Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.

venerdì 2 marzo 2012

Gramsci seminatore d'odio? La mamma dei revisionisti è sempre incinta

Rara foto di Palmiro Togliatti che discute con Filippo Turati

In un articolo su Repubblica (clic) Roberto Saviano - aderendo alle idee dello studioso  Alessandro Orsini, che ha appena scritto un saggio intitolato Gramsci e Turati, le due sinistre (Rubbettino) -  indica Antonio Gramsci  come capo totale dei seminatori d'odio, forse, chissà, anche  come capo del pollaio oclocratico che infesta in internet i blog di riflessione culturale, impedendo il sorgere di una vera autorevolezza critica... (per i distratti clic qui per capire meglio).  

Saviano è forte... Non gli viene alcun dubbio circa l'esatta ricostruzione del  contesto in cui certe frasi sono state dette o scritte; né, citando passi di Gramsci, specifica quando sono stati scritti e in quale opera originale si trovino  (come suo solito...). Per non dire del ritratto caricaturale che fa di Togliatti, reo di aver espresso un giudizio sprezzante su un suo acerrimo nemico politico, Turati,  in occasione della sua morte, nel 1932...

Lasciamo perdere Togliatti... Prevedo che Saviano piglierà mazzate in quantità, sia dagli storici seri, sia dagli studiosi  gramsciani e sia dai semplici simpatizzanti comunisti ed ex comunisti, magari da alcuni dirigenti del PD, quelli di derivazione comunista almeno, come Bersani (che ieri ha rimesso in riga Marco Travaglio, che non ha l'esclusiva della moralità né della verità: potrebbe allargare al casertano...). Sempre che qualcuno  decida di dar voce a chi critica il  profeta di Caserta: Repubblica Espresso è chiaro che no...  lo faranno magari il Manifesto, o l'Unità o il Riformista? Lo faranno i maggiori blog culturali ora che sono ripuliti dai seminatori d'odio e possono di nuovo andare alla ricerca della loro autorevolezza critica? Lo faranno i partiti che si definiscono di sinistra o addirittura comunisti? Lo farà Vendola?

Avete letto l'articolo linkato? Che vi sembra? Per me,  lo voglio dire senza fare scherzi con le parole, arrivare ad esaltare il liberlsocialismo dalle pagine di Repubblica è il massimo della sfacciataggine. Il liberlsocialismo turatiano fu la bandiera ideologica di Bettino Craxi, il belletto riformista che affossò l'ambizioso progetto europeista e filoatlantico del PCI   guidato da Enrico Berlinguer - progetto del resto avversato dalla base massimalista -  di traghettare  il partito  verso un nuovo  socialismo europeo (più o meno quello che sta facendo da anni Massimo D'Alema, non a caso avversato e INFANGATO da tutti...).

Ma, più colpevolmente, il rifiorire del liberalsocialismo, nei nefasti anni '80, fu all'origine di un salto di corruzione mai visto, di un aumento pazzesco della spesa pubblica (e del debito pubblico): furono gli anni in cui i padri indebitarono i loro figli e nipoti, senza senso di colpa alcuno... furono gli anni del peggior clientelismo, delle tangenti per tutto, degli arricchimenti facili... furono gli anni  della promozione al centro della scena dell'Italia peggiore, più arraffona ed egoista, quella del piccolo imprenditore è bello,  quello che si è fatto da solo (ma con che materia, si domandava Giorgio Gaber?). Tutto ciò avvenne sotto il vessillo della modernità, in nome dello svecchiamento della cultura, della  moda e del gusto italiano, in nome del rifiorire del nazionalismo. Insomma, furono gli anni della  Milano da bere, al centro della quale c'era  un certo Silvio Berlusconi, responsabile a sua volta dello sdoganamento di almeno   una parte di neofascisti, nonché  dello spostamento a destra dell'intero paese. 

