- Ore 8.40. Rigore, notoriamente, è quando arbitro fischia. Ma qualità, quand'è? Tutti sanno, anche chi non ha nessuna intenzione di leggere un libro in vita sua, che ci sono queste classifiche di qualità che fabbrica la ditta Pordenone Legge, attraverso una giuria composta da 200 cosiddetti grandi lettori. Ma siami (pl) sicuri sicuri che i modi con cui queste classifiche vengono prodotte siano a loro volta di qualità? E se non lo fossero, come potrebbero attribuire patenti di qualità? Non sarebbe, quella attribuita agli autori da loro scelti, solo una qualità apparente, uno smalto ulteriormente mortificante spalmato sulle marginalizzate opere che si vorrebbero invece mettere più vicine al centro, un simulacro di qualità utile a far comunque sovrastare i meccanismi della produzione di quantità, ma, in definitiva, i meccanismi oppressivi del sistema di produzione dominante?
-
- Stamani mi alleo con Brecht. Mi alzo e vado a prendere gli scritti teatrali (che piacevano anche a Carmelo Bene, il quale, artisticamente parlando, non fu affatto un dissacratore, ma solo uno che applicava i migliori risultati della scienza sperimentale dei maestri che lo avevano preceduto, dei quali fu massimo testimone; certo, inventando a sua volta...). Fatto.
- Ora la dico grossa. Se, secondo la figlia Lietta, uno dei dispiaceri più grossi della sua vita (di Giorgio Manganelli), è stato di non poter dire a Pasolini che scriveva male, che cosa, Manganelli stesso, si sarebbe oggi rammaricato di non poter dire ad alcuni critici che dicono di prenderlo a modello?
- Giorgio Manganelli fu, non solo a mio avviso, uno degli spiriti più magnificamente leggeri dell'ultimo secolo letterario e culturale. Ma questo lo si deduce dalla sua scrittura, non certo dalla letteratura critica su di lui, la quale si contraddice proprio a partire dalla scrittura (che vuol dire anche dal pensiero, non facciano i furbi parandosi dietro al fatto che non saper scrivere, al giorno di oggi, è una necessità dettata dal bisogno di sopravvivenza, che insomma, sarebbe solo un peccato veniale...).
- Apro gli scritti teatrali di Bertolt Brecht, PBE Einuadi, 1962. Vi cerco materiali a sostegno dei miei dubbi circa la non qualità del sistema di produzione dei fabbricatori della qualità. Pag 26: illudendosi di possedere un apparato che in realtà li possiede, essi difendono un apparato che non controllano più, che non è più - come essi continuano a credere – un mezzo che serve i produttori intellettuali, ma un mezzo che si rivolge contro di essi, contro la loro produzione (quando cioè questa produzione persegue tendenze proprie, nuove, non corrispondenti o addirittura contrarie a quelle dell'apparato). Essi sono ridotti allo stato di fornitori. Il valore della loro produzione finisce per essere misurato a una scala che ha per base la nozione della smerciabilità. Da qui l'uso invalso di esaminare ogni opera d'arte sotto l'aspetto della sua convenienza all'apparato, e di non preoccuparsi se l'apparato sia, o no, conveniente all'opera d'arte. Si dice: “ questa o quell'opera è buona “; e s'intende senza dirlo: “ buona per l'apparato “. Ma quest'apparato è determinato dalla società esistente, e assimila solo ciò che gli permette di sussistere in questa società. Si potrà dunque discutere di tutte le novità che non abbiano un carattere minaccioso per le funzioni sociali di quest'apparato, quella cioè del divertimento serale. Non si potrà invece discutere di tutte quelle novità che tendono a fargli mutare funzione, vale a dire situare diversamente l'apparato nella società, per esempio connettendolo alle istituzioni d'insegnamento o ai grandi organi di pubblicazione. Attraverso l'apparato la società assimila ciò che le serve per riprodursi. Così, nel migliore dei casi, l'apparato lascerà passare una “ novità “, che porti al rinnovamento, ma non mai al cambiamento della società esistente, buona o cattiva che sia la forma di questa società.
