Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.

giovedì 30 dicembre 2010

Da Lucio Dalla una lezione di stile a chi non ha capelli


Io stimo Lucio Dalla non solo perché canta e scrive belle canzoni. Lo stimo anche perché porta parrucche brutte. Ciò più di tutto testimonia sul fatto che non è una persona banale. Se lo fosse  porterebbe parrucche belle, o, ancora peggio, non porterebbe la parrucca.

venerdì 24 dicembre 2010

Epistola a Babbo Natale

Caro Babbo Natale
 
ti scrivo questa letterina di malcontento che spero non ti offenda troppo. Noi ci conosciamo da tanti anni e sai bene  che non è mia abitudine prendermela coi vecchi. Però certe volte, come si dice, le strappate dalle mani... Sono lustri e lustri che si discute con la base di fare la ridistribuzione dei doni. Riunioni su riunioni, alle quali partecipi anche  emotivamente, durante le quali fai promesse su promesse.  E invece, alla fine, va sempre peggio: porti sempre  di più a chi ha di più e sempre  di meno a chi ha di meno. Che ti devo dire? Ma vaffanculo, Babbo Natale!

martedì 21 dicembre 2010

Larry Massino lucidaparole artigianale: lucidata parola " centro "



Nu vulévam savuar... nu, ca sèm doie, i’ cu l’amèco mèu,... vulevam savuar, per andare dove dobbiamo andare... addu sta lu centru?! Diritto,  sinistra, destra? Democrazia, socialismo o liberismo?


Appunto, a prescindere dalla sempre simpatica politica, nel paesaggio contemporaneo, cos'è il centro? Dov’è il centro? Nella nostra società, come si stabilisce chi sta al centro e chi in periferia? Ci vorrebbe qualcosa come un filosofo politologo biologo urbanista, un geografo dell'immaginario, ma anche un qualunque barbiere di Chieti provincia, che queste cose le sa bene. Seduti i fascisti: ho detto barbiere, no barbarie... (dato che il blog è letto da qualcuno all’estero, anche alcuni amici e conoscenti non di madrelingua italiana, metto in coda la traduzione dal dialettale più o meno credibile all’italiano, più o meno credibile lo stesso...)


C' stanno, caro amèco mèu Lèrre, doie scòle d' pansàre: ‘na scòla dic’ ka lu cèntr  sta addov' s' arrappresent' lu vivere; l’atra scòla dic’ ka sta addove s’ avvìve. Avete capito o vi debbo fare nu disegno 'dint' 'o specch'? Ca stamattina ma sambràt nu pòcc' addormit'. Lu cèntr  sta  addo’ stann assai le mèrc’, li sòrd e lu pòpulo: a lu mercat'. P’ chistu fatt’ ‘a piazz ‘o mercat' è ‘a piazz ‘u pòpulo, ka ce sta ‘arrimast 'a ‘nnérgia, pùr dòpp sècul'. Apprèss, lu cèntr sta addov vuoje 'stess v’amùzionat: ‘nto lètt vuòst, pa asèmbio, quann vuoje 'stess facét àmmore, ‘n gòpp a là sta lu cèntr.


Ma  a lu cèntr  di kist città ammuodèrn’, ka dic’n stòr’co, killo nu nìè nu cèntr  veràmento, pcché è ‘na rappr’sentazion... so’ lor’istess ka ce vann p’ di’ ka so’ lu cèntr, ma nun è accussì, so’ ‘na minoranza ‘littaria, salàzionata assaje. A lu mercat, ‘nvec’, tutt ‘o popol ce va, puro quann nu tèn ‘na lira ‘nt ‘a tasc. Ka pò, nu tèng na lira oggi, nu teng na’ lira addimàne, nu poss compra’ nu cazz, allora m’appicc’, m’arrivuòrt, arrovesc’ li bànc! E consacuetemente, maèstre Lèrre, a lu mercat’ se vèn  a ’ncumincià  la lott de class, che starebbe cumm’a dire alecante, comm’ dit sèmp vuoje: tra kill ka teng’n ‘ ’i ccòs’ e kill ka nu teng’n nu cazz!


