Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.

giovedì 17 novembre 2011

L’affaire Andrea Cortellessa

Porzione di moderno parco letterario


Sempre di letteratura, si parla, che al popolo interessa la letteratura. Infatti,  'n gopp allo abbastanza schizofrenico blog letterario Nazione Indiana (senza offesa parlando), va oggi in onda la resa sul sempre poco obiettivamente difeso Premio Dedalus (qui la discussione) di Pordenone legge (no logge). Vale a dire che non era frutto di repressi sabotatori  quanto abbiamo sostenuto  in numerose diatribe, l'ultima con il professor Cortellessa è qui. Leggendo leggendo   viene fuori che avevamo ragione a dire che il voto non essendo segreto è influenzabile: ce lo rivela l’autorevole Andrea Inglese,  coredattore dell'esperienza di Alfabeta 2 con lo stesso criticone,  almeno  così è scritto in  questo articolo qui a firma...  Andrea Cortellessa... 

Inglese, che è un giovane bravo saggista, anche se spesso secondo me ci ha torto (anche a censurare i miei interventi che lo mettono in difficoltà), è anche uno dei principali soci del club Nazione Indiana, dove oggi  ci rivela delle magagne circa il  più vasto critico d’Italia - all’interno del quale, nella parte est, mi pare, notoriamente, c’è il più grande parco letterario d’Europa,  che comprende biblioteche,  case editrici, librerie, dipartimenti universitari, riviste ecc. Tutto,  insomma, fuorché i superflui scrittori... 

Saspens. Cosa rivela il sempre moderatissimo Andrea Inglese, tirandosi forse la zuppa sui piedi? Rivela ciò: " dopo essere stato lettore e sostenitore del Dedalus, oggi ho chiesto però di cancellarmi dalla lista. Tra i motivi che mi hanno spinto a questa scelta, ve n’è uno che ha contato più di tutti. Chi mi ha dissuaso è stato paradossalmente uno degli organizzatori del premio, Andrea Cortellessa. Ho avuto con lui uno scambio su un libro che volevo recensire, e che è stato votato a più riprese nelle classifiche. Io conosco l’autore di questo libro e lo stimo, conosco tutta la sua produzione letteraria, e ho già scritto su di lui. Sono quindi, da questo punto di vista, un lettore Dedalus modello: cerco di votare ciò che meglio conosco e cerco di parlare pubblicamente di ciò che voto. La reazione dell’amico Andrea è stata per me incomprensibile. Mi ha detto che io mi ero sbagliato a votare, perché quello non era un libro che meritava di andare votato. E che, siccome ciò era un fatto oggettivo e indiscutibile, me e quelli come me che l’avevano votato l’hanno fatto in mala fede ". Mi sembra abbastanza chiaro... Forse finalmente capisce, il criticone Cortellessa, perché gli ho scritto l'altro giorno che un voto, una volta saputo dagli organizzatori del voto, non è segreto e non è definibile come democratico.

Cortellessa pare avergli risposto, a Inglese,  che è un ingrato, però mediante ragionamento un po’ ambiguo che corre l'obbligo riportare. " Stringendo: non mi pare sensato di voler uscire per questi motivi dal Lettorato. Se poi vorrete farlo comunque, come in passato hanno fatto altri autori per altri motivi (dall’impazienza generalizzata nei confronti del lavoro dei loro coevi all’impazienza, più che comprensibile, proprio per questo genere di incomprensioni), ovviamente vi ringraziamo per l’aiuto che avete comunque voluto darci in questi due anni. Non senza – aggiungo a corollario della discussione sul “riconoscimento” di cui nel precedente commento in dialogo con Mozzi – personalmente assai rammaricarmi per aver fruito, ancorché in minima parte, degli effetti benefici di questa travagliata creatura senza voler continuare a sostenerla anche ora "... Intervento  contorto, a me pare, suscettibile di smentita... l'ha notato anche l'ottimo architetto semplice (no grande) Gianni Biondillo, autore dello strano  post che mette in discussione l'intero impianto del  premio Dedalus...  che però, da autore noir, aggiunge saspens... difatti  non si dimette platealmente, come immagino avrebbe fatto piacere al suo sodale Andrea Inglese... To be continued