Quelli nei quali si cerco di rimettere al centro del dibattito politico il tema del liberalsocialismo turatiano, caro Saviano, furono gli anni in cui si cominciò a rimettere in discussione i diritti conquistati dai lavoratori, sopra di tutto in termini di salvaguardia del reddito, con il referendum sulla scala mobile  (abbiamo visto com'è andata: in Italia gli operai e i lavoratori in genere guadagnano oggi una miseria... e non è finita...). Fummo in molti a  rifiutare il modello di società nuova che ci stava propinando Bettino Craxi;  a partire proprio da Repubblica, che ogni domenica che cristo metteva in terra ci somministrava endovena un interminabile editoriale anticraxiano, antiliberalsocialista  e antiberlusconiano di Eugenio Scalfari. E ora, invece... si deve scoprire dalle pagine di Repubblica che bisogna trattare coi padroni delle ferriere (messe su con capitali di quali provenienza?), abbassarsi le mutande per agevolare il compito agli ombrellai di collocare gli ombrelli...

Lo dico sempre che Roberto Saviano è di destra, che fa gli interessi della destra proprietaria; e, ancor peggio, che ha studiato poco. Va  a finire che ci ho ragione io su tutti i fronti. Però ora si tratta di capire se l'ignoranza storica che mostra di avere anche in questo articolo è tutta farina del suo sacco o attinge a ignoranza altrui. Così a occhio la seconda che ho detto, magari ignoranza di ex banchieri oggi al governo, a lui pare assai vicini, dei quali egli stesso si fa portavoce; ignoranza non del tutto disinteressata, praticata non solo per (dis)amore della verità.  

Ai miei coetanei poco preparati, idealisti e nazionalisti, socialisti liberali craxiani, invasati per segreta convenienza (si aspettavano protezione per collocarsi nella società, come poi è stato per gran parte di loro, magari travasati in AN e Forza Italia), dicevo sempre che dal socialiberalismo al socialnazionalismo non c'è che un passo. Speriamo non sia quello che sta per farci fare la tecnocrazia  alla quale Roberto Saviano sta portando acqua con le orecchie.

Ps: uno che indica chi è colpevole e chi no, a prescindere dai processi, che addirittura scrive che per lui si è colpevoli anche se assolti dal tribunale, può pigliarsela con chicche  e sia in termini di violenza verbale?

post e autore del post in via d'accomodamento




26 commenti:

  1. Per ragioni di completezza, pubblico qui la risposta che Alessandro Orsini ha scritto a uno dei suoi recensori più critici, il prof. D’Orsi. Credo possa essere utile per una comprensione più piena della questione:

    Angelo D’Orsi, professore nell’Università di Torino, ha attaccato Roberto Saviano per avere recensito il mio ultimo libro su Repubblica (Gramsci e Turati. Le due sinistre, Rubbettino): “Saviano – ha detto − l’ha fatta fuori del vaso e il libro di Orsini è una porcheria”. D’Orsi ha addirittura dichiarato che Saviano “andrebbe fermato”, limitandolo nella parola.
    Lo sfogo di D’Orsi conferma la mia tesi. Due sono le principali culture politiche della sinistra.
    Vi è la sinistra di Gramsci, il quale invitava a chiamare “porci”, “scatarri”, “pulitori di cessi” e “stracci mestruati” coloro che erano in disaccordo con i suoi convincimenti ideologici; e vi è la sinistra di Turati che condannava l’insulto e promuoveva il libero confronto delle idee.
    La sinistra di Gramsci produce un tipo di intellettuale che ricorda la figura del chierico della Chiesa medievale: è un organo del Partito. E il Partito è concepito leninisticamente come una macchina da guerra il cui dichiarato obbiettivo è la dittatura. Certo, nei Quaderni, Gramsci alla strategia della “guerra di movimento” oppose la strategia della “guerra di posizione”. Ma si trattava pur sempre di guerra. E in guerra non c’è spazio per la tolleranza. C’è solo un imperativo: annientare l’avversario incominciando con la sua degradazione morale, che non può fare a meno dell’insulto.
    Sotto il profilo del metodo, D’Orsi ha attaccato il mio libro perché, a suo dire, non terrebbe in considerazione il contesto in cui Gramsci pronunciava le offese e gli inviti alla violenza contro i suoi critici. A D’Orsi rispondo che il contesto storico-politico in cui vissero Gramsci e Turati fu lo stesso. Nonostante ciò, Gramsci e Turati difesero principi e valori opposti, come ho spiegato nella nota sul metodo che chiude il volume.
    Gli uomini, pur essendo influenzati dal contesto in cui vivono, rispondono in maniera differente davanti agli stessi stimoli. Questa diversità nel rispondere in situazioni analoghe è, in larga parte, una conseguenza dei valori interiorizzati dall’individuo. La crisi economica che investì la Repubblica di Weimar coinvolse milioni di tedeschi, ma non tutti abbracciarono il nazismo. Allo stesso modo, non tutti i professori universitari italiani giurarono fedeltà a Mussolini. Gli uomini non rispondono in maniera meccanica agli stimoli che ricevono dall’ambiente esterno.
    Gli uomini scelgono.
    Gramsci e Turati militavano nello stesso partito quando Mussolini si affermò al congresso socialista di Reggio Emilia; quando ci fu il biennio rosso; quando Lenin impose il Terrore; quando Mussolini conquistò il potere. Eppure, scelsero valori opposti, perché le loro culture politiche erano inconciliabili. Turati promosse sempre la pedagogia della tolleranza. Gramsci, invece, la pedagogia dell’intolleranza e l’elogio dell’insulto.
    Il metodo dell’analisi culturale comparata − che ho impiegato per la prima volta nello studio della figura di Gramsci − ha esattamente questo obiettivo: mostrare il potere condizionante delle culture politiche e delle teorie pedagogiche, le quali non coincidono con l’azione, ma la predispongono in maniera decisiva. Alessandro Orsini