Ci sono, caro amico mio Larry, due scuole di pensiero: una scuola dice che il centro  sta dove si rappresenta il vivere; l’altra scuola dice che il centro sta dove si vive. Avete capito o vi debbo fare un disegno dentro lo  specchio? Che stamattina mi sembrate un poco addormentato! Il centro sta dove sono in quantità le merci, i soldi, il popolo: al mercato. Per questo, la piazza del mercato è la piazza del popolo, perché c’è rimasta l’energia, anche dopo secoli. Dopo,  amico mio Larry,  il centro sta dove voi stesso vi emozionate: nel vostro letto, per esempio, quando state facendo l’amore, lì sta il centro.


Ma  al centro di queste città moderne, che dicono storico, quello non è il centro veramente, perché è una rappresentazione... sono loro stessi che ci vanno per dire che sono il centro socialmente parlando, ma non è così, sono una minoranza elitaria, assi selezionata.  Al mercato, invece, ci va tutto il popolo, anche quando non ha una lira in tasca. Che poi, non ho un lira oggi non ho una lira domani, non posso comprare niente, e allora  mi scaldo, mi rivolto, rovescio i banchi. E conseguentemente, maestro Larry, al mercato inizia la lotta di classe, che starebbe a dire elegante, come dite sempre voi: tra quelli che hanno le cose e quelli che non le hanno
 

lunedì 20 dicembre 2010

Gasparri s'è perso un'altra volta!

    'un lo  so di chi è, ma su questo pòste ci vòle questo

Dal minuscolo inviato speciale del MassinoNews nel cervello di Gasparri: ” Già, non ci avevo pensato prima, che so' capogruppo: perché nun favorì le manifestazioni negli stadi?! Così me fanno anco ministro! Se potrebbero mette'  servizi de tipo nòvo come trasporti allo stadio, tipo che  se pijano casa pe’  casa, sti belli manifestanti, puro de notte, e s’ accompagnéno aggratisse allo stadio della manifestazione, che pe’ mejo garantì la  sicurezza dev’esse’ tutto accircondato di sordati e fili spinati, per impedire a eventuali manifestanti de la parte avversa d’aggredì li manifestanti già in azione e riflessione, che vanno da èsse' protetti 'n tutti li modi nell’opinione. Così, come se fece 'n Cile, se potrebbàno fa’, a favore de le più mejo lotte per la libertà, anche manifestazioni che duréno annità “. Fine prematura della cronaca: il pur minuscolo inviato è dovuto uscire  di prescia dal cervello di Gasparri, perché sta strettissimo, come è normale per lui lavorando nel cervello dei politici italiani;  ma qui  non riesce proprio  a respirare, perché oltre a mancare lo spazio, manca del tutto l'ossigeno.  D’altra parte, il noto politico,
zuzzerellone, si è appena avvicinato a uno stangone,   mezzo nudo sotto a un maglione, che gli si vede tutto il maniglione:  " Mi scusi, bella signora, volevo sapere, per andare nel posto da dove devo da andare, per da dove devo da andare? Mi sono spiegato? "

Larry Svizzero

domenica 19 dicembre 2010

Caro Contadino Vi scrivo

 giovanni fattori bovi bianchi



Avete ragione Voi, Contadino della sua terra, Vi ringrazio per riportarmi al melmoso: parlare di quello che parlano e vivono tutti quanti, alla fine alla fine, è più giusto, e anche più divertente. Inoltre, Voi lo sapete,  vorrei che qui si parlasse nella lingua che parlano tutti quanti, con la quale pensano, tutti quanti: il dialetto. Vorrei scrivessimo ognuno nel proprio stile e dialetto (ideoletto, da idiota...), mediando magari un po', come si fa sempre, ma senza fare troppi sconti ai passanti, che tanto non è che ci paga nessuno. I passanti, del resto, in questa piccola piazza, sarebbero invitati a fare commenti in dialetto ideoletto, cioè nella loro  lingua, nella loro  originale forma di pensiero, quali che siano, errori e tutto, tanto non c’è il professore che da’ i voti.


E' tornata la Vostra moglie? E' bello venire a  sapere che tanto l'amate. Passate 'na bbuona nottata.

sabato 18 dicembre 2010

Roberto Saviano e il suo pubblico per chi lavorano?

