Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.

venerdì 19 novembre 2010

Sul teatro ancora (che palle!), in risposta ai detrattori del post precedente, in particolare al simpatico Johnny Doe

quadro di balthus che non so il titolo

Caro Johnny, nell’arte di torteggiare sta raggiungendo vette sempre più inimmaginabili. Però se ne fa accorgere che incorna  un personaggio, che sta dalla parte del torto per avere più ragione degli altri. Infatti ci parla del teatroprepizzeria del sincronico, dimenticando suoi idoli nel diacronico, come Carmelo Bene, del quale ho visto più che sentito dire. Il diacronico, però, in quanto tempo non riducibile agli interessi di Stato, è sempre attorno a noi. Per chi vuole oltrepassarne le porte l’ingresso è libero, naturalmente a suo rischio e pericolo, come stava scritto su avvisi appesi agli  alberi nel periglioso tragitto tra la città e l’immediata periferia dove si trovava il Globe di Shakespeare. 
théâtre des bouffes du nord di peter brook

Nel diacronico, Johnny, attuttoggi, le può capitare di incontrare artisti di grande calibro, ciò che rende il teatro [quello astratto che si fa, che è il contrario di quello concreto che non si va a vedere...], paragonabile, se mi permette il confronto,  alle sue migliori corse di cavalli, anche quelle che Woody Allen dovrebbe infilare nella breve lista delle cose per cui vale la pena non morire ancora. Parlo per esempio di Carlo Cecchi, Antonio Rezza, Danio Manfredini, Claudio Morganti, Alfonso Santagata, Arturo Cirillo; poi ci sarebbero certi russi... e c’è Peter Brook. Nell’inattuale immediato della mia memoria rifaccio il nome di Carmelo Bene, ma aggiungo subito Eduardo De Filippo, Tadeusz Kantor, Leo e Perla, Roberto Benigni del Cioni Mario, Victor Cavallo, Andrea Cambi, tutti artisti che hanno lasciato assolutamente incompiuto il loro lavoro, e dunque a noi una fantastica eredità.
benigni cioni mario

Certo, Johnny, se parliamo del teatro di Stato, beh, ci ha ragione lei, anzi, ci avevano ragione Carmelo Bene ed Eduardo De Filippo, che chiedevano l’azzeramento delle sovvenzioni al teatro e la chiusura del ministero preposto (saranno stati fascisti?). Perché lo facevano? Non piacevano loro i soldi, non gli servivano per i loro spettacoli? Tutt’altro: Eduardo scriveva e metteva in scena commedie con un sacco di attori da pagare; Bene faceva anche lunghe prove e allestiva spettacoli con scenografie a volte  imperiose. Ma sapevano che la macchina di finanziamento statale riduce tutto al pastone indigesto prepizzeria, che anche la pizzeria poi non scherza nell’indigestivo... E volevano che lo Stato detassasse il teatro, in modo da poter vivere sia degli incassi del botteghino sia di risorse che le istituzioni culturali più importanti mettono lo stesso in campo a favore dell’arte teatrale, per esempio la biennale di Venezia, per la quale lo stesso Bene realizzò un clamoroso e costosissimo non spettacolo insieme a Pierre Klossowski (ne parlerò), di quelli che immagino a lei, Johnny, sarebbero molto garbati, di quelli comodi di cui sparlare, insomma, che non vanno mai in scena, che sono ancora meglio di quelli che che non si vanno a vedere ai fini della sparlatura medesima. Da notare, visto che ci siamo, che i disegni che Klossowski realizzò per lo spettacolo che non andò mai in scena, sono oggi contesi tra la Biennale e gli eredi di Bene: me li sento negli orecchi certi quisquillii   negli uffici di unoollaltro professionista salentino, i parenticomesidiceserpentistretti, a disquisire dell’arte dell’artista polacco parigino Pierre Klossowski... uno che nel suo castello, ereditato si dice dal fratello ricco, il pittore Balthus (Balthasar Kłossowski de Rola), pare avesse messo tanti tanti cartoni sul pavimento perché mai più voleva avere contatti con la terra...  Il contadino della sua terra, a proposito,   potrebbe forse allestirci un dialoco in salentino elecante sull’immaginata fesseria?

