Vi dico che quando Benigni parlava la sua lingua, con metrica e suoni un po' inventati un po' riportati, era una Apocalisse espressiva. Dopo ha barattato quanto aveva di più originale con un italiano comprensibile, dai suoni assolutamente falsi, ed è diventato un fatto di cultura. Certo, rimane il suo corpo in dialetto, e tanto basta a collocarlo tra i comici grandissimi, Chaplin, Keaton, Totò, Troisi e pochi altri. Però è lecito domandarsi: come ha potuto, un artista del suo calibro, accettare di diventare più che altro un intrattenitore? Chi o cosa l'avrà costretto?
Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.
Di solito succede quando il successo ti riempie di tutto,di sazietà e stanchezza,fino a diventare la parodia di se stessi.
RispondiEliminaE' accaduto a tanti.
Scusai,una semplice considerazione,senza altri intenti.
RispondiEliminaIl Larry Massimo che conoscevo in quella polemica con Inglese era ironico,tagliente,divertente.
Leggendo gli ultimi suoi commenti,sempre ad un articolo dell'Inglès,l'ho trovata sottotono,specialmente con quell'appello alla redazione di NI ad intervenire col solito mentecatto che offendeva.
Scusi ancora dell'annotazione.
Johnny l'ho notato anche io di essere sottotono... ma non posso farci nulla, se non allontanarmi dalla volgarità più che posso, come ho sempre fatto. L'appello alla redazione è sarcastico, motivato dal fatto che pochi giorni fa fui riperso e censurato da Pinto perché avevo mandato gentilmente aff una signorina infervorata a bacchettarmi sulle mani e rieducarmi per via che non ero sulle sua cortezza d'onda. Sul successo non sono d'accordo, conosco bene la vicenda di cui parlo, non c'entra nulla. C'è qualcosa di altro, forse di esoterico, chissà...
RispondiEliminaè quello che mi chiedo anche io quando ragiono sulla penuria delle teste originali, mostruose, in letteratura, nello spettacolo, nel terracqueo. c'è una fiacchezza mozzafiato nelle arti. di chi sarà la colpa? non si appura. si può supporre della natura. oppure sostenere che c'è l'editoria morbosa, la bramosia degli autori, la rispettabilità, il successo, l'agiografia encomiastica... è vero. ma qui di 'grossi calibri' non ce n'è. io sono del parere che non si vive in un'epoca dove sia più possibile far vivere del massimalismo. a lei piaceva molto Benigni, io non posso ricordarlo diverso da come è adesso. l'unica scheggia del buon Benigni mi arriva da Fellini, l'ultimo gigante: nel suo ultimo film, La voce della luna, Benigni è stato grande nel suo personaggio. per capire la grandezza di quella recita bisogna leggere il romanzo da cui Fellini trasse il film: Il Poema dei lunatici di Cavazzoni. Benigni fu grande ad asportare il Savini di Cavazzoni, filtrarlo attraverso il testone sognante di Fellini, e inghiottire quel pastone colla SUA originalità artistica. farlo proprio, di Benigni, dare una capienza fisica a quella mandria di lavorazioni... capire e agire. ed imprimere il proprio corpo nella pellicola. Benigni non si burattinizzò sotto la fantasmagoria felliniana. gliene va dato atto.
RispondiEliminaSulla Apocalisse espressiva, si torna al nodo. e noi non abbiamo pettini. ciò che rimane è un Benigni da macchietta, quello che c'è ora. e burattino di tante cose...
Per Benigni non saprei,quindi non aggiungo altro,vedo che lei è più informato,so che spesso più in generale il successo spegne molti ardori.
RispondiEliminaSe potesse dare qualche input in più....
Per il resto,la volgarità può esser combattuta solo con l'ironia,che è anche un modo per allontanarsene.
Non conoscevo l'episodio precedente,ma trovo strano che la redazione intervenga su queste cose.O meglio,trattandosi di NI,non lo è poi tanto...
Ruffini mi riferisco ai lontani anni '70, che furono anni incredibili dal punto di vista artistico. Si faceva il più bel teatro del mondo. Non sto esagerando. Mi riferisco ad artisti del calibro di Carmelo Bene, Leo e Perla, Eduardo, Carlo Cecchi, ma di nomi potrei farne altre decine, compreso Benigni (e l'immenso Victor Cavallo). A quei tempo davvero Benigni era una Apocalisse espressiva. Dopodiché, essendo il più bravo attore italiano, insieme a Troisi, non poteva che andare incontro al successo. Ma c'è modo e modo... Benigni è uno colto, che ha gusti " giusti ", che non ha una vita dispendiosa, del quale si stenta a credere sia straricco, come farebbero pensare i suoi presunti guadagni. E' uno che ha respinto offerte internazionali irrinunciabili, ma non a favore di un progetto artistico. Perché? Chi o cosa ha frenato la sua crescita artistica? Io penso da tempo che il successo in quanto tale vada trattato con qualche entità, che fa come da mediatore e da garante. Ho visto tante cose coi miei occhi. Altre le ho potute intuire. Ma non è ho la minima prova. Solo sentore...
RispondiEliminaJohnny l'ironia, il sarcasmo e l'umorismo io li coltivo da tanto tempo, a volte insieme ai più innovativi comici, ma è difficile esercitarli in certi contesti. Ne ho sempre concluso che un contesto che rifiuta l'umorismo è qualche cosa da cui stare il più possibile lontano. Vedremo