(ANSA) - ROMA, 11 OTT - I patrimoni detenuti dai privati nel mondo sono saliti del 72% negli ultimi 10 anni nonostante la crisi economica, afferma Credit Suisse. Ma le diseguaglianze, seppure in diminuzione grazie alla crescita di Cina e India, restano abissali. Appena l'1% della popolazione mondiale possiede il 43% delle ricchezze private. Alla base della piramide, il 50% delle persone detiene solo il 2%.

venerdì 17 dicembre 2010

Se vi danno le spalle non offendetevi troppo: Céline, Louis Ferdinand Destouches (no Destrouches...)


Andando ‘n giro pe’ rete, mi sono andato a guardare il sito su Céline Louis Ferdinand Destouches (no Destrouches...). Naturalmente il sito è molto infornato, lettere, documenti, articoli ecc. Senonché... fuori nevica e non ci ho ‘n cazzo da fa’ di meglio che stare  al caldo comodo buono sul divano a lavorare al computer. Il fatto che mi sto  comodo e con la schiena ammodulata e non diritta... già doverrebbe ‘nsospettir quarcheduno. Insomma, nella ignhome page del blog (celi?)ni(ni)ano, vi si trova un  articolo a difesa della razza nostrana, che attribuisce a  pensate imbarazzanti di Céline una supposta difesa della razza europea franco ariana. http://lf-celine.blogspot.com/2010/10/celine-e-il-dramma-biologico-della.html

Non mi incazzo più di tanto perché tanto lo so che queste schifezzerie strumentalizzatorie si fanno. Mi fa solo ispècie di averci trovato commenti di  commentatori che frequentano questo blog, in particolare Daniz, a cui in definitiva mi rivolgo, con il fegato intossicato  in mano, perché è nel suo blog che trovo l’invito di recarmi all’altro. Ma Céline... Céline  voleva difendere la lingua...era uno scrittore, non uno sterminatore...
 
A questo punto, giusto per chiarire che la penna che dà voce al ribelle Larry Massino è tenuta da un pinocchio vivo, isolato ma vivo... Il quale, altro non aspetta che un’umanità mischiata, possibilmente non asservita a nessun negrus. Il quale, altro non aspetta che un paese dei balocchi di  tutti i  popoli. Il quale, prova disgusto per la piega che ha preso la cultura di sinistra in questo paese, che è una vera palla al piede per il PD di D’Alema e Bersani, che nonostante tutto  stima, anche molto, considerandoli degli scienziati dai quali si farebbe fare una diagnosi e financo operare, non fidandosi di maghi e streghette. 
 
Perché sono un Pinocchio  di sinistra, perché faccio parte della famiglia socialista  per nascita. Della quale sinistra so che ci sono tante teste di cazzo, che quasi sempre sbagliano, che quasi sempre fanno accordi sottobanco con chiunque, anche accordi che favoriscono la loro personale carriera. Tante altre cose so. Ma è la mia gente, quella bandiera lì, quella rossa,  per me rappresenta ideali di libertà, tutto il contrario di quella nera, che rappresenta morte, morte, morte e autorità del mio  cazzo.

Céline è stato una delle più belle penne di sempre. Ciò non vuol dire che non abbia mai scritto o detto robe a portata di idioti, anche  non in  malafede, come tocca a tutti, come toccò anche a Nietzsche, che odiava gli antisemiti e gli imbecilli, che più di tutti odiava il tipo ariano... Céline fu leggero,  in certi articoli o in certe dichiarazioni che poi sarebbe da vedere quale registrazione o quale manoscritto veramente autografo  ce le confermerebbe. Ma come può esser stato razzista un uomo che ha sempre curato i poveri gratis? Tra i quali poveri, ovviamente, c’erano gli immigrati di tutte le etnie? Uno che attraverso i suoi scritti ha mostrato un amore davvero universale per i poveri, difendendoli dall’aggressione dei ricchi, cosa che lo mise in rotta di collisione coi potentati bancari ebraici (ciò non vuol dire che era antisemita, anzi, nel viaggio, che qualcuno dice che era il libro preferito da Stalin!,  fa sarcasmo violento contro l’antisemitismo e se ricordo bene anche contro il patriottismo... era solo incazzato perché lo avevano licenziato dalla società delle nazioni, 
per cui aveva lavorato 4 anni, dove lo aveva messo la fondazione Rockfeller...)
 