Ps: mi domando da tempo perché certi  criticoni si affannano tanto a stilare classifiche di qualità e  a dare patenti di qualità a scrittori lontani dal centro della scena, zingari (ho visto anche degli zingari felici), che invece magari starebbero bene anche per i fatti propri, ché per un artista è sempre meglio soli che ben accompagnati. Una prima risposta ce l'ho. Lo fanno per mettersi in evidenza, per mettersi loro stessi al di sopra degli scrittori, nel senso che senza il supporto idraulico degli scrittori... non esisterebbero critici... Da qualche parte uno di loro, o un loro affiliato, non ricordo,  mi ha dato il dispiacere di leggere che i critici sarebbero superiori ai romanzieri, per via che ci avrebbero più strumenti tecnici... Che vi devo dire? 

Ps2: giusto per dire che non siamo completamente pazzi da andare su un blog solo per  perdere tempo per aver ragione sui criticoni della letteratura (avendoci da scrivere...), segnalo che Nazione Indiana è comunque una importante comunità di facitori di parole, secondo me la più interessante, e che numerosi interventi sono di livello notevole. Per esempio quello di oggi di Ivan Arillotta (qui). Penso che se non si facessero deviare dalla politica... non si piccassero di fare gli scrittori e intellettuali impegnati... che d'altra parte uno scrittore dev'essere  impegnato solo a scrivere bene... se pensa bene è anche meglio, ma bene bene, altrimenti si mette al livello dei giornalisti... giacché uno scrittore che scrive così così è spesso sopportabile, ma uno che pensa così così non è mai sopportabile.

martedì 15 novembre 2011

Cristian De Cupis: n'hanno fatto morto un altro


Dice che l'avevano arrestato alla stazione, Cristian De Cupis, per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. E il reato vero per cui l'avevano fermato? Non è dato sapere... Ti fermano, ti accusano, com'è come non è, ti portano in caserma, poi davanti al giudice, infine in  un ospedale carcerario. Tu denunci (pare) di aver subito un pestaggio: il giudice non ti crede, anzi, ti sgrida, minacciandoti di aggravare la tua posizione con il reato di calunnia a pubblico ufficiale (grave, credo fino a nove anni di carcere);  tre giorni dopo sei morto. 

Ma in che paese si vive?! Che cazzo di reati sono oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale? Come si fa a provarli? E i pubblici ufficiali, che cosa sono, giuridicamente parlando, se non coloro i quali possono accusare chiunque di oltraggio e resistenza, senza che il giudice possa mettere in dubbio la loro parola, che in ogni caso vale di più di quella dell'imputato, che almeno all'udienza preliminare è sempre solo e senza testimoni, spesso difeso da avvocati d'ufficio assolutamente indifferenti?  Vi rendete conto che può succedere a ognuno di noi? Ma l'Italia non era la culla del diritto? Perché gli italiani non si indignano per queste evidenti restrizioni della libertà personale? Possibile che finché non li riguarda personalmente non si muovono? E i politici novativi? E i movimenti? Dicono dicono... Ma se l'andassero tutti a pija 'n der culo!

articolo dell'osservatorio repressione

domenica 13 novembre 2011

Ulti Mora: tutto il mondo in ansia per Giuliano Ferrara

Scienziati in arrivo da tutto il mondo per aiutare Giuliano Ferrara nella difficilissima  manovra di discesa dal carro del vincitore. 

Larry Svizzero

sabato 12 novembre 2011

Nuova censura da parte di Nazione Indiana (o fazione?)

