbo, avòja de scrive' l'epistole all'editori!  Puro li lettori, epperò,  se so' rimbambiti...

Item 3

Fase 4 scena Uno

Ero solo sui tapis roulants che portano alla stazione Ostiense a piazzale dei partigiani un tempo una giornata particolare piazzale Hitler. Qualche mese fa qui hanno accoltellato uno scellerato barbone. Vestiti e spiccioli. Prima anche vendevano sigarette monopol e la notte attorno al bar i tassinari falsi giocano a zecchinetta. Ero proprio solo e intorno i colori ai muri lo scorrere lento l'odore di immobilità. Era tutto diritto e grigiastro come una divisa sporca, tutto dritto, invece era una curva di solitudine sociale. Se ne veniva fuori persino. Mentre pioveva e i nomi delle strade erano sempre più assurdi e una fogna immensa impediva d'arrivare al giornalaio e il bar di fronte puzzava di paglia bagnata che era poi la stessa puzza dei tramezzini. Come pioveva. Un mio amico quando è così dice "tempo da poeti" ma no era di più e di meno insieme come sempre quando qualcosa sembra. E' arrivato un romano zoppo e vivace come un ragazzino, io ero seduto sotto la pioggia che diventava gnagnarella e bagnava il messaggero, il giornale. Dice ma tu nun sei piripì piripé e così e cosà nun t'aricordi quella vorta ar fico ecc. Si chiamava Roberto e diceva soprattutto questo io bevo e pippo la donna m'ha lasciato e quando qualcuno tradisce una volta tradisce sempre. Vuoi una sigaretta cubana me l'ha data una bella fica che te bevi? Damme un consiglio. Lentamente smosciava la pioggia che invece prima aveva ripreso a bestia. Lentamente veniva fuori un grigio come da sotto le ascelle degli sfortunati, intendo un camminare che senza che me ne accorgessi diventava malignamente ancora una volta tapis roulante. Il premio era un avocado duro e stasera che faccio e una voragine che faceva scomparire ogni cosa, per dire certo, perché la stazione dei treni era lì, ferma, col suo orologio fermo, poetico, rotto. Qualcuno s'era alzato di colpo dalla panchina e gridava: se fosse solitudine se fosse solitudine. Allora? C'era uno lì seduto il padrone di un kioskobar e presidente dei pastai e capo dei commercianti e non so che cazzo altro io scherzavo che dicevo che era il capo di tutto, grasso, bei giubbotti, un motorino nuovo a settimana, romanista e mi urlava: ma che cazzo vonno sti laziali. Io sorridevo come un guidabus che dimentica la strada. Già lui era a capo di una association credo di nome XXX e chiacchieravamo spesso insieme di calcio e dei vecchi quartieri, lì c'era quello, lì c'era questo. Sapeva tutto e inoltre al tavolino non mi faceva pagare la differenza. La moglie sempre in grembiule celeste. Lui viene e va, telefonina, firma assegni cambiali non lo so. E' un kiosko vicino alla curva del tram numero trenta, lì gira piano e si riposa al capolinea come un tonno ubriaco, come me. Per essere così, sia come curva che come tonno ci vuole qualche morto alle spalle, davanti cioè Mi disse: non si possono scegliere sempre le strade che vuoi d'un tratto sei a collatino e sei a collatino poi a tiburtino poi a casilino poi sulla tuscolana a piazza irnerio alla piramide al baretto ti sembra disse d'essere come al centro di una rosa (era un mercatino dove vendevano scatarri e marlboro cattive) invece l'indirizzo se cerchi scaldabagni usati o il pullman per velletri il bus per lo stadio la salita verso la farmacia la discesa per il tabaccai l'infinita tremolante pianura di via palmiro togliatti l'osteriola da puppo anche se vuoi andare non so cazzo dove tipo cacciatore di nuvole (ebbene ebbene l'incalzavo io allora insomma in finale che? che la geografia é più o meno crudele della storia matematica biologia scarpe di lusso padiglione maxifaccillo trapani disastri sfratti città senza mura) disse non vorrei essere subculturalmente pomeridiano, ma sei in un luogo e vai in un luogo. E' un'illusione cretina essere ansiosi per felicità, essere cattivi è meglio, rinunciare ai saluti, stare da soli come i gatti contropelo, visto e vidimato che ogni luogo é luogo, non scherzo più. Cazzo. Dalla finestra intesi una ragazza che chiamava Maurizio e come se niente fosse m'ero comprato una scatola di riso con sopra disegnata una bella mondina. Stasera all'olimpico gioca la Roma e lei disse se continui a fantasticare tournee in finlandia ti stacco le palle. Rideva e aveva gli occhi come i fuochi d'artificio finali. No. Non scherzo più. Né piattole giganti né bruscolini rosa. Correrò scosso il palio ascolterò zucchine foglie e radio solo musica italiana. Mi disse che il mio era un rocchettone destinato a mai sciogliersi. Non domani é un altro giorno oggi é un altro giorno. Le dissi si. Le vedevo diventare sempre più vane le littles illusioni quotidiane le cupole il giornale i calmanti gli eccitanti le voci lontane come se m'amassero di più perché non c'ero più. Di notte d'improvviso mi cucinai riso e zucchine. Sapevo di scendere e salire dimenticare e ricordare e possedevo un serramanico terribile (io un passeretto)......