Il viaggio  «era un libro comunistoide per quel che vuol dire, era comunistoide – nemmeno i comunisti hanno capito niente – era comunistoide e c’era una novità di stile, vale a dire sempre lo stesso, vale a dire sempre lo stesso piccolo accorgimento di trasmettere l’emozione parlato attraverso lo scritto »

«Alla corte di Luigi XIV era assolutamente proibito parlare di politica; si poteva parlare di tutto ciò che si voleva, meno che  affrontare gli argomenti riservati al Re... nevvero, questo era impossibile, sennò era immediatamente la disgrazia e poi la Bastiglia. Ebbe’ i totem  così sono dappertutto,  allora, il povero scribacchino,  deve barcamenarsi per passare attraverso tutti questi scogli. Per esempio, qui ci sono le cricche, c’è la cricca del Figaro, la cricca del Goncourt,  la cricca dell’Accademia,  la cricca dei Trois Magots, la cricca dei pederasti, la cricca degli antiebrei, la cricca dei proebrei, la cricca eccetera dei gesuiti, la cricca dei cattolici, la cricca dei comunisti, la cricca dei... allora ciascuno ha il suo autore prediletto, e allora si esaltano, si esaltano nevvero enormemente i meriti di chi appartiene a una cricca e poi si ripudiano gli altri, gli si dice di tutto o non li si nomina affatto, nevvero, ecco, c’è un interdetto. Be’. Bah, evidentemente, in fondo tutti quelli che si occuperanno della letteratura di questo secolo, be’, hanno pochissima probabilità di vedere la verità perché la vedranno attraverso... attraverso... intanto i tempi saranno cambiati, allora le cose che appassionano attualmente  be’, oppure [non vorranno] dire più niente...»

«io sono nemico della violenza, ma per questo un mostro, perché l’uomo è naturalmente... ama la violenza ed è la sua vita »

Le citazione sono tratte da Céline polemiche edizioni Guanda 1995

mercoledì 15 dicembre 2010

Un sindaco in via di fallimento

Da maleducato quale sono voglio raccontare al mio pubblico una storia di Prato che gli scrittori  regolari pratesi, che hanno l'obbligo istituzionale di comportarsi bene, non vi diranno mai.  Credo di fare un piacere anche a loro. Dicesi scrittori pratesi regolari gli scrittori in rima  Edoardo Nesi e Sandro Veronesi, il primo giustamente assessore alla culturaprovinciale.

Vienghi a sapere, che le cose si vienghino sempre a sapere, che  il sindaco di Prato, nota a tutti come la città dei cenci,  è  in via di fallimento. Nel senso che l’azienda del sindaco di Prato è inistato fallimentare per quasi 200 milioni di debiti. L’azienda è la abbigliamentare Sasch, che ci hanno fatto duepallecosì a tutti quanti per anni anche a Miss Italia. Fattosta che la Sasch è in via di fallimento, non so a che numero. Speriamo entri in via di fallimento anche Miss Italia che mi sta antipatica.

Prato è la città con la maggiore concentrazione di cinesi di tutta Europa, un cinese ogni 5 abitanti (forse ogni quattro: per andare sul sicuro stiamo nel mezzo). I cinesi, secondo i pratesi che hanno eletto sindaco un imprenditore di destra, uno però simpatico che non è capace di parlare initaliano masoloindialetto, sarebbàno quelli che hanno distrutto la città ‘ndustriale co’ i’ la’oro sotto’osto. Lo dice anche la Lega Nord che fa i violantinaggi ungiornosieunono contro l’insediamento immigratorio nel  quartiere a maggiore presenza mandarina. 