 Anarchico indignato roso dal dubbio: non sa se andare a destra o a sinistra

Il tenenterubrica su Unità, nonché collaboratore del Manifesto e del litblog di sinistra movimentista Nazione Indiana (son movimentisti ma lavorano quasi tutti nelle università o nelle più importanti case editrici;  in più scrivono quasi tutti su  Unità, Manifesto, Fatto Quotidiano, Corriere della Sera e testate minori, a volte anche per la rivista del da me stimato Massimo D'Alema, ché quando lo dico da questi mi piglio delle inverosimili infamate... uno dei capi del rinascente socialismo europeo...), e per altro componente fondatore degli scrittori impegnati di generazione Tq - no D'Alema, ma quello di cui si parla in questo pezzo - oltreché essere stato leader del gruppo musicale degli anarchici che fanno le canzoni di lotta,    oggi cantante anarchico in proprio, per esempio a sostegno delle manifestazioni anti Tav, dove recalcitra al comando del progresso infinito (gli è reazionario? la canzone linkata gli è  reazionaria!), autore di canzoni se dicenti anarchiche che a me, che son progressista semplice,  'un mi garbano 'n nessuna maniera (nel settore cantanti anarco comunisti mi accontento dei vecchi Enzo del Re e Leo Ferré, curiosa assonanza), e più ne ha più ne immetta scrittore patentato anche da Feltrinelli, voglio dire, il celebrissimo  Marco Rovelli, secondo me l'ha fatta grossa grossa. Infatti comincia un articolo sul non sicurissimo avvento di Mario Monti alla guida della (a)nazione italiana - articolo dal chiarissimo titolo  il totalitarismo dell'era presente - paro paro al comunicato stampa che sullo stesso forse avvento ha fatto ieri il capo di Forza Nuova Roberto Fiore. Del resto l'articolo è tutto nell'inizio, il continuo sono porcherie senza fonte,  o generalizzazioni contro il sistema delle banche, che circolano nei siti ambigui se non apertamente complottisti come  Don Chisciotte, nel quale, detto en pus sant, Paolo Barnard si sta negli ultimi giorni esibendo dimostrandosi peggio, assai peggio del suo  nemico intimo Marco Travaglio (che è tutto dire...): non me l'aspettavo, ovvero, non volevo aspettarmelo, perché so bene che il controllo degli anti sistema, in Italia almeno, ce l'ha la peggiore destra, ne siano o meno coscienti gli autori di certi articoli; se andate a vedere bene,  alla fine alla fine i contenuti a volte apparentemente nobili degli anti sistema coincidono con gli interessi delle peggiori destre, che sono quelle autoritarie, identitarie, clerical-tradizionaliste   e  nazionaliste.


L'articolo di Rovelli comincia così: “ Siamo arrivati al capolinea. Adesso inizia un’altra corsa. A guidare l’aereo più pazzo del mondo c’è Mario Monti. Già international advisor di Goldman Sachs (il cui ruolo nello scatenamento della crisi globale è noto), e membro di Trilateral e Bilderberg, insomma il gotha del capitalismo mondiale “.

Il comunicato stampa di Roberto Fiore  è il seguente:  “ Il Parlamento Italiano sta in queste ore consegnando il Governo a Monti, uomo di Goldman Sachs e della Trilateral, rappresentante degli stessi poteri forti della finanza che hanno creato il dissesto economico mondiale e che speculano da anni a danno del popolo italiano

Ieri sera glielo ho fatto notare, all'anarco comunista Marco Rovelli, che le sue idee coincidono con quelle di un brutto ceffo come Roberto Fiore, mandandoglielo a dire attraverso il mio umile maggiordomo, dato che mi dimisi da commentatore del blog Nazione Indiana nei mesi scorsi, in solidarietà con Sergio Soda Star e la sua scuderia, censurati e cacciati per via che sfottevano, per altro con una classe senza pari, artisticamente parlando,  tra gli altri il permaloso  Marco Rovelli... in quei giorni seriamente impegnato nelle proteste contro i cantieri Tav, che però il giornale fondato da Gramsci  su cui tiene rubrica ritiene infondate, perché i capi del PD la Tav la vogliono. Insomma, gli è sempre un casino con questa cazzo di sinistra italiana... Va bene, che il suo articolo coincideva con quello di quell'altro glielo ho fatto notare in questa maniera, credo educata:

Il Maggiordomo di L.M.
Pubblicato 11 novembre 2011 alle 21:03 | Permalink
Il tuo commento è attesa di moderazione.
Dice di riferire che sembrate pensarla come Forza Nuova:
“Il Parlamento Italiano sta in queste ore consegnando il Governo a Monti, uomo di Goldman Sachs e della Trilateral, rappresentante degli stessi poteri forti della finanza che hanno creato il dissesto economico mondiale e che speculano da anni a danno del popolo italiano” fa sapere in una nota Roberto Fiore leader di Forza Nuova ”.
Giusto per dire…

Rispondette così:

marco rovelli
Pubblicato 11 novembre 2011 alle 21:51 | Permalink
Giusto per dire, capita che si creino curiosi corto circuiti. Che non hanno alcun significato. Se a voi basta, piuttosto che scendere nei contenuti – contentatevene pure. A vostro maggior rallegramento vi faremo pure il braccio teso.

