Giovane scrittore in cerca di prima occupazione nella nuova Cultural Valley di Prato
Fermi tutti. La vittoria al premio Strega del bravo Edoardo Nesi, dopo quella di Antonio Pennacchi, ci dice un sacco di cose sul futuro dell'Italia, i cui reprobi di una volta, i fascisti e gli industriali, hanno finalmente conquistato il centro della scena, riproponendosi, uguale ai peperoni, come i veri soggetti della storia d'Italia.
Primaditutto devo fare una preghiera al politico italiano che stimo di più, Massimo D'Alema (ci ho i mii limitismi!). Se si permetterà di esaltare le doti letterarie di Nesi, come fece venialmente qualche tempo fa con la leggera Silvia Avallone, che l'anno scorso di questi tempi si vendeva finanche negli autogrill (OH! IL LIBRO!), lo degrado; e nella mia autorevole classifica di politici lo metto dietro all'ultimo della classe, Veltroni.
La classe, giusto la classe. Non si tratta dell'eleganza, che Nesi ritiene di possedere per ragioni di casta. Più o meno. Si tratta invece della classe sociale nella quale egli si colloca senza senso di colpa alcuno, la più discutibile di tutte, quella dei piccoli e medi imprenditori italiani, in questo caso pratesi, la stessa classe che in decenni favorevoli ha depredato gran parte della ricchezza prodotta dalle loro sgangherate e sottocapitalizzate aziende, nelle quali i padroni, scendendo retoricamente nel piazzale insieme ai loro operai, con la scusa del fare più in fretta, scaricavano il camion delle pezze e dei filati, costringendoci tutti a epopizzarli come padroni umani che si rimboccavano le maniche... Aziende che furono invece favorite nel mercato internazionale da misteriosi accordi di scambio con gli americani liberatori, altrimenti hai voglia a tirarti su le maniche... territorio per basi militari concessi dallo Stato Repubblicano contro spazi economici nei quali collocare le loro modeste merci, a Prato frutto di un antesignano riciclo di rifiuti, polverosi stracci provenienti da chissà dove, dannosissimi per i poveri addetti alla cernita e al carbonizzo, che come minimo respiravano male, per permettere ai loro padroni buoni, famigli compresi, di respirare brezza marina sulle terrazze della Capannina del Forte dei Marmi, nonché sperperare patrimoni in macchine e puttane (andò tutto bene finché Bush senior non decise di fare degli accordi commerciali coi cinesi, forse anche coi messicani e brasiliani, non ricordo, ma non i brasiliani coraggiosi che frequentano la notte certi imprenditori pratesi di mia personale conoscenza. No... Quelli degli accordi commerciali con gli americani sono brasiliani meno creativi, e meno trasgressivi).
La classe (in senso sociale) sulla quale hanno potuto contare gli imprenditori pratesi è stata quella dei poveracci, operai e artigiani, che garantivano all'irriproducibile sistema economico la necessaria elasticità (flessibilità) a costo zero, lavorando sedici ore, quando necessario all'evasione degli ordini, anche di sabato e domenica (la chiesa chiudeva massonicamente gli occhi...), accontentandosi delle normali otto, o di nulla, quando c'era crisi (o di chiudere, rottamare i macchinari e cambiar mestiere, lasciando ai poveri imprenditori i grandiosi fondi europei arrivati in città negli anni '80 e '90 al fine di sostenere una riconversione economica, che però non c'è stata, ma i fondi per miliardi di euro non si sa chi se li è fregati... che B. ancora non c'era...). Sono stati i poveri, insomma, i relativamente poveri, quelli più in giù nella gerarchia sociale, gli artigiani autoctoni e gli operai marocchini (così venivano appellati i meridionli immigrati da quelli della classe di Nesi, spero non da lui e dai suoi liberali familiari, che più o meno ho conosciuto come bravissime e belle persone, a partire dal fantastico suocero, Sergio Carpini, uno che somigliava a Louis de Funes sia nel fisico che nel temperamento), a sostenere il magnifico tenore di vita degli imprenditori in generale che da sempre esalta Nesi, sbagliando, anche in questa premiata romanzeria; compreso il tenore di vita degli impannatori, sorta di industriali con il culo degli altri, li definirebbero i romani, perché evadono(evano) gli ordini commerciali di comuni tessuti appoggiandosi a numerosi opifici - nei quali le pezze trottola(va)no spostandosi da uno all'altro senza soste, come telecomandate, per ricevere in ognuno una parte di cura - senza possederne alcuno, spesso nemmeno un pur misero ufficio commerciale, sostituito dalla macchinona che esibivano per farsi grossi, in genere una Mercedes nuova fiammante da 3000 in su.