pubblicato per gentile concessione di internet, non me ne voglia chi è proprietario dei diritti, presumo emiliano, a cui mando un abbraccio comunque, anche se si dovesse incazzare ma non credo.
     

domenica 12 dicembre 2010

Non nominare il nome di Zeman invano


E’ repudiano chi conosce e chi denuncia il malestro, o più il malefizio, non già chi l’ha premeditato e posto ad atto. Il quo modo e il qua re sarà veduto a’ capituli che seguono. Te t’hai a legger di Giacomo, dico del gran conte Liopardo, a’ Pensieri, I, verso i’ ffine: «Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.» (Gadda, eros e priapo)

venerdì 10 dicembre 2010

Se gli studenti difendono lo status quo siamo alla fine

Lo sapete, non mi piace scrivere le parolacce (dirle invece mi piace abbastanza), ma quando ci vuole ci vuole. Cazzo! Come si fa a far diventare la prima della Scala simbolo di civiltà culturale contro la barbarie governativa?! Che sinistra è questa! La Scala è il simbolo di quella borghesia meneghina del fare  il cui rappresentante più visibile è Silvio Berlusconi, il quale, del resto, non ce l’ha affatto con la cultura, visto che produce o distribuisce almeno la metà degli artisti italiani attraverso le sue imprese. E’ chiaro che la Scala fa parte della cultura, ma è anche il simbolo del potere borghese industriale  e dello status quo, cazzo! Se la sinistra usa come simbolo la prima della Scala vuol dire che è diventata conservatrice, che non è più sinistra, che non ha nulla a che fare con le masse popolari, con  le lotte per i diritti dei lavoratori, con la promozione e  produzione di socialità, quella che stava a cuore a Pasolini,  a favore delle classi  meno privilegiate. Se voi fate coincidere le lotte per i fondi alla cultura   con la prima della Scala, mandate un messaggio conservativo, a favore dei privilegiati. La Scala, la cultura  e il privilegio sono la stessa cosa: questo è il messaggio che mandate.  I più disagiati faranno 2 + 2 e voteranno i partiti populisti, faranno ulteriori danni a tutti noi, chissenefrega se di destra o di sinistra.  La cultura, cari manifestanti e intellettuali animebelle,  in Italia non è la somma dei saperi e delle pratiche artistiche, ma una loro vile selezione, fatta da  chi comanda a fini di consolidamento comandativo (di destra e di sinistra, ma sarebbe più semplice dire comandativo  massonico).


La verità, temo,  è che finché non ci si disfa di questa cazzodicultura, ben selezionata da personale massonico, non ci sarà modo in nessuna maniera di fare qualche cosa di veramente progressista in questo paese. Ma come cazzosifa a manifestare per difendere lo status quo?! Scusatemi per lo sfogo.







lunedì 6 dicembre 2010

Libertà dall'informazione?

 
Ho da poco appreso che il linguista Tullio De Mauro, parlando degli italiani, afferma che  “il 66 per cento non è nella condizione di leggere un quotidiano.” Questa, se è vera, è una  notizia che conforta: il 66 per cento degli italiani sarebbero già nella condizione di non farsi  fregare dai giornali e dai giornalisti! Sarebbe troppo bello... Se gli italiani imparassero  a non essere in condizione nemmeno  di guardare i telegiornali, la tv in genere, sarebbe perfetto. Stando così le cose, infatti, la vera libertà di informazione consiste nel non informarsi affatto.

martedì 30 novembre 2010

Ricchezza mezza bellezza: una rivoluzione dolce per Mario Monicelli


Mario Monicelli è uscito di scena in modo assai  elegante, non solo  per lo sciagurato volo, ma perché, oltre al suo bel cinema, lascia  negli italiani perbene il dubbio che essi non siano così perbene come vogliono far credere. Monicelli ha detto pochi mesi fa  che gli italiani  si debbono ribellare, fare una vera e propria rivoluzione, come non ce n’è mai state in Italia. Ma gli italiani  questa rivoluzione non la faranno, nemmeno gli italiani giovani, che  rimarranno sui loro freddi  scalini a farsi le canne o a corteggiarsi o a immaginare fughe (fighe?) all’estero, in attesa che qualche parente li sistemi in qualche modo, magari lasciandoli eredi di qualche cosa acquisito nei decenni fintogloriosi del boom, dei quali, del resto, il maestro Monicelli ci ha lasciato ritratti impietosi. 

Ci è da sperare (che brutta parola, lo diceva anche Monicelli!) almeno nei più disparati, giovani o meno? Macché: i disparati di solito fanno un po’ di casino, se trovano il modo di riunirsi, ma poi, di fronte a un bel piatto di pastasciutta, magnéno.

E allora? Saranno ancora una volta i benestanti a fare una finta rivoluzione? Possibile che gli italiani, almeno quelli più in difficoltà, diciamo quelli nati dal 1960 in poi, non si rifiutino, in blocco, di pagare i debiti fatti dai loro smargiassi genitori o nonni, i quali,  vivendo per decenni al di sopra delle loro possibilità, hanno lasciato alle generazioni future un debito  impossibile da ripianare, se non mettendo le mani in tasca a chi si è arricchito davvero?