Insomma, Johnny, il teatro andrebbe riportato alle origini moderne, quelle del melodramma, dove i soldi per produrre costosissimi marchingegni canori, magari  di Gioacchino Rossini, venivano dai soci del teatro, cosiddetti palchettisti, maanche e soprattutto, dalle case da gioco appiccicate ai teatri, dove ora sono i cosiddetti ridotti, dove  i maschi si rifugiavano a recita finita, come ora in pizzeria, attesi forse anche da signore pocomorali che non si interessavano al teatro (come invece le ragazzeosignoredifamigliaperbene che facevano talvolta sesso irregolare nei palchi, coperte dai loro lecché a guardia  fòra dall’uscio), e che  lascerebbero pensare a una  archetipa pratica setteottocentesca del bunga bunga.  Oggi invece i biglietti non coprono neanche il 10% dei bilanci dei teatri, le case da gioco sono considerate immorali peggio del bunga bunga suddetto che invece io tenderei a trovare simpatico... infine  le pizzerie non sponsorizzano i teatri, forse perché,  come ha detto giustamente Roberto Saviano l’altra sera, appartengono alla mafia, che non ci ha nemmeno la sensibilità di finanziare gli artisti più poveri almeno un pasto... e quindi va combattuta e sterminata.
carlo cecchi in " sik sik " di eduardo de filippo

Per finire, Johnny, perché bisogna finire, le dico che secondo me il teatro è l’unica cosa che merita di esistere, non fosse altro perché se praticato come si deve porta il torto alle sue vette supreme. Parlo del teatro post Beckett, mica del teatro (s)consolatorio e scodinzolatorio che c’è in giro. Ci tornerò, perché a me il teatro mi piacerebbe, se ce ne fosse: il teatro, diceva Ennio Flaiano, è la vera piazza di un paese.
carlo cecchi e valerio binasco finale di partita di samuel beckett

 claudio morganti ultimo nastro di krapp di samuel beckett

 alfonso santagata

 
danio manfredini


antonio rezza 

Ps per Johnny: non sono un turista modello, si capisce, quindi può darsi che sia stato distratto, ma tra le testimonianze della nostra  civiltà ho visitato talvolta templi, tombe, chiese e teatri ancora vivi: ippodromi neanche uno (sempre pe' limitismi mii) .

6 commenti:

  1. Forse non ci siam capiti,o mi son spiegato male,presupponendo che lei già sapesse come la penso circa Carmelo.Leo,Perla,Eduardo,Quartucci e qualche altro, e di cui ovviamente condivido tutto quanto dice e che già conoscevo. Idem con patate per il famigerato teatro di stato.Ci mancherebbe!
    Quindi,il morituri te salutant era destinato al teatro attuale in generale,e le poche eccezioni da lei enumerate,non credo cambino di molto la situazione da crisantemi.Eccezioni che non metterei comunque tutte sullo stesso piano,a parte i russi che non conosco.
    Poi,ognuno ha i suoi limiti,ma io non vedo un grande futuro per i teatro,a meno che non tornasse alle origini che lei menziona,cosa alquanto improbabile.Tra la bisca e la pizzeria c'è una differenza ontologica,tutta a favore della prima,credo oggi non particolarmente condivisa dai morenti spettatori.
    Purtroppo la frase di Flaiano è di un secolo fa e di un altro mondo,come Carmelo e i compagni di allora .
    In questo "sul teatro ancora,che palle", il torto e la ragione hanno poco campo,e capisco pure che da addetto ai lavori ami quello a cui si è dedicato o si dedica,ma a meno di miracoli,sempre bene accetti,siamo in pieno sunset boulevard.
    Per finire,è una grave mancanza per un uomo di teatro non aver mai frequentato Ascot,Epsom o Longchamps,lì si trovano fantastici attori degni del miglior Beckett e di qualsiasi palcoscenico.
    Quanto al turista per caso,sarebbe bastato allungar gli occhi a Olimpia,ad Afrodisia,a Costantinopoli...e qualche ippodromo lo avrebbe visto.Caro larry,è antico quanto il teatro...

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  2. @johnny

    conoscevo i suoi amori teatrali perché lei stesso me li aveva confidati. per qusto mi ero meravigliato. infatti secondo me muore prima l'ippica del teatro, perché è più complicato allevare un buon cavallo che un attore. l'ho visto coi miei occhi ospite di uno di bolgheri che non le dico se no dice che sono bugiardo. si scherza...

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  3. Non posso che confermare che è più facile allevare attori che cavalli,con la differenza che comunque i cavalli che intendo io son sempre purosangue....
    Se poi il suo anfitrione di Bolgheri era uno della Dormello-Olgiata non poteva trovar interlocutore migliore.
    Quanto a chi per primo tirerà le cuoia,ma è una personalissima e criticabile opinione ,il Teatro italiano (non gli attori,che son altra cosa)) è morto con Carmelo.