Un giorno, mi sembra metà anni '80, un mio compagno di studi, un a quei tempi promettentissimo filosofo economista, Piero Ganugi, mi invitò alla presentazione di una sua ricerca sull'economia cittadina, che gli avevano commissionato il Comune e il sindacato (così mi pare di ricordare), che si teneva in pompa e magna nel salone comunale. Nella ricerca risultava, appunto, che il 90% degli investimenti in tecnologia, che voleva dire macchinari, veniva fatto da aziende artigiane. Un dato clamoroso, che veniva incontro alla mia giovanilistica vena bellicosa di rovesciatore di 'gni 'osa. Domandai a Piero perché il sindaco comunista nostro compagno, o i vertici dei sindacati, non facessero polemica con gli industriali a partire da questo micidiale dato. Allargò le braccia: io sono uno scienziato e fornisco dati certi, loro, se vogliono, ne traggano le conclusioni politiche. Se vogliono...
Domani, penso, analizzerò gli effetti benefici di questo libro sincero su tutta la filiera degli aspiranti scrittori, anche degli aspiranti brasiliani coi quali passano parte della notte certi simpatici imprenditori pratesi che conosco io. In particolare, nei prossimi giorni, analizzerò la fantastica idea di Edoardo Nesi, che pare una persona autoironica, simpatica e intelligente, di fare di Prato una Cultural Valley, a partire dalla fondazione del più grande opificio letterario del mondo, destinato a fornire manufatti narrativi a tutti i continenti per i prossimi decenni. E ci ha ragione, Nesi (o forse lo penso io e lo attribuisco a lui per dargli più peso?), anche quando dice che tutti gli scrittori dovrebbero scrivere su Prato il loro romanzo di formazione. I migliori, aggiungo di mia iniziativa, dovrebbero scrivere su Prato anche il loro romanzo della maturità. Ché tutta a Prato va a finire la storia d'Italia e del mondo, non più in stracci, ma in romanzi. Prato, che per la letteratura sarà la Dublino del nuovo millennio.
Eliot: il pubblico vuole soltanto un po' di spogliarello, ma quel che conta è ciò che riusciamo a fare alle sue spalle.
RispondiEliminaSignor Massino, si rende conto di parlarsi addosso oppure no? che alone di mistero attorno alle sue parole! qui succede questo, là succede quell'altro, le pezze, le trottole... prima di tutto le chiedo è un articolo di letteratura o di bassa politica? forse la seconda, perché mi pare che lei non avrà nemmeno letto il libro di Nesi, altrimenti ne parlerebbe con più rispetto visto che ha una evidente qualità letteraria. un romanzo che, come sa ma glielo ricordo, ha vinto anche il premio Strega che oggi tutti criticano con faciloneria( ma è lo stesso premio che hanno vinto Pavese, Flaiano, Moravia e tanti altri)oppure nella sua furia iconoclasta di mistero vorrebbe liquidare pure la storia dello Strega?
RispondiEliminaattaccare poi uno scrittore come Nesi in questo modo, basando le sue critiche alla classe d'appartenenza, al suo status di imprenditore... ma lei è mai uscito dalla Casa del popolo? scusi la brutalità, eh...
poi vorrei capire che cosa vuol dire la storia di Bush che fa accordi con i brasiliani più o meno tra(n)sgressivi? cosa insinua? forse che la media imprenditoria pratese va a sciusciarsi i soldi guadagnati col sudore dei poveri a letto coi trans brasiliani? è questo che vuole dire oppure è l'ennesima generalizzazione che devo leggere qui sopra al suo post ?
marco
Signor Marco
RispondiEliminami fa piacere che dopo sei mesi sia apparso un commento contestativo a questo post, e la ringrazio. Prima di tutto le dico che il libro l'ho letto, e che sono contentissimo abbia vinto il premio Strega. Per una ragione molto semplice: avendo io ambizioni letterarie, ma sapendo scrivere poco, come non cìè bisogno sottolineare, mi consolo che si può risultare ai vertici della letteratura nazionale scrivendo così banalmente, e, sopra di tutto, pensando così banalmente. Quanto alle generalizzazioni... Beh, potrei spiegarle che i cinesi a Prato hanno portato ricchezza, perché fanno confezione, cosa che a Prato non si faceva. Comprano e affittano case e capannoni, tenendo su il mercato immobiliare, che in momenti di crisi industriale come quella di Prato sarebbe destinato a crollare. Quindi dànno soldi ai pratesi... E poi consumano, come tutti. E comprano tante tante auto.
Il riferimento ai trans brasiliani - forse troppo marcato, ha ragione lei - è pura citazione di uno dei primi romanzi di Nesi, nel quale erano descritte le avventure dei giovani pratesi, secondo Nesi stesso assai adusi a certe pratiche notturne (ma non c'è niente di male, figuriamoci se sto a sindacare sui gusti sessuali di chicche e sia). Ma il riferimento era a una recensione forse di Angelo Guglielmi, che mi pare di ricordare definì un poveretto lo stesso Nesi (o qualcosa del genere, non ricordo bene, sono passati tanti anni). Forse non capì, Guglielmi, che la descrizione della vita dei suoi coetanei non coinvolgeva lo stesso Nesi.