Prato è una città brutta ma importante, non una città brutta a caso mettiamo come Latina. A Prato, per dire, è nato l’inventore dei debiti moderni. A Prato è nato l’inventore della loggia propaganda, che sarebbe  la P1 di cui nessuno mai parla: nella classificazione  si va da P2 in poi, chissà perché... il triumviro massone Giuseppe Mazzoni,  che se andate a Prato preciso in piazza del Duomo potrete omaggiare di persona, stante lui convitato in bianco proprio dirimpetto al pulpito di Michelozzo & Donatello, assolutamente sproporzionato,  in grandezza come in bellezza, lì con addosso il suo miserabile cappotto di panno marmoreo (nella foto), immagino  a sfidare la chiesa, soprattutto se  porporata. A Prato è nato Curzio Malaparte, uno scrittore più importante di quanto vogliono fra credere i letterati  di Latina, uno che diceva: “ tutta a prato va a finire la storia d’Italia e D’Europa: tutta a Prato, in stracci... A Prato, dove tutto viene a finire: la gloria, l’onore, la pietà, la superbia, la vanità del mondo “.  Prato, ahimé,  è anche considerata importante come città della curtura, nella quale il sonno della ragione genera mostre. Ma lasciamo perdere.

Succede, al contrario di quanto vi raccontano,  che i cinesi, il cui arrivo in
Pra'o è stato secondo me  politicamente pilotato, hanno portato ricchezza, in quella sfortunata cittadina posta dal fato geografico tra gli appennini  tosco emiliani e l'etruria  vera. Perché fanno confezione, cosa che gli impannatori pratesi  (dicesi impannatore uno che fa l'industriale senza avere fabbrica e nulla... come dicono i romani, uno che fa l'industriale con il culo degli altri...) non  facevano. E perché comprano e affittano case, i cinesacci, comprano auto anche delle massime cilindrate, come facevano una volta i finti industriali impannatori, fanno la spesa e tutte le altre cose che si fanno in una città, compreso, immagino, pagare le tasse comunali, anche sulle insegne pubblicitarie, che il sindaco di destra in via di fallimento che non sa parlare italiano ha vietato e fatto smontare dalla forza pubbri'a se  scritte in cinese. Ma nessuno sa, immagino,  se in cinese regolare o in cinese dialettale...

Succede, al contrario di quanto vi raccontano, che i cinesi irregolari sono i poveri, mentre quelli  ricchi fanno gli affaracci loro ben coperti da prestanome e da  fasci di banconote  che avvolgono qualunque razzismo  pratica pubblicitaria di ordine pubbri'o, fasci che, come chiunque potrebbe vedere se lo volesse, versano in banca trattati dagli impiegati come pascià. 
Mentre a te è assai se dicono buongiorno, in banca, per via che ti hanno prestato qualche migliaio e sanno che sopravvivi al di sopra dei tuoi mezzi... In genere si tratta di  donne giovani, alcune delle quali versano in una volta sola magari 100.000 euro tenuti in una borsetta infilata nel braccio, coll’altro a volte stringono un infante precario che sta buono buono, sarà l'effetto della precarietà valido a tutte l'etnie... Donne giovani regolari... quelli irregolari, invece... tirano 'nnanzi: qualcuno venderà droga, altri si prostituiscono, uno piuttosto giovane fa il barbone cinese e bestemmia sempre da solo camminando veloce sembra un personaggio di Kitano.

Quindi, per fare una sintesi stracciona, qualunque azione di ordine pubblico nei confronti dei cinesi non mira a eliminare l’ingiustizia del lavoro sottopagato e lo sfruttamento della manodopera, ma, di fatto, viene fatta in aiuto delle mafie cinesi, che tengono il banco e possono meglio ricattare i poveri lavoratori ai quali offrono protezione, a  prezzi sempre più alti. Per intendersi bene, i lavoratori arrivano in Italia a debito, 10, 20, 30 mila dollari, che scontano lavorando  sottocosto per le ricche mafie. Più o meno.

Non c’entra nulla ma lo dico lo stesso: i cinesi tra loro parlano solo di soldi: quanti soldi hai fatto, si domandano due cinesi quando si incontrano in Pra'o. Della cultura, della bellezza, del sociale, dei diritti,  non gliene frega niente. Quanti soldi hai fatto? Farà schifo ma è così. Ipocrisia zero. Del resto era lo stesso per gli immigrati meritiònali degli anni ’50 e ’60, ve lo assicuro da testimone diretto: lavoravano come ciuchi e non scioperavano mai, nemmeno quelli che  votavano comunista. Come i cinesi schiavizzati di ora, che tra loro ci dev'esser per forza anche qualche comunista.