Vediamo come. Si dice che l’Italia sia campione nel risparmio, che  la ricchezza in possesso delle famiglie è 5-6 volte superiore al debito dello Stato, cioè di tutti noi. Ma quante e quali famiglie? Penso che la vera ricchezza, diciamo il 90% di essa, è in mano a non più del 10% delle famiglie. E penso che debbano essere loro a pagare, senza nulla  chiedere in cambio se non la rispettabilità dovuta a chi fa un gesto magnanimo. Ci vuole una tassa patrimoniale. Ma non si tratta di fare  una patrimoniale così, all’acqua di rose. No! Qui ci vuole  qualche cosa di epocale, una strasuperpatrimoniale da 900-1000 miliardi di euro, che sono una cifra pazzesca, bisogna ammetterlo. Oh, intendiamoci, questi ricchi a cui spetta la salvezza dello Stato, questa tassa una tantum la possono pagare anche a rate, mica ci mettiamo a fare rastrellamenti di ori e preziosi casa per casa. Anzi, possono fare anche solo da garanti del debito, come del resto fanno già ora comprando i bot, ma questa volta senza riscuotere interessi sulla metà dei bot che si dovrebbero impegnare a comprare finché le casse dello Stato saranno riaccomodate, quando il paese avrà prodotto nuova ricchezza (della quale, del resto,   sempre ai ricchi, temo, spetterebbe la fetta più sostanziosa...). Si otterrebbero almeno tre risultati: 1) i ricchi tornerebbero a diventare in gran parte rispettabili borghesi, che ci tengono; 2) si potrebbe ricominciare a investire sul futuro di tutti, sulla ricerca in particolar modo, perché senza ricerca non c'è futuro alcuno; 3) l’Europa la smetterebbe di romperci il cazzo un giorno sì e un giorno no, come fa da venti anni. 

Facciamola questa patrimoniale, cominciamo perlomeno a discuterne. Lo dico anche a favore dei più ricchi, che a seguito di un fallimento dello Stato rischiano di ritrovarsi nella condizione di espatriare andando a ricongiungersi con parte dei loro beni, già da tempo sistemati oltreconfine. Lo dico soprattutto a favore dei ricchi nomenclati,  per tutelare il loro status, perché una cosa  è essere ricchi a casa propria, un’altra essere ricchi chissà in quali Antille  dove sei destinato a  non contare proprio nulla. 

E gli svantaggiati, i poveri? Ai poveri è chiesto solo di rifiutarsi di pagare debiti che non hanno fatto, dai quali non hanno goduto granché benefici nemmeno le loro famiglie di provenienza. Il maestro Monicelli sarebbe contento pure lui di questa rivoluzione dolce, dolce come lui.

venerdì 26 novembre 2010

Nineddoche 112



Spesso la gente mi chiede quali sono i miei hobbies, cosa faccio per divertimento. Non riesco mai a pensare a nulla. Mi prendono dei grossi sensi di colpa all'idea di fare una vacanza; e mi sento molto a disagio se sto facendo qualcosa che non sia il mio lavoro. Il lavoro è vita per me, è l"unica ragione di vita; e in più ho anche la fede quasi religiosa che essere utili è tutto. Mi capita qualche volta di trovarmi a contatto con gente triste che mi chiede: "Per cosa vivo, quale è la mia ragione di vita?". La risposta "Lavoro" non va sempre bene. E allora rispondo prontamente, anche se un po" sentenziosamente: "Essere utili; se tu soltanto potessi credere in quest'ideale, se tutti potessero, allora nessuno, dalla regina alla più umile donna di fatica, avrebbe mai la sensazione di vivere per nulla". (Laurence Olivier, confessione di un peccatore )

Nineddoche 123

American Gothic is a painting by Grant Wood (grazie a GS)
Come qualcuno già sa, mi sono permesso di inventare alla bellemmeglio una figura retorica giocattolo, la nineddoche, che descrive l’atteggiamento positivo di chi  piglia il nulla per il tutto:  nella letteratura, nell’arte in generale,  ma pure nella vita. Nella breve raccolta di facezie a sfondo pensativo vorrei ospitare questa sintesi del Contadino della sua terra, da qualche giorno gradito ospite del blog, sempre che lui sia d’accordo:

Mia moglie dice sempre: " Statti seduto, non fare niente...ch'è meglio per tutti quanti “.

mercoledì 24 novembre 2010

Libertà all'osso all'osso

petrolini nerone

A volte, frequentando i blog, che sarebbero le piazze di ora, si ha l'impressione che la libertà serva solo a dire VIVA ai propri, ABBASSO agli avversari e CORNUTO all'arbitro. Il dubbio che viene è che la libertà ridotta così all'osso all'osso non sia un granché da difendere. E che avrà vita facile qualunque smargiasso che, in nome della salvezza dello  STATO,  proporrà di restringere per un po’ le libertà individuali. D'altra parte quel giorno l'arbitro non ci sarà più... si tratterà solo di dire ancora meglio ABBASSO agli avversari e ancora meglio VIVA al proprio idolo. E CORNUTO a noi stessi davanti allo specchio...

lunedì 22 novembre 2010

Impaurismo civile


Una volta, sarà stato 3 o 4.000 giorni fa,  fui ingiustamente incarcerato per sedici (16) ore. Mi furono  sufficienti a poter capire che il carcere è anche una sorta  di speciale fabbrica dove si produce paura, che i detenuti, nei quali la si immette in quantità copiosa, hanno l’incarico, secondo me studiato a tavolino da chissà quale Grande  o piccola Fratelleria, di diffondere nella società una volta usciti. Perché la società che hanno inventato loro, i Grandi e piccoli fratelli, quella che gli scrittori impegnati chiamano anche  realtà, è fondata evidentemente sul sentimento di paura: paura di essere aggrediti, paura dei diversi, paura di non farcela economicamente, paura di avere un’ignoranza di pessima qualità a confronto di quella ultima uscita appena acquistata dai vicini, paura di non essere vincenti, paura finanche di dichiarare un amore. En passant osservo che se fossimo un paese davvero  civile impediremmo certa industriosità, certi commerci,  e ci occuperemmo di carceri assai di più di quanto facciamo (e di campi di detenzione lager denominati CIE). Non foss’altro per furbizia, dato che con l’aria che tira il carcere e il lager  potrebbero rivelarsi meno distanti dalle nostre prospettive di quanto si immagini comunemente. Vi metto paura?!