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  4. @johnny
    Caro Johny, concordo... sono pochi ancora vivi nel teatro..., ma si ricordi che anche il Dio degli ebrei sarebbe stato disposto a risparmiare le fiamme a Gomorra e Sodoma,se li ci fosse stato ancora qualcosa di buono... Per dirla tutta, uno buono l'aveva già (Lot), ma lo fecce uscire... perché lui voleva ormai distruggere Sodoma e Gomorra... era un Dio d'ira...
    Direi che vale la pena salvare il teatro anche se non ci fosse più piede di attore in giro... comunque vada, si potrà raccontare che c'era una volta un tempio che si chiamava teatro, in cui i dei venivano ogni tanto a far visita ai terrestri... e lì piangevano insieme o ridevano... e salverei gli attori, anche se i teatri fossero già morti... c'è sempre la piazza...
    Contadina senza terra

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  5. @Anonima Contadina senza terra

    Ma sì,messa così mi sta anche bene...a volte per un attore son stato disposto a riveder Goldoni...ma è come bere un bicchier d'acqua,il testo lo conosci..sai già tutto...pensi a tutt'altro....
    Quello che mi piacerebbe vedere è il Teatro,non l'attore,l'invenzione non la recitazione,un modo totalmente nuovo di concepire e far teatro e non la ripetizione,insomma una cosa simile a quanto han fatto a suo tempo Carmelo e i suoi amici.
    Una cesura netta con quel che si faceva prima,sia con il teatro di regia sia con quello tradizionale.
    Certo,ci son stati altri che han percorso questa strada,ma una stravolgimento concettuale e scenico come quello di Bene,credo sia stato unico e non solo in Italia.
    Mi si dirà che pretendo troppo...è pure vero.
    E poi non insisto neanche oltremisura,anch'io ho i miei scheletri in armadio,perchè poi mi ritrovo ad aver una strana fissazione,un inspiegabile capriccio,una enigmatica mania di riveder per la ventesima volta il Macbeth o Beckett,fossero anche messi in scena dalla Filodrammatica di Porto Empedocle.

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  6. Metto qui questo commento di Contadino della sua terra perché mi sembra più appropriato qui che nel post dove è stato lasciato.

    Buonasera signore Larry; buonasera a tutte le belle persone che stanno qua. Piacevoli e accoglienti veramente: complimenti e grazie. Mo scrivo qua, tanto l'argomenti si attorcigliano e va bene, o male, lo stesso. Anche io penso che il teatro, ma pure il cinema, la danza, la musica e tutte quelle belle cose che non sai fare, ma ti piacerebbe tanto; quelle cose che ti curano un poco i graffi di tutti i giorni e ti fanno ricordare quando eri ancora buono e che facevi i sogni in continuazione e non ti sentivi com'a uno che lo dicono che è scemo, non è più tanto bravo a curare. Che non mi pare ch'è giusto che devono ricevere tanta soldi a spettatore, pure se lo spettacolo non vale molto. La rete deve servire a quelli che camminano su una corda a trenta metri, no a chi sta su un tavolo di un metro e mezzo. Ma a voi vi pare normale che un divo americano che uno non dovrebbe sapere nemmeno se esiste veramente si mette a vender il caffè? Che ci vediamo una pubblicità cinquanta volte e pensiamo quanto è brava quell'attrice? Somiglia a Sharon Stone! E' vero: so tutt'uguali. Pure le partite di pallone so tutt'uguali; è una cosa che fa impressione assai, secondo me. Non ci riescono più a sorprendere, a meravigliarci...quanto mi piace sta parola meraviglia, signore Larry. Anche noi, che siamo il pubblico, un poco, siamo diventati schifettosi: non ci piace niente più, chè siamo tutti istruiti e conosciamo gli antichi, i moderni e tutto. Vai a soddisfare a uno così, vai... Io no c'ho i strumenti di uno che può dare consigli agli altri, che poi sono i professionisti...l'artisti; certamente sono cose che già so state dette molte volte. Vi posso cercare di raccontare che cosa mi piacerebbe a me, se andassi in un teatro: primm'anzitutto, è n'esepio, rimanerei colla bocca aperta se non vedessi le sedie e il palco: mo ci sta pure la televisione a molte dimensioni e non si può pensare di stare in mezzo alla storia...di vedere il cattivo e il buono che s'acchiappano con le spade; i giulietta e otello che si baciano vicino a te, che puoi capire quanto sanno recitare davvero, perchè te ne sei scordato che stanno facendo una recita. Le risate, i gridi, i pianti che li puoi toccare se allunghi la mano, che ti fanno pensare che è il terremoto, mentre sei tu che stai tremando come a l'altri. Ma ve lo sapete immaginare come si sente n'attore che sta in mezzo alla folla: che non c'ha chi li ricorda quello che deve dire, che si deve inventare le cose nuove ogni sera...no 250 repliche sempre le stesse: una sera d'amore tutte le volte. N'altra parola magica, signore Larry: amore. Voi che sapete fare i raggi alle persone siete a conoscenza, lo so sicuro, che il cuore mio piccolo me l'ha trafitto na siciliana...Vedete, questa è stata una meraviglia, per me: chi me lo poteva raccontare ch'a cinquant'anni, a uno, che è stato quasi sempre nella terra, che le cose le vuole vedere, toccare, che non ci crede a niente, poteva ricapitare una cosa così. E' na cosa meravigliosa, si o no? Mo ho esagerato, lo so: scusate. Secondo me, è Teocoli che fa a Caccamo
    di Contadino della sua terra
    su Una vita da Me(ri)diano alle 17.45

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