Cinesi ne ho conosciuti pochi, e me ne rammarico. Ma gli è che gliènno diffidenti. Però rammèmoro che per  qualche settimana mi hanno frequentato i piccoli di una famiglia sempre occupata alle macchine da cucire, lavorante dirimpetto al mio capannone (o stanzone o maganzino se in taglie piccole) quello che i milanesi chiamano loft e pagano quanto un appartamento invece che quanto un rifiuto da riciclare, non più di un quinto.  I bimbi, la sorellina più o meno ottènne e il maschietto quattrènne, salivano da soli le scale e socchiudevano appena la porta, sbirciando dentro di sotterfugio, ben accolti dal cagnone di casa,  un bischeraccio di cane che cercava solo compagnia da chiunque e dunque si avvicinava a qualunque rumor d’uscio sommesso, senza esercitare autorità vecepadronale alcuna. Il cànone infilava la testona nella fessura. I bimbi accarezzavano sempre più convinti. Il cànone li leccava nelle mani e anche in faccia. I bimbi ridevano e scappavano correndo per le scale dalla gioia. I bimbi e il cànone fecero amicizia, prima  separati dal portale, poi senza più nessuna reticenza, ricevendosi amabilmente anche per strada, dove si conducevano appena il cagno riusciva  a infilarsi interamente nel pertugio. Una volta riuscii ad avvicinarmi prima della fuga di tutti e tre, e  invitai i bimbi a entrare per offrir loro qualcosa. Timidi. Accompagnati dall'animale, forse il loro primo amico italiano seriamente affezionato,  girellarono  in qua e in là per gli oltre mille metri quadri quasi completamente deserti e vuoti come sanno esser solo i palcoscenici,  e in ogni caso privi di macchine da cucire. Non riuscivano a crederci, i bimbi,  che potesse esistere un capannone privo di macchine da cucire adoperate a randola da loro simili adulti. Ridevano, anche senza scappare non riuscivano a trattenere il riso. Per un po’ vennero a ridere quasi tutti i giorni. Poi sparirono. Infine, Diovolendo,  sparii  anche io, pure senza riuscire a trattenere il riso, vicino addirittura a morire dal ridere.

Ora, il fatto è, fa ridere abbastanza anche lui, anzi, è roba fa far schiantare dal ridere una città intera, che l’imprenditore sinda'o di Pra'o che parla solo in dialetto, che garantisco  è simpati'o che avrebbe anche potuto fare il bravo caratterista nell’anti'o  varietà avanspettacolare, che ' su' 'oncittadini pare l’abbino eletto pe' manifestare  rabbia contro la sempiterna amministrazione di sinistra, che aveva ininterrottamente governato da i'  dopoguerra, che secondo loro nulla aveva fatto contro l’invasione degli ultragialli... ma  la su' ditta, de' sinda'o,  la Sasch, è in via di fallimento perché un imprenditore cinese ha fatto l’istanza al tribunale in quanto creditore. A voi vi  fa ridere?

Ps: Roberto Benigni gli è di Pra'o, ma anche lui nati'o d'un artro 'ontinente, Arezzo. Infatti, il prossimo grande comi'o 'taliano sarà anche lui un pratese d' un artro 'ontinente: Cina.

Ps2: io ho finito, a me mi sembra un be' lavoro!












lunedì 13 dicembre 2010

Victor Cavallo ITEM 3


Caro Massimo, se questa qualità narrativa in Italia  è ancora nel limbo, avòja de scrive' l'epistole all'editori!  Puro li lettori, epperò,  se so' rimbambiti...