La paura è un prodotto che tira, perché  L’IMPAURISMO con il quale i grandi e piccoli fratelli ai vertici della piramide ci governano non finisce mai  Ma noi, che siamo almeno un po’ smagati, bisogna opporsi e sottrarsi alle loro furberie oppressive con la forza della Classe [nel senso dell’eleganza].  Il verbo governare, del resto,  lo usano più appropriatamente  gli “ stupidi “ contadini, ma riferito alle loro bestie, inispecie ai maiali. E noi bestie non siamo mica... e loro la Classe dei contadini se la sognano

Blablaistico dire che contro la criminalità, in tutte le sue forme, bisogna impegnarsi più che si può, nel senso della magistratura e delle forze di polizia; in questo momento sopra di tutto contro i reati di corruzione familistica economico-finanziaria, che rendono impossibile una reale competizione sociale, l’emergere di soggettività e di qualità in qualsiasi campo. Ma la famiglia, in Italia, vienghi purtroppo prima di tutto: la propria famiglia! E chissenefrega se si ottengono benefici a danno delle altre, di famiglie, che  a loro volta... vedrai... ottengono benefici a danno della nostra... In Italia sarebbe meglio dire la famghiglia?

Come mai, stando così le cose, in fatto di criminalità l’intelligenza nazionale non si concentra sui problemi primari, e si concentra al contrario su problemi in qualche modo secondari? Non è che si può sospettare, come fanno i più deboli tra noi, per di più in maniera sconclusionata,  che l’intelligenza nostrana agisce in modo da spostare l’attenzione dai problemi veri perché è al soldo dei potentati? Non è che certi problemi si amplificano non per coscienziosità ma per sostanziale collusione, volontaria o, viene da sperare,  più spesso involontaria? E' d’uopo la citazione da " a ciascuno il suo " di Leonardo Sciascia: " quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua... " E' uguale a ora: si combattono (?), peraltro a parole, e coi migliori ministri dell'interno di sempre... le mafie vernacole per coprire quelle in lingua.  Le mafie vernacole  dei malamente nascosti negli scantinati, i quali, curiosamente, vengono sorpresi nei loro luridi rifugi nello stesso tempo in cui li si descrive nascosti in luridi rifugi.

Vi maraviglierà sapere che in Italia non c’è nessuna emergenza criminalità, in senso stretto di violenza sulla persona, fatta salva la regione Calabria, dove il tasso di omicidi è doppio rispetto alla media europea, ma più basso assai di certe regioni ungheresi e finlandesi.  Il tasso di omicidi in Campania, per dire, nella gomorresca Campania,  è in linea con la norma europea. Però  il tasso complessivo italiano, in termini di omicidi, è quasi dimezzato, sempre rispetto alla media europea. Se poi si pigliano a confronto lameriche, salta agli occhi che il dato yankee dei delitti violenti è pari almeno a 5 volte i delitti europei, in alcuni Stati 10, 20, 30 volte. Infatti le loro carceri, a proporzioni fatte,  contengono 5 volte più detenuti che in Italia, costituendo peraltro un ottimo comparto dell'occupazione e dell'economia, essendo anche private.  Circa l’artre 'meriche,  'nortre, vienghi a sapere - perché le cose, si viadi o si arriesti,  si vienghino a sapere sempre - che il proiettato nel sol dell’avvenir Venezuela ha tasso di omicidi anche 100 volte superiori alla Campania, e in generale circa 50 volte superiori che da noi:  in  Italia   avvengono  700 omicidi all’anno, per una popolazione di 60 milioni di persone,  contro i 16.000 del Venezuela nel 2009, che ha una popolazione di 28 milioni di persone. Si legge  che in Venezuela scherzano dicendosi che sarebbe meno pericoloso vivere in Iraq o in Afghanistan...

Vienghi da dimandarsi: a chi giova di preciso diffondere il panico? Ad alcuni  partiti di sicuro... specie del nord est, dove la vita sarebbe forse impossibile senza  queste forme di consolazione...  Ma più  in generale, l’atteggiamento amplificativo falsario, vienghi utile a ‘o sistema editoriale, che deve vendere tutti i giorni... Vienghi da dimandarsi perché alcuni  scrittori, appiccicati alla realtà come le cozze agli scogli, vienghino celebrati in quanto praticanti dell’IMPAURISMO DEL TERZO TIPO, in quanto diffondenti a piene mani  dati impauristici conformemente ai bisogni di ‘o sistema di dominio,  che infatti, guarda caso,  li premia facendoli articolare in  prime pagine,  facendo loro sontuose promozioni,  invitandoli ovunquessia, producendo loro costosissimi programmi tv,  li premia financo con le candidature ai premi internazionali fondati da inventori di micidiali armi. C’è addirittura chi chiede per loro la nomina di senatore a vita. E del loro cavallo no?