    RispondiElimina
  2. Saviano ha sempre fatto gli interessi della grande borghesia finanziaria ... ma questo lo sapevano tutti, tranne quelli di Nazione Indiana...
    PS Biondillo al Chiambretti Night ...
    Ma perché non facciamo una TV Inaffidabile? Su Internet. Se famo du risate ...

    RispondiElimina
  3. Ho trovato in internet l'intera dichiarazione del professor Angelo D'Orsi. Se proprio si deve essere completi...

    FONTE http://www.articolotre.com/2012/02/saviano-critica-gramsci-polemiche-a-sinistra/65959:

    “SAVIANO NON SA DI COSA PARLA”.Uno dei più famosi studiosi di Gramsci, Angelo D’Orsi, contattato telefonicamente da Articolotre, è durissimo : “il problema è che Saviano andava fermato prima, l’avete costruito voi dei media, ed è difficile poi abbattere gli idoli: ora gli è concesso di parlare su qualunque tempo, è diventato opinionista su qualunque tematica. Ieri l’ha fatta fuori del vaso, citando il libro di Orsini che è una porcheria: già in precedenti opere questo studioso si spinse a individuare Gramsci come il “nonno” delle Br”. “Ma mi chiedo, continua D’Orsi. Saviano ha mai letto una riga di Gramsci, cioè dell’autore italiano più studiato all’estero? Non credo proprio, inoltre questa contrapposizione con Turati è grottesca, l’analisi viene fatta senza tenere presente la contestualizzazione, che è fondamentale per dare un giudizio. E poi di quale Gramsci si parla? Quello del 20- 21 o quello del 25? Per entrare nel merito, lui aveva una concezione unitaria della sinistra, non solo tra Nord e Sud ma anche tra le diverse anime, dopodiché è finito in galera”. “Saviano- conclude D’Orsi- partendo da un’ interpretazione strumentale e sbagliata di Orsini, dimostra di non sapere di cosa sta parlando: è incompetente e ideologico”.

    Non entro nel merito della polemica tra professori, mi interessava mettere in rilievo la non obiettività, la leggerezza e la non scientificità del giornalista Roberto Saviano.

    RispondiElimina
  4. "Incompetente e ideologico": questa definizione si adatta praticamente a tutti gli addetti ai media di oggidì.

