Nel porcile c’erano due che stavano sempre da parte, che dagli altri del branco venivano considerati fanatici, perché grugnivano con ritmo ricercato, leggevano appartati per ore, a sera danzavano sulle punte degli affusolati zampetti. Venivano considerati altezzosi anche perché riprendevano, con aristocratiche occhiate, le scorrettezze dei più maleducati, di solito i giovani, che si ingrifavano per un nonnulla e diventavano osceni. I due nobili suini, bisogna dire, venivano da tutti rispettati, come si fa con la gente di alto rango, anche se dietro le spalle venivano chiamati maliziosamente il Vecchio Maiale e la Vecchia Maiala, alludendo forse alla loro gioiosa sessualità, comunque mai sfrontata, non certa alla stazza. Infatti, mangiando poco e nulla, i nostri eroi erano i più magri, avendo capito che scansare il cibo era l’unico modo per ritardare la propria persecuzione, visto che tutti, appena grassi, venivano rastrellati e non tornavano più: «non mi garba!», era il loro motto signorile, con il quale respingevano il cibo allontanandosi dal trogolo, facendo un deciso segno di diniego alzando al cielo la zampetta sinistra.
La coscienza politica del Vecchio Maiale e della Vecchia Maiala si raffinò sempre più: nei libri della porca storia avevano letto che nel passato erano vissuti maiali detti radicali, che predicavano il digiuno totale, ma con quasi nessun seguito. Loro così radicali non erano, ma si definivano liberali individualisti oppositivi estetici, perché ci tenevano anche alla bellezza. Perciò seguivano le diete, e facevano sport, tanto sport, derisi da tutti quanti, sempre alle spalle.
Restare in linea dava tanti vantaggi ai nostri eroi: si veniva curati, portati via dal porcile tante volte a fare passeggiate dai sempre più straniti maialai addetti al pastone, chiamati nel linguaggio aulico maialai alla cultura. Essi erano come i maialai di prima, ma in più avevano una qualità molto apprezzata nel piatto tempo recente: non capivano, erano gli ingegneri del non capire, testardi, che più non capivano più volevano far mangiare i propri porci, e buttavano copiosa la cultura nel trogolo, e li accompagnavano per boschi pensando che per loro fosse più adatto il mangiare naturale.
Venivano tanti a studiarli, il Vecchio Maiale e la Vecchia Maiala, anche perché stavano tanto tempo, seduti eleganti all’indiana, con le zampette posteriori incrociate, a parlare di Carmelo Bene, che i maialai alla cultura credevano e credono ancora sia un personaggio della loro immaginazione malata. Bisogna avvertire che qualche maligno sostiene che con la scusa dei maiali magri, gli studiosi vengano al porcile per studiare di nascosto i nuovi maialai alla cultura.
I nostri erano contenti: per non sfigurare con gli studiosi, li tenevano sempre lavati e li grattavano ovunque quando ce n’era bisogno. Addirittura li portavano ai convegni scientifici. Una volta anche per il cielo. Insomma, li trattavano come certi conigli di cui si leggeva nella letteratura porcghese, sempre a far party nei castelli, a ridere e farsi pettinare la cresta dalla loro principessa, che gli curava anche le unghie. Sticazzi. Ci fu uno scienziato che li chiamò porci anoressici, perché si era accorto che vomitavano appartati, dopo aver mangiato claustrale. Altri osservatori, per via che i due leggevano tanto, li definivano scherzosamente Maiali di Pordenone, ma essi non capivano la spiritosaggine, nonostante tutti intorno a loro ridessero. Il maialaio poeta, l’unico rimasto, Charles les Monnier, li prendeva in giro per la loro magrezza, cantando loro in rima baciata:
cari maiali se aveste più ciccia
troppo meglio verrebbe la salsiccia!
Insomma, rispetto agli altri della famiglia, sempre chiusi nella recensione, quella di uno dei soliti romanzetti da quattro soldi, camera e cucina in un quartiere di periferia degradata, i due maiali burberi facevano bella vita. In più avevano un’anima sociale, si informavano, partecipavano. Però si incupivano, venendo per esempio a sapere dagli approfondimenti giornalistici di porca a porca che la magistratura era corrotta, che si doveva faticare assai per trovare un giusto processo, che le inchieste sui potenti finivano tutte alla procura romana, detta il porco delle nebbie. Allora si estraniavano, cercavano di rifugiarsi negli svaghi. Vacanze? Ultimamente in porcogallo, porcocervo, porcovenere. Tempo libero? La sera il Vecchio Maiale e la Vecchia Maiala andavano spesso al cinema. Il film basilare della cinematografia sovvenzionatoria era “ Fronte del porco “. Ma a teatro, sopra di tutto da quando avevano messo il maialaio alla cultura ingegnere, non c’era verso andare, perché il teatro non era più burocratizzato come prima, anzi, era sì burocratizzato dagli umanisti, maanche, cretinizzato dagli scientifici. Gli mancava tanto il teatro, a lei, che il teatro veniva prima di ogni altra cosa, in maniera speciale un testo anglosassone, il pig malione. Alla fine si rifugiarono nella spiritualità: in teologia si riferivano alle teorie gianseniste di porc royal, maturando uno spirito fortemente ribelle e contestatario. Bastava guardarsi un po’ intorno: non c’era nulla che andava bene! Ne avevano parlato a lungo tra loro due e si erano messi in testa di fare una rimostranza. Un giorno, a fine pasto che prima non c’è verso farli ragionare, radunarono i porci e si misero a fargli un bel discorso: «la cultura ci danneggia, cari maiali, bisogna ribellarsi e smettere tutti insieme di pigliarla, tutto d’un colpo» ma gli altri della famiglia capivano poco del ragionamento, che non faceva che aumentare il disprezzo che provavano per i loro parenti snob. «Bisogna diventare esseri più spirituali, il morso della fama vedrete ci passerà presto» continuarono «nessuno di noi verrà più rastrellato e deportato dai maialai alla cultura, finiranno per lasciarci liberi di grufolare bellezza nel bosco dell’arte, in stato selvatico!» Ma gli altri si erano già tutti dispersi, pensando che gli attempati magri fossero impazziti a parlare in quel modo, che nel mondo c’era tanta fama e che c’era poco da snobbare il trogolo.
Quanto descritto allabellemmeglio successe tanto tempo fa. Il Vecchio Maiale e la Vecchio Maiala sono ancora vivi, in forma che vanno ancora in bicicletta, ma vivono nel porcile sempre più appartati e immalinconiti: non li si studia nemmeno più, li si considera esemplari rari, fenomeni, funamboli, straordinari, come a dire che è inutile prenderli a esempio. Ma in silenzio rimuginano, come fanno tutti i vecchi, non capiscono perché nessuno volle dargli retta a suo tempo, nella famiglia, nella quale continuarono a sparire esemplari grassi in quantità. Adesso che altro possono fare? Hanno amaramente preso coscienza che nessuno vuole protestare davvero, nessuno vuole fare lo sciopero della fama. In fondo la situazione va a tutti bene com’è, vogliono godersela, pur nella breve vita nella recensione del porcile. A nessuno dei loro simili interessa vivere veramente la bellezza fino in fondo, così pare. Si indignano, qualche volta, ma poi non fanno un cazzo. A proposito, il Vecchio Maiale si è anche stancato del sesso, e si apparta per conto suo tante volte a cantare: «Tutto il resto è gioia, no, non ho detto noia, ma gioia, gioia, gioia, maledetta gioia».