Item 3

Fase 4 scena Uno

Ero solo sui tapis roulants che portano alla stazione Ostiense a piazzale dei partigiani un tempo una giornata particolare piazzale Hitler. Qualche mese fa qui hanno accoltellato uno scellerato barbone. Vestiti e spiccioli. Prima anche vendevano sigarette monopol e la notte attorno al bar i tassinari falsi giocano a zecchinetta. Ero proprio solo e intorno i colori ai muri lo scorrere lento l'odore di immobilità. Era tutto diritto e grigiastro come una divisa sporca, tutto dritto, invece era una curva di solitudine sociale. Se ne veniva fuori persino. Mentre pioveva e i nomi delle strade erano sempre più assurdi e una fogna immensa impediva d'arrivare al giornalaio e il bar di fronte puzzava di paglia bagnata che era poi la stessa puzza dei tramezzini. Come pioveva. Un mio amico quando è così dice "tempo da poeti" ma no era di più e di meno insieme come sempre quando qualcosa sembra. E' arrivato un romano zoppo e vivace come un ragazzino, io ero seduto sotto la pioggia che diventava gnagnarella e bagnava il messaggero, il giornale. Dice ma tu nun sei piripì piripé e così e cosà nun t'aricordi quella vorta ar fico ecc. Si chiamava Roberto e diceva soprattutto questo io bevo e pippo la donna m'ha lasciato e quando qualcuno tradisce una volta tradisce sempre. Vuoi una sigaretta cubana me l'ha data una bella fica che te bevi? Damme un consiglio. Lentamente smosciava la pioggia che invece prima aveva ripreso a bestia. Lentamente veniva fuori un grigio come da sotto le ascelle degli sfortunati, intendo un camminare che senza che me ne accorgessi diventava malignamente ancora una volta tapis roulante. Il premio era un avocado duro e stasera che faccio e una voragine che faceva scomparire ogni cosa, per dire certo, perché la stazione dei treni era lì, ferma, col suo orologio fermo, poetico, rotto. Qualcuno s'era alzato di colpo dalla panchina e gridava: se fosse solitudine se fosse solitudine. Allora? C'era uno lì seduto il padrone di un kioskobar e presidente dei pastai e capo dei commercianti e non so che cazzo altro io scherzavo che dicevo che era il capo di tutto, grasso, bei giubbotti, un motorino nuovo a settimana, romanista e mi urlava: ma che cazzo vonno sti laziali. Io sorridevo come un guidabus che dimentica la strada. Già lui era a capo di una association credo di nome XXX e chiacchieravamo spesso insieme di calcio e dei vecchi quartieri, lì c'era quello, lì c'era questo. Sapeva tutto e inoltre al tavolino non mi faceva pagare la differenza. La moglie sempre in grembiule celeste. Lui viene e va, telefonina, firma assegni cambiali non lo so. E' un kiosko vicino alla curva del tram numero trenta, lì gira piano e si riposa al capolinea come un tonno ubriaco, come me. Per essere così, sia come curva che come tonno ci vuole qualche morto alle spalle, davanti cioè Mi disse: non si possono scegliere sempre le strade che vuoi d'un tratto sei a collatino e sei a collatino poi a tiburtino poi a casilino poi sulla tuscolana a piazza irnerio alla piramide al baretto ti sembra disse d'essere come al centro di una rosa (era un mercatino dove vendevano scatarri e marlboro cattive) invece l'indirizzo se cerchi scaldabagni usati o il pullman per velletri il bus per lo stadio la salita verso la farmacia la discesa per il tabaccai l'infinita tremolante pianura di via palmiro togliatti l'osteriola da puppo anche se vuoi andare non so cazzo dove tipo cacciatore di nuvole (ebbene ebbene l'incalzavo io allora insomma in finale che? che la geografia é più o meno crudele della storia matematica biologia scarpe di lusso padiglione maxifaccillo trapani disastri sfratti città senza mura) disse non vorrei essere subculturalmente pomeridiano, ma sei in un luogo e vai in un luogo. E' un'illusione cretina essere ansiosi per felicità, essere cattivi è meglio, rinunciare ai saluti, stare da soli come i gatti contropelo, visto e vidimato che ogni luogo é luogo, non scherzo più. Cazzo. Dalla finestra intesi una ragazza che chiamava Maurizio e come se niente fosse m'ero comprato una scatola di riso con sopra disegnata una bella mondina. Stasera all'olimpico gioca la Roma e lei disse se continui a fantasticare tournee in finlandia ti stacco le palle. Rideva e aveva gli occhi come i fuochi d'artificio finali. No. Non scherzo più. Né piattole giganti né bruscolini rosa. Correrò scosso il palio ascolterò zucchine foglie e radio solo musica italiana. Mi disse che il mio era un rocchettone destinato a mai sciogliersi. Non domani é un altro giorno oggi é un altro giorno. Le dissi si. Le vedevo diventare sempre più vane le littles illusioni quotidiane le cupole il giornale i calmanti gli eccitanti le voci lontane come se m'amassero di più perché non c'ero più. Di notte d'improvviso mi cucinai riso e zucchine. Sapevo di scendere e salire dimenticare e ricordare e possedevo un serramanico terribile (io un passeretto)......