    RispondiElimina
  5. Forse, e dico forse, Robbi, il Guard(i)one della Realtà Globalle (GRB), ha letto Gramsci su testi in lingua swahili, con traduzione estratta magistralmente da un bignami polacco.

    ilMattolinskij

    RispondiElimina
  6. il determinismo lombrosiano di orsini è quasi più devastante dell'analfabetismo culturale di saviano, la cui fotografia più vera e reale è questa:

    *Lo dico sempre che Roberto Saviano è di destra, che fa gli interessi della destra proprietaria; e, ancor peggio, che ha studiato poco. Va a finire che ci ho ragione io su tutti i fronti. Però ora si tratta di capire se l'ignoranza storica che mostra di avere anche in questo articolo è tutta farina del suo sacco o attinge a ignoranza altrui. Così a occhio la seconda che ho detto, magari ignoranza di ex banchieri oggi al governo, a lui pare assai vicini, dei quali egli stesso si fa portavoce; ignoranza non del tutto disinteressata, praticata non solo per (dis)amore della verità.*

    Alì Ghieri

    RispondiElimina
  7. E io ho trovato uno scambio di lettere tra D'Orsi e Orsini

    maria.m



    http://fondazionenenni.wordpress.com/2012/02/21/su-antonio-gramsci-scambio-tra-angelo-dorsi-e-alessandro-orsini-2/

    RispondiElimina
  8. Siccome vedo che il link non si apre copioincollo le lettere

    pubblicate sul sito Fondazione nenni
    maria



    Su Antonio Gramsci, scambio tra Angelo D’Orsi e Alessandro Orsini


    Riceviamo e volentieri pubblichiamo

    Caro Alessandro,

    mentre mi complimento per la sua produttività, e mi scuso per il ritardo (penso che a quest’ora il panel sarà completo), non posso tacere il mio radicale dissenso, non semplicemente ideologico, ma metodologico e storiografico. Il suo libro sulle BR è un insieme di asserzioni e di riflessioni che nulla hanno a che fare con la realtà. E ci sono passaggi che suscitano in me, ma non solo in me, glielo assicuro, orrore e raccapriccio… Per esempio la sua chiamata di correità nei confronti di Gramsci, a cui lei ora dedica un libro, peraltro annunciato da tempo: non oso neppure pensare cosa troverei in questo nuovo suo prodotto. Dunque, capisce che la partecipazione alla discussione del suo libro potrebbe rivelarsi imbarazzante per entrambi. La devo anche avvertire, per correttezza, che l’ho attaccata, sarcasticamente, nell’Editoriale del n. 7 della mia rivista “Historia Magistra”, proprio in relazione alle sue tesi.
    Ciò non toglie che quando mi sono imbattututo in suoi lavori utili (anche se molto, molto discutibili) come quelli su Bruno Rizzi, io ne abbia tenuto conto (per esempio nel mio libro del 2011 L’Italia delle idee. Il pensiero politico in un secolo e mezzo di storia)…

    Mi abbia, senza rancore, per il suo

    Angelo D’Orsi





    Caro Professor D’Orsi,

    sono davvero lieto di ricevere questa sua lettera, così dura e sincera, che accresce la mia simpatia nei suoi confronti.

    In contrasto con lei, ho cercato di documentare che Gramsci è stato un grande maestro della pedagogia dell’intolleranza del secolo passato. Quella stessa pedagogia dell’intolleranza che produce un tipo di intellettuale educato a provare “orrore e raccapriccio” per le tesi di coloro che mettono in discussione i convincimenti ideologici e storiografici più ortodossi. Tuttavia, il sentimento del disprezzo non aiuta il progresso della ricerca e non muta l’evidenza storica.

    Gramsci scriveva testualmente che i nemici politici sono “porci”, “stracci di sangue mestruato”, “scatarri”. Diceva anche che bisognerebbe riempirli di “cazzotti in faccia”. Si riferiva ai moderati che criticavano il comunismo, non ai fascisti. Gramsci scriveva – sono ancora una volta le sue parole testuali – che i giovani militanti di partito devono essere educati a insultare gli avversari. Gramsci scrisse anche un “elogio della parolaccia”. Fino a quando fu libero di esprimersi, promosse simili principi educativi utilizzando queste precise parole, mai sconfessate nei Quaderni del carcere. In quegli stessi anni, Filippo Turati si opponeva a Gramsci ed elaborava una pedagogia politica opposta, basata sul “diritto a essere eretici” e sul rispetto degli avversari politici.

    Tutto questo è documentato nel mio libro “Gramsci e Turati. Le due sinistre” (Rubbettino, 2012).

    Nella sua lettera, lei lascia intendere che non leggerà il mio libro (“non oso neppure pensare che cosa troverei in questo nuovo suo prodotto”) e afferma che si guarderà bene dall’accettare l’invito alla discussione pubblica per non mettere in imbarazzo né lei, né me.