Ps: la mia è naturalmente invidia: vorrei io essere contemporaneamente a foglio paga di Berlusconi e De Benedetti, e adesso pure Murdoch,  e di chissà chi altro! Vorrei io essere inneggiato come il salvatore della patria da moderne destre  fatte da vecchi fascisti e vecchie sinistre fatte da moderni comunisti! Eccome se vorrei! Mafforseancheno!

domenica 21 novembre 2010

Epistola terza agli editori



Da un po’ di tempo penso che anche voi  editori siete bottegai come gli altri, senza offesa parlando. Fingendo di aprirvi allo sperminato popolo degli scrittori, con la vostra lotteria fantasmagorica per esordienti,  fate in realtà opera di raffinato marketing. Sembrate dire:  dai, vedrai che ti pubblichiamo, ma nel frattempo tieniti in allenamento  e compra i libri che stampiamo.  


Libri non ne compro! Anzi, aveva ragione Massimo Troisi, alla cui regola mi attengo scrupolosamente non solo in fatto di letteratura, quando diceva: “ io non  leggo mai, non leggo libri, cose, perché... che comincio a leggere mo’ che so’ grande?... che i libri so’ milioni,  milioni... non li raggiungo mai! Avete capito? Perché io so’ uno a leggere, loro so’ milioni a scrivere... so’ milioni di persone... tatata!... mentre ne  leggo uno n’hanno scritti già milioni!... allora dico: che me n’importa a me! “  

PIU’  EDITORI PER TUTTI!


Le vie del signore sono finite di Massimo Troisi
http://www.youtube.com/watch?v=6N3WnPSKjL0

sabato 20 novembre 2010

Una vita da Me(ri)diano

francis bacon non so il titolo
Dietro la guerra santa praticata da tanti intellettuali della regola ortodossa  contro Berlusconi politico [quello editore che a sua volta santifica loro facendoli giocare me(ri)diani a sansiro va bene...] si nasconde una verità torbida: il neoliberismo, se non ci fosse Berlusconi, sarebbe una cosa buona, in ogni caso inevitabile, come quello che praticheranno presto i governanti che piacciono a loro, che già del resto lo praticarono quando fu il loro turno. Invece il neoliberismo farà schifo fino all'orlo della criminalità anche dopo Berlusconi, che è solo un pietoso uomo di spettacolo, oramai inutile anche come intrattenitore del pur paziente pubblico dell' ospizio comunale.

venerdì 19 novembre 2010

Sul teatro ancora (che palle!), in risposta ai detrattori del post precedente, in particolare al simpatico Johnny Doe

quadro di balthus che non so il titolo

Caro Johnny, nell’arte di torteggiare sta raggiungendo vette sempre più inimmaginabili. Però se ne fa accorgere che incorna  un personaggio, che sta dalla parte del torto per avere più ragione degli altri. Infatti ci parla del teatroprepizzeria del sincronico, dimenticando suoi idoli nel diacronico, come Carmelo Bene, del quale ho visto più che sentito dire. Il diacronico, però, in quanto tempo non riducibile agli interessi di Stato, è sempre attorno a noi. Per chi vuole oltrepassarne le porte l’ingresso è libero, naturalmente a suo rischio e pericolo, come stava scritto su avvisi appesi agli  alberi nel periglioso tragitto tra la città e l’immediata periferia dove si trovava il Globe di Shakespeare. 
théâtre des bouffes du nord di peter brook

Nel diacronico, Johnny, attuttoggi, le può capitare di incontrare artisti di grande calibro, ciò che rende il teatro [quello astratto che si fa, che è il contrario di quello concreto che non si va a vedere...], paragonabile, se mi permette il confronto,  alle sue migliori corse di cavalli, anche quelle che Woody Allen dovrebbe infilare nella breve lista delle cose per cui vale la pena non morire ancora. Parlo per esempio di Carlo Cecchi, Antonio Rezza, Danio Manfredini, Claudio Morganti, Alfonso Santagata, Arturo Cirillo; poi ci sarebbero certi russi... e c’è Peter Brook. Nell’inattuale immediato della mia memoria rifaccio il nome di Carmelo Bene, ma aggiungo subito Eduardo De Filippo, Tadeusz Kantor, Leo e Perla, Roberto Benigni del Cioni Mario, Victor Cavallo, Andrea Cambi, tutti artisti che hanno lasciato assolutamente incompiuto il loro lavoro, e dunque a noi una fantastica eredità.
benigni cioni mario