Allora io entrebbi nei contenuti:

Il Maggiordomo di L.M.
Pubblicato 11 novembre 2011 alle 22:56 | Permalink
Il tuo commento è attesa di moderazione.
Dice di riferire che essendo egli un immobilista progressivo non può che essere contro il movimento, sopra di tutto quando non sa fare analisi che lo distinguano dai peggio fascisti che c’è in circolazione.
Però una proposta al movimento, la vuole fare: dite che non volete pagare i debiti fatti dai vostri padri a vostra insaputa. Giusto, incazzatevi, fate pagare loro. Ma nello stesso tempo dovreste chiedere allo Stato di alleggerire il debito tassando fortemente le vostre stesse eredità. Voglio dire, rinunciate a parte consistente dei patrimoni accumulati dai vostri genitori quando lo Stato accumulava il debito pubblico distribuendo risorse a favore del benessere generale, nonché della sopravvivenza dei governanti e dei partiti. Ipotecando un 25% del patrimonio delle famiglie, cari indignati del movimento, l’Italia diventa il paese più virtuoso del mondo.
Ps: Monti non è nient’altro che un esattore, lavora per conto dei creditori dell’Italia. Ma è disponibile a trattare con i politici più ragionevoli i modi per restituire ciò che è stato ricevuto in prestito. Solo che se non ci va bene questo, viene direttamente gli squali del fondo monetario internazionale… Dopo vienghino gli eserciti… temo.
Ps2: secondo lui, più a sinistra del PD, adesso, non ci è nulla. Per via che è l’unica vera struttura partito presente: il resto è leaderismo, più o meno pe(pe)ronista…
Ps3: per questa via rischiate di arrivare a dire che c’è il complotto demo pluto giudaico massonico…
Ps4: Rovelli, ma lei non scrive pure su Unità?


Allora lui, anarchico a quella maniera, ché gli anarchici alla libertà ci tengono, non solo alla propria,  altro non potette fare che scalciare, che lo sa fare bene:

marco rovelli
Pubblicato 11 novembre 2011 alle 23:47 | Permalink
Larry Massino, le dissi tempo fa che non l’avrei più gradita nei miei post futuri dato il suo atteggiamento insultante.
Lei peraltro aveva promesso di non farsi più vedere da queste parti.
Poiché lei non mantiene le promesse, le mantengo io.

Circa il tasso di atteggiamento insultante delle mie missive, lascio al giudizio dei pazienti  lettori e del signor  tempo, mi hanno tetto paziente anch'egli... Non senza dire, fuori dai denti, che gli intellettuali improvvissati sanno poco di tutto, ma di economia proprio zero.

Tralascio pure il fatto che qualunque persona ragionevole del mondo dovrebbe in queste ore festeggiare per la fine del fetentissimo, che mi sa che se si va avanti di questo passo si dichiarerà anarchico anche lui, anzi, il miglior anarchico degli ultimi centocinquant'anni. 

venerdì 11 novembre 2011

Si sa che agli italiani piace giocare...


 Procedure di estrazione della sestina vincente del concorso super analotto. Quello al centro dovrebbe essere il numero jolly.


Nessun sei, lo dicono continuamente radio e tv a ogni italiano dopo le faticose estrazioni. Secondo me i burloni che comandano, i quali ne inventano sempre di nuove per divertire il popolo che (ri)governano, questo gioco l’hanno fatto apposta per poter  dire in continuazione da radio e tv a ogni italiano nessun sei.

Larry Svizzero 

mercoledì 9 novembre 2011

Il fanfaraone finirà per dichiarare a Minzolini in persona che lo spread sale per colpa del suo maggiordomo

 Uomo antico disperato per via che mentre era a passeggio gli è caduta di tasca la maggioranza ed è finita in fondo al laghetto
È così narciso che finirà per  tirarsi le monetine da solo davanti allo specchio. Però un popolo composto da persone che non cacciano a calci nel culo un uomo del genere, non è che è tanto meglio di  lui... In ogni caso, è certo che prima di andarsene farà il miglior maxi emendamento degli ultimi centocinquant’anni. Infine, se vedete per strada un carro che corre all'impazzata, potrebbe essere quello dei vincitori dopo che ne è sceso Giuliano Ferrara.

Larry Svizzero

Brecht certe cose le sapeva. Sulle classifiche Pordenone legge.