Quello che ora noto è che in pochi, nel circo della critica, hanno parlato di questo libro risultato vincente al più importante concorso letterario. Di solito, per educazione, si parla poco di quello che non ci garba. Ne deduco che il romanzo è piaciuto a pochi. In rete, poi, non se ne parla affatto. L'unico che ne ha parlato (male, ma salvando la precedente produzione di Nesi) è stato Christian Raimo su Minima & Moralia. Ne aveva parlato anche Serino (che ha note tendenze agiografiche, o al contrario iconoclaste, perciò conta di meno) sul primo Satisfiction, bene, pubblicando un altro raccontino dello scrittore pratese, secondo me reazionario a dire poco.
Insomma, per concludere, questo è un articolo di letteratura. Ma la politica c'entra, eccome se c'entra. E c'entra il potere. Se non lo sa glielo dico io: Nesi fa l'assessore in provincia di Prato, in una giunta di centrosinistra. Ha ulteriori ambizioni politiche, visto che risulta essere uno dei sostenitori della candidatura nazionale del sinda'o novativo Matteo Renzi. Nesi stesso, a Prato, pare sia uno dei possibili candidati del centrosinistra per riconquistare il comune, adesso governato da una giunta di centrodestra, capitanata da un imprenditore tessile da poco dichiarato fallito. Chissà cjh coalizione ha in mente. Secondo me fa la fine di un altro premio Strega, che sceso in politica a Latina, vantando il sostegno di grandi nomi della politica nazionale, prese l'uno (1) per cento.
Dalla casa del popolo, Marco, sono uscito molto presto, ma, fatti i conti, vorrei non esserne mai uscito.
Marco, sono capitato per caso sulla recensione di Angelo Guglielmi. La metto qui, non solo a suo favore:
RispondiEliminaEdoardo Nesi, "Fughe da fermo"
Bompiani- i Libri di Panta, L.20000
"Marty ha un cellulare che intercetta le telefonate degli altri cellulari: basta premere dei tasti in un certo ordine e il suo cellulare diventa ricevente. Oggi abbiamo sentito una telefonata incredibile."
Ho letto "Fughe da fermo" con voracità e, a tratti, un certo disgusto. MI è di recente capitato di assistere ad un'intervista con l'autore (giovane), in cui costui spiega la motivazione che lo ha spinto a comporre la sua opera: voleva descrivere, più o meno minuziosamente, il tessuto quotidiano di un individuo altrettanto giovane la cui connotazione politica fosse inequivocabilmente di destra. Bene, io il libro l'avevo letto prima di vedere l'intervista e giuro di non essere assolutamente riuscito a cogliere nella lettura questo particolare, che anzi, data la sua importanza, non dovrebbe essere affatto considerato tale. Le vicende narrate nel libro affrontano effettivamente la vita quotidiana di un ragazzo immerso nella più che benestante provincia toscana, ma quello che ne vien fuori è il ritratto di un odiosissimo borghese e dei suoi insulsi e beceri amici, di un'esistenza annoiata, idiota, sadica, viziata e totalmente avulsa da qualsivoglia riferimento culturale che non sia quello che domina l'estetica del portatore sano di telefonino-macchinone-soldi in abbondanza sempre e comunque. Il protagonista ed i suoi amici godono nel violentare ed umiliare viados e puttane, nel fregare il prossimo così, senza una ragione precisa, nel progettare e mettere in atto attentati dimostrativi che non dimostrano proprio niente e, allo stesso tempo, consumarsi d'amore platonico per ideali ed irraggiungibili fanciulle che, ovviamente, di loro non ne vogliono sapere.
Leggendo "Fughe da fermo" ti fai una particolareggiatissima idea dell'esistenza di uno stupido coglione che prima o poi dovrà ricevere qualche mazzata dalla vita per sapere come ci si comporta, anche se non ti domandi affatto se l'ideologia di costui vada a parare da qualche parte (in effetti nel romanzo si parla di tutto tranne che di idee o dubbi e domina incontrastato il qualunquismo). Il fatto che Edoardo Nesi abbia manifestato l'intenzione di incentrare il suo primo romanzo su un giovane che DOVEVA essere di destra, mi rassicura in primis sul talento dell'autore, e poi mi svela che non mi sono mai sbagliato su una certa equivalenza politica/sociale con cui ho quasi sempre scelto le mie amicizie. Un particolare inquietante: sono numerosi i punti in cui la narrazione si fa così penetrante e personale da far pensare che, data la giovane età dell'autore e la sua relativa inesperienza letteraria, si tratti di vicende autobiografiche. Brrr...
Massino, la ringrazio per la risposta articolata e celere, non si faccia dispiacere però se resto della mia idea per quanto concerne la qualità letteraria del libro di Nesi che non mi è apparso affatto banale.
RispondiEliminaMi fa piacere che lei non si mette a sindacare sui gusti degli imprenditori pratesi. Nemmeno io.
Le auguro di scrivere dei buoni romanzi, se è quello che vuole fare. Ma un po' di umiltà, se lo faccia dire, non guasta mai (anche dovesse aver ragione lei su Nesi).
marco