Certo, Johnny, se parliamo del teatro di Stato, beh, ci ha ragione lei, anzi, ci avevano ragione Carmelo Bene ed Eduardo De Filippo, che chiedevano l’azzeramento delle sovvenzioni al teatro e la chiusura del ministero preposto (saranno stati fascisti?). Perché lo facevano? Non piacevano loro i soldi, non gli servivano per i loro spettacoli? Tutt’altro: Eduardo scriveva e metteva in scena commedie con un sacco di attori da pagare; Bene faceva anche lunghe prove e allestiva spettacoli con scenografie a volte  imperiose. Ma sapevano che la macchina di finanziamento statale riduce tutto al pastone indigesto prepizzeria, che anche la pizzeria poi non scherza nell’indigestivo... E volevano che lo Stato detassasse il teatro, in modo da poter vivere sia degli incassi del botteghino sia di risorse che le istituzioni culturali più importanti mettono lo stesso in campo a favore dell’arte teatrale, per esempio la biennale di Venezia, per la quale lo stesso Bene realizzò un clamoroso e costosissimo non spettacolo insieme a Pierre Klossowski (ne parlerò), di quelli che immagino a lei, Johnny, sarebbero molto garbati, di quelli comodi di cui sparlare, insomma, che non vanno mai in scena, che sono ancora meglio di quelli che che non si vanno a vedere ai fini della sparlatura medesima. Da notare, visto che ci siamo, che i disegni che Klossowski realizzò per lo spettacolo che non andò mai in scena, sono oggi contesi tra la Biennale e gli eredi di Bene: me li sento negli orecchi certi quisquillii   negli uffici di unoollaltro professionista salentino, i parenticomesidiceserpentistretti, a disquisire dell’arte dell’artista polacco parigino Pierre Klossowski... uno che nel suo castello, ereditato si dice dal fratello ricco, il pittore Balthus (Balthasar Kłossowski de Rola), pare avesse messo tanti tanti cartoni sul pavimento perché mai più voleva avere contatti con la terra...  Il contadino della sua terra, a proposito,   potrebbe forse allestirci un dialoco in salentino elecante sull’immaginata fesseria?

Insomma, Johnny, il teatro andrebbe riportato alle origini moderne, quelle del melodramma, dove i soldi per produrre costosissimi marchingegni canori, magari  di Gioacchino Rossini, venivano dai soci del teatro, cosiddetti palchettisti, maanche e soprattutto, dalle case da gioco appiccicate ai teatri, dove ora sono i cosiddetti ridotti, dove  i maschi si rifugiavano a recita finita, come ora in pizzeria, attesi forse anche da signore pocomorali che non si interessavano al teatro (come invece le ragazzeosignoredifamigliaperbene che facevano talvolta sesso irregolare nei palchi, coperte dai loro lecché a guardia  fòra dall’uscio), e che  lascerebbero pensare a una  archetipa pratica setteottocentesca del bunga bunga.  Oggi invece i biglietti non coprono neanche il 10% dei bilanci dei teatri, le case da gioco sono considerate immorali peggio del bunga bunga suddetto che invece io tenderei a trovare simpatico... infine  le pizzerie non sponsorizzano i teatri, forse perché,  come ha detto giustamente Roberto Saviano l’altra sera, appartengono alla mafia, che non ci ha nemmeno la sensibilità di finanziare gli artisti più poveri almeno un pasto... e quindi va combattuta e sterminata.
carlo cecchi in " sik sik " di eduardo de filippo

Per finire, Johnny, perché bisogna finire, le dico che secondo me il teatro è l’unica cosa che merita di esistere, non fosse altro perché se praticato come si deve porta il torto alle sue vette supreme. Parlo del teatro post Beckett, mica del teatro (s)consolatorio e scodinzolatorio che c’è in giro. Ci tornerò, perché a me il teatro mi piacerebbe, se ce ne fosse: il teatro, diceva Ennio Flaiano, è la vera piazza di un paese.
carlo cecchi e valerio binasco finale di partita di samuel beckett

 claudio morganti ultimo nastro di krapp di samuel beckett

 alfonso santagata

 
danio manfredini


antonio rezza 

Ps per Johnny: non sono un turista modello, si capisce, quindi può darsi che sia stato distratto, ma tra le testimonianze della nostra  civiltà ho visitato talvolta templi, tombe, chiese e teatri ancora vivi: ippodromi neanche uno (sempre pe' limitismi mii) .

giovedì 18 novembre 2010

Una gioventù poco vivace

gladiatore moribondo museo capitolino


Dicono che i giovani sono poco vivaci. Può darsi,  ma secondo me è un bene, è segno di evoluzione, e anche di buona educazione: al giorno di oggi non  c’è  proprio   nulla  di  male  a  non  essere  tanto vivi!  Anzi...   L'educazione è il miglior preparativo per la vecchiaia, disse  il  filosofo Aristotele.  Ma  ancora  di  più  per  la  morte,  dico  io:  vuoi  mettere   l’educazione  di  un  moribondo rispetto  a  un  vivo! Un moribondo mi sta lì buono, fermo, immacolato, non rompe le palle a nessuno. Un morto ancora meglio... dal punto di vista dell’educazione, non c’è paragone: uno  vivo prima   o  poi  una  gaffe  la  fa. Ma  un  moribondo, un morto  è   difficile  che   perdano la  loro   raffinatezza.  Non  c’è  gara  tra   la classe  di  un  vivo  e  di un morto.  Dal  punto  di  vista dell’eleganza  sociale  è  meglio  essere    morti!   Però  anche essere  vivi  può essere   una  gran  testimonianza di educazione. Ci  pensate  se  Aristotele   fosse  vivo oggi!   Sarebbe  un  fenomeno:  l’uomo  educato   più  vecchio  mai  vissuto  al  mondo!

Omaggio a immondizie riunite (e alla sacralità del teatro)

Commento apparso recentemente su Nazione Indiana:

" posso dire questo. a me il teatro mi fa cagare. cioè è proprio insopportabile, una cosa morta, retorica, penosa, tutte robe fatte per quei finti registi romani che sperano di scoparsi le “attrici” giovani, o gli attori ecc. vabbè… invece ieri sera sono andato a vedere Trappola per topi di agatha christie fatta dai miei alunni di saronno. era stupendo. erano negati. pronunciavano tutto sbagliato con l’accento lombardo. dicevano quèsto trè béne e distruggevano finalmente tutto (il teatro). per non parlare delle pronunce inglesi… poi c’erano degli applausi assurdi dei parenti che non c’entravano niente. era veramente un disastro. soprattutto quando alla fine hanno fatto salire sul palco i professori che li avevano aiutati. è stato un happening magnifico, una vera opera d’arte. e tutti aderivamo alla retorica del teatro, all’idea media dell’attore e dello spettatore. eravamo geniali ".