Ore 8.40. Rigore, notoriamente, è quando arbitro fischia. Ma qualità, quand'è? Tutti sanno, anche chi non ha nessuna intenzione di leggere un libro in vita sua,  che ci sono queste classifiche di qualità che fabbrica la ditta Pordenone Legge, attraverso una giuria composta da 200 cosiddetti grandi lettori. Ma siami (pl) sicuri sicuri che i modi con cui queste classifiche vengono prodotte  siano a loro volta di qualità? E se non lo fossero, come potrebbero attribuire patenti di qualità? Non sarebbe, quella attribuita agli autori da loro scelti, solo una qualità apparente, uno smalto ulteriormente mortificante spalmato sulle  marginalizzate opere che si vorrebbero invece mettere più vicine al centro, un simulacro di qualità utile a far comunque sovrastare i meccanismi della produzione di quantità, ma, in definitiva, i meccanismi oppressivi del sistema di produzione dominante?

Stamani mi alleo con Brecht. Mi alzo e vado a prendere gli scritti teatrali (che piacevano anche a Carmelo Bene, il quale, artisticamente parlando, non fu affatto un dissacratore, ma solo uno che applicava i migliori risultati della scienza sperimentale dei maestri che lo avevano preceduto, dei quali fu massimo testimone; certo, inventando a sua volta...). Fatto.
 
Ora la dico grossa. Se, secondo la figlia Lietta, uno dei dispiaceri più grossi della sua vita (di Giorgio Manganelli), è stato di non poter dire a Pasolini che scriveva male, che cosa, Manganelli stesso, si sarebbe oggi rammaricato di non poter dire ad alcuni critici che dicono di prenderlo a modello?  
Giorgio Manganelli fu, non solo a mio avviso, uno degli spiriti più magnificamente leggeri dell'ultimo secolo letterario e culturale. Ma questo lo si deduce dalla sua scrittura, non certo dalla letteratura critica su di lui, la quale si contraddice proprio a partire dalla scrittura (che vuol dire anche dal pensiero, non facciano i furbi parandosi dietro al fatto che non saper scrivere, al giorno di oggi, è una necessità dettata dal bisogno di sopravvivenza, che insomma, sarebbe solo un peccato veniale...).   
Apro gli scritti teatrali di Bertolt Brecht, PBE Einuadi, 1962. Vi cerco materiali a sostegno dei miei dubbi circa la non qualità del sistema di produzione dei fabbricatori della qualità. Pag 26: illudendosi di possedere un apparato che in realtà li possiede, essi difendono un apparato che non controllano più, che non è più - come essi continuano a credere – un mezzo che serve i produttori intellettuali, ma un mezzo che si rivolge contro di essi, contro la loro produzione (quando cioè questa produzione persegue tendenze proprie, nuove, non corrispondenti o addirittura contrarie a quelle dell'apparato). Essi sono ridotti allo stato di fornitori. Il valore della loro produzione finisce per essere misurato a una scala che ha per base la nozione della smerciabilità. Da qui l'uso invalso di esaminare ogni opera d'arte sotto l'aspetto della sua convenienza all'apparato, e di non preoccuparsi se l'apparato sia, o no, conveniente all'opera d'arte. Si dice: “ questa o quell'opera è buona “; e s'intende senza dirlo: “ buona per l'apparato “. Ma quest'apparato è determinato dalla società esistente, e assimila solo ciò che gli permette di sussistere in questa società. Si potrà dunque discutere di tutte le novità che non abbiano un carattere minaccioso per le funzioni sociali di quest'apparato, quella cioè del divertimento serale. Non si potrà invece discutere di tutte quelle novità che tendono a fargli mutare funzione, vale a dire situare diversamente l'apparato nella società, per esempio connettendolo alle istituzioni d'insegnamento o ai grandi organi di pubblicazione. Attraverso l'apparato la società assimila ciò che le serve per riprodursi. Così, nel migliore dei casi, l'apparato lascerà passare una “ novità “, che porti al rinnovamento, ma non mai al cambiamento della società esistente, buona o cattiva che sia la forma di questa società.
I più evoluti non pensano nemmeno a cambiare l'apparato, perché sono convinti di avere a disposizione un apparato che serve ciò che essi liberamente inventano, un apparato, dunque,  che si trasforma da sé con ogni loro nuovo pensiero. Il fatto è che la loro invenzione non è libera: l'apparato adempie la propria funzione con loro o senza di loro, i teatri lavorano ogni sera, i giornali escono x volte al giorno; essi assimilano ciò di cui hanno bisogno; e hanno semplicemente bisogno di una certa quantità di materiale (nota fondo pagina: I produttori, invece, sono totalmente condizionati dall'apparato, sia economicamente che socialmente,  esso monopolizza la loro azione, e i prodotti degli scrittori, dei compositori, dei critici, assumono sempre più il carattere di materia prima. Il prodotto finito è quello che esce dall'apparato).  
Fanculo a Brecht, che altro posso dire io? Ore 9.32, pubblico sul blog, poi vado a fumare.      Ps: il libro di Brecht è di 241 pagine... 