    Quale imbarazzo?

    Lei è stato il primo a ricevere il mio invito alla Biblioteca del Senato proprio perché ero consapevole dei suoi dissensi radicali nei confronti dei miei studi. Venga, sarà il benvenuto.

    Quanto ai commenti sarcastici che mi ha dedicato nell’editoriale della rivista da lei diretta, le confesso che sono stato altrettanto sarcastico nei suoi confronti quando ho scritto il “rivoluzionario benestante”, in cui ho descritto le strategie cognitive che le consentono di sentirsi migliore degli altri.

    Lei è stata una musa ispiratrice. Le sono grato.

    Con molta simpatia.



    Alessandro Orsini
























    Like

    RispondiElimina
  9. Maria, vuoi dire che Orsini ha ragione a dire quello che dice?

    RispondiElimina
  10. regà, ma non è che robberto di coggnome fa Savianarola?

    RispondiElimina
  11. larry,
    no, no...avevo letto saviano su repubblica e ne ero rimasta molto sfavorevolmente colpita, presentare uno dei maggiori intellettuali di questo paese con quelle frasi e basta e per di più con l'aggancio personalistico e polemico ai nostri giorni, facendo passare Gramsci come una specie di capofila della sinistra radicale o peggio di frange violente peraltro non meglio identificate, non accennando minimamente ai suoi studi sulla storia sociale e politica del nostro paese, alle sue lettere dal carcere, ai temi che ha indagato in galera e che rappresentano ancora materia di riflessione culturale anche all'estero è una cosa inaccettabile e non solo per i neocomunisti, postcomunisti o ex comunisti, ma per chiunque conosca un po' le vicende del Novecento.
    Saviano dovrebbe trattare di cosa conosce e stare più attento, ricordi quando ha citato leonardo sciascia parlando della macchina del fango?
    Anche quella non fu cosa da poco.
    maria

    RispondiElimina
  12. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  13. Maria, su Sciascia infangatore ci feci un post... Purtroppo Saviano tratta tutto così. Se uno lo legge senza paraocchi, o lo ascolta quando pontifica in tv, è un continuo. Anche Gomorra, ti assicuro: mi verrebbe voglia di recensirlo riga per riga, paragrafo per paragrafo. Quello che è più aberrante è la sua concezione della giustizia. Ma chi ci rimette, da una giustizia nella quale gli atti dell'accusa sono considerati verità, è la verità... e ci rimettono i poveracci... Mai, del resto, ha fatto una dichiarazione a favore dei detenuti, che sono, per l'appunto, in grandissima parte poveracci.

    RispondiElimina
  14. larry, avevo copiaincollato una reazione del Manifesto man non riesco a inviarla, mi si chiede un codice che non appare mai da nessuna parte

    RispondiElimina
  15. http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20120302/manip2pg/11/manip2pz/318958/

    maria

    RispondiElimina
  16. (Copincollo l'articolo proposto da maria perché al Manifesto avevano l'abitudine, che se non sbaglio ancora persiste, di cancellare gli articoli dopo un tot tempo, rendendo inutile linkarli, ciò, e senza rac-contare l'immane errore di eliminare la pagina sportiva -dal cartaceo!- [che leggevo di gran gusto essendo tra le più belle realizzate su tutta la stampa italiana], dovrebbe far meritare al Manifesto di far la fine dei dinosauri ...)