Ps: il breve commento, pur nella sua furia inconoclasta, non ci va tanto lontano dal teatro come dovrebbe essere e come per fortuna qualche volta è: tragicomico. Mi spiegherò meglio in seguito

Ps2: immondizie riunite fa parte di una scuderia di straordinari commentatori di blog letterari primari, coordinati da Sergiomaria Cerruti, che saluto dicendogli che non la pigliasse come una leccatura: non ne sono mai stato capace, mannaggi' a me!


La foto è relativa a un frammento dello spettacolo " La classe morta " di Tadeusz Kantor, con lo stesso Kantor in scena come direttore

mercoledì 17 novembre 2010

No finanziamenti alla cultura no party

prova d'orchestra di Federico Fellini

Il concetto di cultura che si è affermato sempre di più come dogma in questo paese, soprattutto nella sinistra, in fondo in fondo non è così indiscutibilmente bello, né neutro, né obbligatoriamente buono, come capiremmo bene se le indagini su Angelo Balducci, ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici ora agli arresti,  si orientassero anche a scoprire il perché e il percome alla fine alla fine la CRICCA ha le mani in pasta con il cosiddetto cinema d'autore. Non succederà, i magistrati troveranno marginali e non sussistenti, come in effetti è,  le ipotesi di reato circa le pratiche della CRICCA DEL CINEMINO. Ma, giusto per dare un'idea e per aiutare la riflessione circa l'uso del danaro pubblico a fini di produzione di cultura,  faccio un elenco dei nomi e dei fatti venuti fuori e pubblicati dai giornali.

Rosanna Thau,   moglie di Angelo Balducci, orbita produttori cinema d'autore, produttrice cinematografica e fantastica autrice della storica e significativa frase intercettata: " ANCHE SE I FILM VANNO MALE NON SI PERDE NIENTE! ", film ovviamente finanziati dal Ministero e a volte interpretati dal Figlio Lorenzo Balducci  (la frase, modificata nell'oggetto, potrebbe fare da epigrafe a qualunque impresa dei capitalisti liberisti italiani: " Se Alitalia va male non si perde niente! " " Se Telecom va male non si perde niente! " " Se il Ponte va male non si perde niente! ", anzi, una volta inseriti nelle cricche si guadagna per forza...);

Lorenzo Balducci attore in fulminante carriera figlio di... neanche a dirlo Angelo Balducci e Rosanna Thau;

Vanessa Pascucci - moglie del mitico Diego Anemone, quello che paga  tangenti con classe funambolica, di tacco, tipo gli appartamenti fronte colosseo ai ministri a loro insaputa - orbita produttori cinema d'autore e anche socia della Rosanna Thau;


Andrea Occhipinti, proprietario di Lucky Red, uno dei più prestigiosi marchi coi quali il cinema d'autore circola in Italia almeno da un ventennio; amoreggia con Angelo Balducci via sms, risulta essere beneficiato da finanziamenti ministeriali e Rai Fiction alle sue produzioni;

Pupi Avati, che si è affrettato a dire che Lorenzo Balducci è uno bravo che lavora per meriti suoi... e che comunque lo conosceva poco, avendolo diretto solo in un film dove aveva solo una particina. A differenza della figlia Mariantonia Avati... che invece l'ha diretto da protagonista nel film " Anime ", finanziato dal ministero e prodotto dallo zio Antonio Avati insieme a Rosanna Thau, madre di Lorenzo Balducci; il regista Pupi Avati, pescato anche nella lista Anemone, sostiene di non aver ricevuto favori, e noi gli crediamo perché il suo cinema ci piace pure;

Gaetano Blandini, potentissimo ex direttore generale del ministero dei Beni culturali addetto al settore Cinema, che gestiva i circa 50 milioni che lo Stato destina al cinema di qualità; ora direttore generale di SIAE, la ricca società degli autori, nella quale si è rifugiato pare per sfuggire se possibile all'inchiesta Balducci-Anemone, della cui SIAE anche ce ne sarebbe da dire in merito alla circolazione di danaro....

Giancarlo Leone, megadirigente Rai oggi vice direttore generale ed ex direttore della potentissima Rai Fiction;

Angelo Barbagallo, storico coproduttore dei film di Moretti e suo ex socio, produttore di fiction prodotte dai Rai del cui cast ha fatto parte Lorenzo Balducci, che Barbagallo sostiene non sia stato raccomandato da Giancarlo Leone, come risulta da un'intercettazione, ma soltanto segnalato per un provino (che andò bene guarda caso);

Lorenzo Renzi, attore tv abbastanza noto, ma in questo caso amico di Lorenzo Balducci e addetto alla fornitura giovani compagnie ad Angelo Balducci;