pubblicato per gentile concessione di internet, non me ne voglia chi è proprietario dei diritti, presumo emiliano, a cui mando un abbraccio comunque, anche se si dovesse incazzare ma non credo.
     

domenica 12 dicembre 2010

Non nominare il nome di Zeman invano


E’ repudiano chi conosce e chi denuncia il malestro, o più il malefizio, non già chi l’ha premeditato e posto ad atto. Il quo modo e il qua re sarà veduto a’ capituli che seguono. Te t’hai a legger di Giacomo, dico del gran conte Liopardo, a’ Pensieri, I, verso i’ ffine: «Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.» (Gadda, eros e priapo)

venerdì 10 dicembre 2010

Se gli studenti difendono lo status quo siamo alla fine

Lo sapete, non mi piace scrivere le parolacce (dirle invece mi piace abbastanza), ma quando ci vuole ci vuole. Cazzo! Come si fa a far diventare la prima della Scala simbolo di civiltà culturale contro la barbarie governativa?! Che sinistra è questa! La Scala è il simbolo di quella borghesia meneghina del fare  il cui rappresentante più visibile è Silvio Berlusconi, il quale, del resto, non ce l’ha affatto con la cultura, visto che produce o distribuisce almeno la metà degli artisti italiani attraverso le sue imprese. E’ chiaro che la Scala fa parte della cultura, ma è anche il simbolo del potere borghese industriale  e dello status quo, cazzo! Se la sinistra usa come simbolo la prima della Scala vuol dire che è diventata conservatrice, che non è più sinistra, che non ha nulla a che fare con le masse popolari, con  le lotte per i diritti dei lavoratori, con la promozione e  produzione di socialità, quella che stava a cuore a Pasolini,  a favore delle classi  meno privilegiate. Se voi fate coincidere le lotte per i fondi alla cultura   con la prima della Scala, mandate un messaggio conservativo, a favore dei privilegiati. La Scala, la cultura  e il privilegio sono la stessa cosa: questo è il messaggio che mandate.  I più disagiati faranno 2 + 2 e voteranno i partiti populisti, faranno ulteriori danni a tutti noi, chissenefrega se di destra o di sinistra.  La cultura, cari manifestanti e intellettuali animebelle,  in Italia non è la somma dei saperi e delle pratiche artistiche, ma una loro vile selezione, fatta da  chi comanda a fini di consolidamento comandativo (di destra e di sinistra, ma sarebbe più semplice dire comandativo  massonico).


La verità, temo,  è che finché non ci si disfa di questa cazzodicultura, ben selezionata da personale massonico, non ci sarà modo in nessuna maniera di fare qualche cosa di veramente progressista in questo paese. Ma come cazzosifa a manifestare per difendere lo status quo?! Scusatemi per lo sfogo.







lunedì 6 dicembre 2010

Libertà dall'informazione?

 
Ho da poco appreso che il linguista Tullio De Mauro, parlando degli italiani, afferma che  “il 66 per cento non è nella condizione di leggere un quotidiano.” Questa, se è vera, è una  notizia che conforta: il 66 per cento degli italiani sarebbero già nella condizione di non farsi  fregare dai giornali e dai giornalisti! Sarebbe troppo bello... Se gli italiani imparassero  a non essere in condizione nemmeno  di guardare i telegiornali, la tv in genere, sarebbe perfetto. Stando così le cose, infatti, la vera libertà di informazione consiste nel non informarsi affatto.