- I più evoluti non pensano nemmeno a cambiare l'apparato, perché sono convinti di avere a disposizione un apparato che serve ciò che essi liberamente inventano, un apparato, dunque, che si trasforma da sé con ogni loro nuovo pensiero. Il fatto è che la loro invenzione non è libera: l'apparato adempie la propria funzione con loro o senza di loro, i teatri lavorano ogni sera, i giornali escono x volte al giorno; essi assimilano ciò di cui hanno bisogno; e hanno semplicemente bisogno di una certa quantità di materiale (nota fondo pagina: I produttori, invece, sono totalmente condizionati dall'apparato, sia economicamente che socialmente, esso monopolizza la loro azione, e i prodotti degli scrittori, dei compositori, dei critici, assumono sempre più il carattere di materia prima. Il prodotto finito è quello che esce dall'apparato).
- Fanculo a Brecht, che altro posso dire io? Ore 9.32, pubblico sul blog, poi vado a fumare. Ps: il libro di Brecht è di 241 pagine...
Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.
mercoledì 9 novembre 2011
Brecht certe cose le sapeva. Sulle classifiche Pordenone legge.
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Nel 1936, nell'occasione dei funerali di Gor'kii, André Gide passò dei
RispondiEliminagiorni a visitare l'URSS, in compagnia di altri scrittori stranieri
(Jef Last, Guilloux, Herbart, Schiffrin, and Eugène Dabit). Una volta
a Parigi, pubblicò le sue impressioni nel Retour de l’URSS. Mentre
apprezza qualche progresso fatto nell'URSS, Gide critica la condizione
del "nuovo uomo sovietico", che dipinge come uno altamente
indottrinato e incapace di esprimere opinioni personali. In
particolare, insiste sul condividere in modo meccanico, da parte del
popolo Sovietico, la linea del partito. Nella parte finale del suo
libro, Gide parla della questione della scrittura artistica nell'URSS,
usando un discorso mai tenuto (preparato per l'incontro con gli
scrittori e studenti di Leningrado, ma respinto dalla censura). Il
punto chiave di Gide, come espresso in quel discorso mai tenuto, era
quello di invitare gli scrittori a evitare i luoghi comuni nella loro
scrittura e di spingerli a essere critici, e, visto che la Rivoluzione
era già vittoriosa, di mettersi contro la corrente. In seguito una
quotazione (in traduzione inglese).
“ It is important to realise that the essential value of a work of
art, the quality that will ensure its survival, never lies in a
conformist adherence to a doctrine, be that doctrine the soundest and
the surest possible; but rather in formulating questions that
forestall the future’s, and answers to questions that have not yet
been formulated. […] I wonder with some anxiety whether perhaps in
this great Soviet Union there may not be vegetating obscurely, unknown
to the crowd, some Baudelaire, some Keats, or some Rimbaud, who by
very reason of his worth cannot make himself heard. And yet he, of all
others, is the one who is of importance, for those who at first
disdained, like Rimbaud, Keats, Baudelaire and even Stendhal, are
those who to-morrow will be the greatest.”
Contadina senza terra
Non per dire. Ma le centurie son sb(a)r(a)cate puro allisceo. Mentre la prof ne mortificava una vivisezionandola (ha usato il termine "simulacro" ben due volte) qui, dagli ultimi banchi, una compagna me lo massaggiava: ke palle 'sto mngnlli :/!!! [Che sega, ragazzi!:))]
RispondiEliminailMatt., lez ghet fisicoll fisicoll
Insomma, io non so se ho capito bene quello che dice il Brecht... pare che abbia detto che "Siamo sicuri che a Pordenone sanno leggere?" e poi, ammesso che sappiano leggere, "Siamo sicuri che si deve leggere pure oggi come hanno imparato a leggere ieri?".
RispondiEliminaIo ho capito così... sennò si farà finta di passar per bischeri come disse un vigile ché a me quando mi parlano così, con tutto il rispetto, mi pare che mi fanno la supercazzola...