Giulio Violati, proprietario a metà con Vanessa Pascucci in Anemone di Italian Dreams Factory (Idf), noto agli addetti ai lavori per essere il marito dell'attrice Maria Grazia Cucinotta, a sua volta produttrice cinematografica per esempio di " Viola di Mare ", sfortunato film al botteghino, ma finanziato dal ministero, come si è scordato di dire il generale Vincenzo Mollica nella lunga intervista alla Cucinotta stessa su questa maraviglia di produzione, andata in onda al Tg1 e presumo in altri programmi di approfondimento della rete ammiraglia;

Anna Falchi, la bella attrice ex fidanzata di un noto furbetto, che produce insieme al fratello, film di giovani registi interpretati guarda caso da Lorenzo Balducci e distribuiti da Lucky Red di Occhipinti, quasi interamente finanziati guarda caso dal ministero;

Patrizio La bella, attore giovane nel giro di amicizie di Lorenzo Balducci, spia per conto di Anemone circa un articolo che Fabrizio Gatti, del quale era conoscente, stava scrivendo per l'Espresso proprio sulla cricca.

Da notare che il presidente associazione produttori cinematografici italiani, Riccardo Tozzi, proprietario di Cattleya Film, altro storico marchio del cinema d'autore, aveva annunciato di voler difendere il sistema di finanziamenti pubblici e lo stesso Gaetano Blandini dal massacro mediatico, sostenendo che senza finanziamenti non si sarebbero fatti né il Divo né Gomorra. Poi non so come è andato avanti, e neanche mi interessa troppo.

Da non notare la presenza doppiovelata del Vaticano, sempre sul pezzo  quando si tratta di orientare le coscienze degli italiani, che sostiene il lavoro artistico di Pupi Avati e di altri moderati del cinema, e con le quali gerarchie Angelo Balducci, uno dei capi della cricca secondo la magistratura, ha avuto intensi rapporti in quanto Gentiluomo di Sua Santità e consultore del dicastero vaticano delle Missioni.

Che dire? Tante facce di questo elenco andrebbero viste almeno in foto, nell'ottica grottesca della commedia all'italiana, per farsi almeno quattro risate. Per esempio le facce di Gaetano Bandini e Salvo Nastasi, i distributori di soldi pubblici a teatro e cinema negli ultimi anni, in quanto capi degli uffici preposti a decidere dei finanziamenti (suggerisco anche la foto del sottoposto di Angelo Balducci, Fabio de Santis. Si trova tutto in google immagini).

Con le informazioni mi fermo qui, anche perché fare nomi e cognomi alla Travaglio è sgradevolissimo per la mia coscienza: ora capisco perché il Robespierre nostrano guadagna tanto, tanto da non saperlo nemmeno lui, come dichiarò serenamente al programma  Hanno 0. A questo punto non posso fare a meno di notare - a sostegno della mia dolorosa tesi contro i finanziamenti pubblici alla cultura - che se tutto questo viene fuori, quanto invece rimane sommerso circa le ruffianerie contenute nei soldi pubblici in circolazione in ambito culturale? In ogni caso si deve per forza sospettare qualunque tipo di malaffare sapendo che anche il miglior cinema italiano, se si esclude Sky e solo un po' De Laurentis che fa solo prodotti commercialissimi, è interamente prodotto coi soldi del Ministero e delle varie agenzie di cinema regionali, che complessivamente mettono in campo meno di 60-70 milioni l'anno (che non sono pochi!), il resto viene da Rai e Mediaset. Capitali a rischio zero, prima si fanno i contratti di vendita dei diritti poi si gira, prima soldi poi film, prima vedere soldi poi vedere cammello... Capito perché se si vuol fare cinema in Italia è meglio avere amici nella politica o, in subordine, avere sostegno " morale " dal mondo Cattolico Vaticano? Ma  c'è una cosa che non capisco: ai sostenitori politici e " morali " cosa si deve dare in cambio?

PS: Riguardo al cinema un'altra cosa non posso fare a meno di trattare: le storie. Sono strane, a volte troppo strane, quasi impossibili da decifrare, come se fossero scritte in codice, come se fossero condizionate, se non commissionate, se non direttamente scritte da quelle entità nascoste di cui parla da qualche tempo San Wolter già protettore della cultura (ma la modica entità non è reato...), come se certe storie contenessero messaggi... Inutile approfondire, perché prove non se troverebbero, si entrerebbe nell'esoterismo dietrologico, tornerebbero fuori la P2, Gelli, l'Opus Dei, lo IOR, i servizi segreti deviati giù giù fino ai complotti delle giovani marmotte... Però certe coincidenze inquietano. Poche sere fa, per esempio, vedevo con mio moglie un gradevole film con Paolo Bonolis, Elena Santarelli, Stefania Rocca e Sergio Rubini, " Commedia sexi " di Paolo D'Alatri, regista spesso giustamente celebrato come fra i più bravi del nostro cinema giovane. Il film è del 2006. E' la storia di un potente politico che si barcamena tra famiglia e amante, storia perfetta, direi, per mandare messaggi (si dice, no, il film contiene messaggi? Soprattutto la sinistra e i cattolici si interessano ai contenuti, ai messaggi, appunto). A un certo punto il politico regala all'amante un attico nel centro di Roma. Siamo nel bel salone, si intravvede una grande terrazza. Mia moglie esclama: " vuoi scommettere che si vede il Colosseo? ". Oh, non ci crederete, sequenza successiva in terrazza, preciso il Colosseo, stessa vista del noto appartamento del ministro Scajola, probabilmente stesso palazzo. Strano, no?! Mia moglie, che non ha mai letto i giornali in vita sua, e quindi non è disinformata, mi deride...