    Un revisionismo storico in nome del bene assoluto
    Guido Liguori

    Libri, saggi e un articolo di Roberto Saviano attorno alla figura del dirigente del Pci Violento, nemico del riformismo. Il comunismo italiano ridotto a macchietta
    Atto primo. Esce il libro su Antonio Gramsci di un linguista molto noto e già benemerito per gli studi gramsciani, Franco Lo Piparo. Sostiene che Gramsci fu incarcerato, oltre che dai fascisti, dal suo partito. A confronto di Togliatti, Mussolini vi riveste i panni del protettore del povero Gramsci: sembra quasi che quest'ultimo sia rinchiuso in un carcere sovietico e il duce stia facendo di tutto per liberarlo. Interpretazioni paradossali, ma non nuove, già al centro delle campagne storiografiche craxiane e anti-comuniste degli anni Ottanta. Nuova è invece la tesi che Togliatti avrebbe addirittura fatto sparire un quaderno, scoop desunto dalle contraddittorie testimonianze d'epoca, che parlano a volte di trenta, a volte di trentacinque, a volte di trentaquattro quaderni. Strano che prima di Lo Piparo questa geniale osservazione fosse sfuggita a quasi settant'anni di interpretazioni. Non mi soffermo su questo perché ho già parlato del libro sul manifesto del2 febbraio. Va aggiunto però che la Repubblica - in genere parca nell'occuparsi di Gramsci - ha dedicato al libro (in data 28 gennaio) una recensione a tutta pagina, sposandone più o meno esplicitamente tutte le tesi.

    (segue)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. (continua)


      Atto secondo. Dario Biocca scrive per una rivista di storia («Nuova storia contemporanea», alfiere del «revisionismo storiografico» made in Italy) un saggio in cui sostiene che Gramsci, per ottenere la libertà condizionale, si sarebbe appellato a un articolo di legge imperniato sul «ravvedimento» del detenuto. Insomma - questo è quanto si vuole sostenere - emergerebbe un Gramsci che alla fine si sarebbe piegato al fascismo, sia pure per sopravvivere, contro la tradizione che vorrebbe il leader comunista sempre indisponibile a chiedere la grazie per non apparire un capitolardo. Anche in questo caso, il saggio viene ampiamente «anticipato», ovvero parzialmente riprodotto, dal quotidiano di cui sopra (in data 25 febbraio). Non si potrà più dire che non parli di Gramsci!
      Atto terzo (e gran finale?). Roberto Saviano, ancora su la Repubblica (28 febbraio), prendendo spunto da un pamphlet su Gramsci e Turati di Alessandro Orsini (Rubbettino editore), ovvero su tradizione comunista e tradizione riformista, riporta alcune affermazioni di Labriola, Gramsci e Togliatti che, staccate dal loro contesto storico, fanno apparire i tre esponenti della tradizione marxista e (gli ultimi due) comunista come antesignani di ogni intolleranza violenta. Antonio Labriola solamente capace di invocare il «tanto peggio, tanto meglio». Gramsci che inneggia alla violenza verbale e fisica (sia pure moderata: nella fattispecie «un cazzotto»). Togliatti che eccede con le parole nel giudicare Turati (nel 1932, in piena strategia staliniana del socialfascismo, che sarà ben presto archiviata e trasformata, grazie a Dimitrov e a Togliatti, nella stagione dei fronti popolari e del patto Pci-Psi). Per Saviano, il Pci e i comunisti sono i maestri dell'intolleranza, i padri spirituali di quell'estremismo che oggi - afferma lo scrittore - guarda con simpatia a Cuba e a tutti i regimi più feroci purché antiamericani.
      C'è di che pensare, di fronte a tale concentrazione di fuoco. Il revisionismo storiografico applicato alla storia del comunismo, dei comunisti italiani, di Gramsci e di Togliatti è - come ho accennato - moneta di vecchio conio. Ma una tale virulenza, e in un giornale considerato vicino al centrosinistra, come si spiega? Certamente non c'è nessun tipo di complotto, né è il caso di invocare censure. Sarà stato un caso. Ma un po' di equilibro, qualche opinione che vada in direzione opposta, che faccia conoscere al lettore che anche nella comunità scientifica vi sono ben altre valutazioni e ricostruzioni della storia dei comunisti italiani, se li concede persino il Corriere della sera: la concorrenza - vanto del liberalismo - non dovrebbe migliorare il prodotto e offrire migliori possibilità (conoscitive e interpretative) al lettore?

      (segue)

      Elimina
    2. (continua)

      Un mondo di buoni e cattivi
      Sul piano dei contenuti, è difficile in poco spazio replicare a tutta questa serie di osservazioni superficiali e tendenziose oltre ogni dire. Il «ravvedimento» di Gramsci, ad esempio, è una forzatura senza giustificazioni. Come dimostra la documentazione già pubblicata da Paolo Spriano negli anni Settanta, Gramsci - nel fare domanda di libertà condizionale - si appella a una legge esistente (nel Codice Rocco, art. 176) e non dichiara alcun ravvedimento. La valutazione della «condotta» del carcerato - che è altra cosa - è tutta a carico del giudice, come è giusto che sia.
      Diverso è invece il modo in cui Saviano guarda a Gramsci (anche questo «doppio metodo» è in uso da decenni): per lo scrittore Gramsci non è un «buono» di contro al «cattivo» Togliatti, entrambi sono pessimi per il solo fatto di essere comunisti. Ciò che sconcerta nell'articolo di Saviano è un metodo segnato da incultura storica. Si prendono poche citazioni isolate e vi si costruisce una narrazione di comodo. Labriola, il filosofo napoletano primo maestro di Croce, è dunque alla stregua di un brigatista rosso? Il Gramsci che è oggi il pensatore italiano più studiato nel mondo sta tutto in quel giovane polemista che eserciterebbe la violenza della penna nel 1916, in piena lotta pro o contro la guerra? Non erano un po' più violenti quei guerrafondai contro cui quel Gramsci si batteva? E a proposito di guerra, interventismo e mussolinismo, consiglierei anche a Giorgio Fabre, e ad Alias che lo ha ospitato (19 febbraio), più cautela, nel delineare i tratti di un Gramsci mussoliniano ben oltre il 1914: tutti gli articoli su cui la ricostruzione di Fabre si fonda son frutto delle polemiche tra comunisti e socialisti dell'inizio degli anni Venti. Le ricostruzioni degli anni precedenti, fatte nei mesi e negli anni intorno alla scissione di Livorno, difficilmente potevano avvenire con l'animo distaccato dello storico.
      Untorelli a Cuba
      Tornando a Saviano, Togliatti, uno dei padri della democrazia e della Costituzione italiane, da molti dipinto alla stregua di un prudente Cavour del Novecento, è davvero tutto in quel giudizio eccessivo e sbagliato su Turati, che va contestualizzato in quegli anni «di ferro e di fuoco»? E il Pci, il partito di Berlinguer, era in combutta da sempre con gli «untorelli»? Finanziava le Brigate Rosse, magari con l'«oro di Mosca»? E Cuba è solo illibertà (e dunque, per converso, il potente vicino stelle e strisce è davvero il campione della libertà)?
      Insomma, la storia del Pci sembra ancora oggi oggetto di attacchi politici e giornalistici a dir poco sorprendenti. Viene il dubbio che il ricordo e la memoria di quel grande partito di massa, artefice tra i principali della nascita di una Repubblica democratica fondata sul lavoro e veicolo senza eguali di partecipazione politica e allargamento dei diritti per i subalterni, diano ancora fastidio. A chi? Evidentemente, credo, a chi legge la politica, come va di moda oggi, sub specie elitaria, leaderistica, delegata, apartitica. Chi non si colloca sotto questi stendardi, però, dovrebbe prestare più attenzione a non infangare senza motivi legittimi quelle che Pasolini chiamava, non a torto, «le belle bandiere». E chi ne ha il ricordo deve reagire.

      (fine)

      ilAriam-att., cia' guagliu'

      Elimina
  17. Noi la nostra s'è detta... Grazie a tutti.

    RispondiElimina
  18. L'intervista di Saviano a Spiegel, riportata dal Fatto, è da morire dal ridere http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/03/roberto-saviano-litalia-monti-liberta/195212/

    RispondiElimina
  19. anch'io sui monti mi sento veramente libera, nel mio ambiente naturale
    e finalmente capisco, con gratitudine e orgoglio, quale immenso privilegio sia per me l'aver ricevuto la cittadinanza onoraria dal paese che ha dato i natali a un intellettuale come saviano

    Etta Mark

    RispondiElimina
  20. Il passo più incredibile è questo:


    "Le sue riforme ( di Monti) ci hanno permesso di credere nuovamente nelle istituzioni, questo è importante."

    Oddio certo non è male nemmeno quando si dichiara "la coscienza della nazione".

    Mi chiedo perchè saviano faccia queste cose, aveva scritto un bellissimo libro, so che non sei d'accordo ma per me lo è, non bastava?

    Il fatto è che quando una persona giovane ha un successo straordinario ed è preso da certi giornali come una sorta di guru buono per tutte le occasioni, invitato cioè a dire la sua su tutto, se non è una persona speciale sbarella.

    Questa intervista mi mette tristezza.


    maria

    RispondiElimina
  21. Maria, sono contento che siamo finalmente d'accordo sul guru di Caserta, che a questo punto ti puoi anche ritrovare giovedi a l'isola dei famosi, insieme al mago Otelma (anche lui, presumo, favorevole alle liberalizzazioni del governo Monti).

    Sul fatto letterario, ti ho sempre detto, è una questioni di gusti, assolutamente insindacabile. Però la mia esperienza di timido letterato, oramai pentalustre, mi fa dire che il comportamento smargiasso dello scrittore è contenuto già nel suo romanzo: si tratta purtroppo di un epigono di D'annunzio e Malaparte, non di Pasolini e Sciascia (Sciascia che del resto non si peritò a infangare, come ricordiamo bene...).


    Bevenuta alla fantasmagorica Etta Mark.

    RispondiElimina
  22. Maria, se prendi uno qualsiasi dei suoi interventi "pubblici" degli ultimi due anni, non trovi niente di diverso. E' un uomo di destra, che ha l'unico "pregio" di essersi tolto la mascherina, cosa che dovrebbero fare anche i suoi fans adoranti (insieme ai paraocchi affettivo-ricattatori) piuttosto che invocarne, soprattutto in rete,la beatificazione in vita.

    Per essere chiari: non c'è niente di male a essere di destra (cazzi loro, alla fine fine), ma cosa centra "lui" con qualsivoglia progetto che abbia un minimo di ambizione a puntare e ad andare dall'altra parte?

    E' un "personaggio" costruito, non solo sul piano mediatico, da quella grande borghesia conservatrice che per tradizione e cultura mai e poi mai potrebbe venire a patti col becerume rappresentato dallo psiconano. Lo stanno "modellando" ad arte per lanciarlo come capofila in una delle tante possibili ammucchiate politiche "normalizzanti" che si preparano...

    Credo che sia ora di finirla anche con l'alibi del martire antigomorra: di gente che da quelli parti combatte ogni giorno per la propria dignità, cercando di tenere accesa a tutti i costi la luce di una sia pur minima speranza di riscatto contro le logiche del capitale politico-criminale, ne conosco a bizzeffe. E nessuno di loro ha la scorta, nessuno ha accesso ai mezzi di informazione, nessuno ha la possibilità di sentire e vedere un suo grido o una sua richiesta superare il perimetro della "prigione" in cui vive.

    Adesso basta, ha veramente scassato la uallera, se ne stia coi suoi padroni, i suoi referenti e la sua committenza e non parli a nome di chi ha sempre ignorato, di chi nemmeno conosce.

    Alì Ghieri

    RispondiElimina
  23. Morgan su GQ:

    «Sai cosa? I Bluvertigo erano un gruppo mediocre in una scena altrettanto mediocre. Anzi, i Bluvertigo non erano nemmeno un gruppo, erano un’idea di gruppo; e io non ero un autore ero un’idea di autore.»

    «In tv non mi trovo male, mi diverto. C’è una cosa che però voglio dire. Se ho smesso di fare dischi è perché non ha senso farli. Secondo i produttori, i miei vecchi fan sono persi perché mi considerano un venduto. Quelli nuovi non sanno niente di quello che sono stato mentre loro erano alle elementari. Per loro sono innanzitutto quello di X-Factor. Vanno su youtube, vedono come mi muovevo dieci anni fa e non pensano ai Kraftwerk o agli Xtc, pensano al crac e alla cocaina. Guarda com’era preso già all’epoca, pensano.»

    «In Italia se vai in televisione poi non puoi fare nient’altro. Però sai cosa? La colpa non è della televisione ma dell’idea di televisione che serpeggia in giro. A volte mi chiedo come sarebbe andato se Berlusconi invece che iniziare dalle tv avesse puntato alle etichette discografiche. Tutte, dalle più piccole alle major. Sarei un eroe. Sarebbe come se nella realtà Carlo Conti stufo dei compromessi si fosse messo a incidere dischi rockabilly.»

    RispondiElimina

Non sono consentiti i reati