lunedì 7 novembre 2011

Tope che scappano quando affonda la nave

Antropomorfo livornese che sta più o meno dicendo  ti c'ho ner còre ma ti vo' ner culo


L'onorevole Gabriella Carlucci, passando all'opposizione, ha dichiarato che vuole bene a Silvio Berlusconi. Comunque, è normale che se la maggioranza di  governo ha le (m)ore contate, se ne vadano le bionde. 

Larry Svizzero

 

sabato 5 novembre 2011

Bob Generoso


Lo  scrittore ritirato Bob Generoso, che  godeva di enorme e meritata  fama abbastanza  al di là delle immaginarie ma solide muraglie del paesello, aveva  smesso di scrivere e si era appunto ritirato in paese. Si fa per dire, perché dal paese non si era quasi mai mosso. Comunque aveva  smesso di scrivere. Ciò era avvenuto  ormai  da un pezzo, perché, diceva lui,  gli erano finite le parole. Per lo stesso motivo, dopo alcuni anni,  nemmeno parlò più. 

Anche ora che era muto, i suoi amici del bar centrale, dove si recava con la stessa regolarità di tutta la sua vita,  facevano finta di nulla, nel senso che non è che siccome che era scrittore importante lo trattavano diversamente da un muratore o da un allevatore o da un carrozziere, ché infatti trattavano tutti come nullità alla pari. Però, al contrario di  come si fa quando gli amici sono in difficoltà,  gli volevano ancora più bene, perché con le sue storie,  magari questa era un'altra delle sue,   aveva, come vedremo, alimentato il benessere generale, nonché aveva  divertito tutti per generazioni, storie talvolta un  tantino spinte che lui stesso definiva boccalonate, che erano però quelle che i paesani veraci  preferivano e memorizzavano meglio, quelle che raccontavano nelle occasioni giuste per galleggiare  almeno un minimo in società, nel senso di fare i galli ma anche di affiorare almeno un po' in superficie, appena  rimaneggiandole per personalizzarle e farsele tornare addosso in questa specie di torneo al quale era sempre stato  considerato disdicevole sottrarsi, ma che nello stesso tempo spediva  nel girone inferiore dei buffi tutti i contendenti, nessuno escluso,  cosicché, chi per amore o per forza  raccontava le storie dello scrittore ritirato, veniva senz'altro sminuito nella sua verticalità,  e  per sempre  epitettato di boccalone, Marco il boccalone, Maria la boccalona, Franco il boccalone eccetera. Furono subito  così tanti,  che il paese si chiamò  il paese dei boccaloni, dove nessuno riusciva più ad accumulare abbastanza autorità da potersi permettere di commettere soprusi ai danni di ipotetici inferiori, sia nella vita familiare  che nella vita socievole. Questo, per altro, era secondo molti il motivo di tanta bontà e saggezza nel paese (segue). 

mercoledì 26 ottobre 2011

Caro Giuseppe... cumpare e nepote

clic

Dal film:"Miseria e nobiltà"



TOTÒ - Una lettera?
CAFONE- Una lettera de carta, sa...
TOTÒ - E perché, le lettere si scrivono di porcellana?
CAFONE- Eh, non si può sape'...
TOTÒ - Dunque. Lei è ignorante?
CAFONE -Io? Si.
TOTÒ - Bravo, bravo. Viva l'ignoranza! Tutti così dovrebbero essere...
CAFONE -Eh...
TOTÒ - E se ha dei figliuoli, non li mandi a scuola, per carità!
CAFONE -No, io figli nun tengo...
TOTÒ - Li faccia sguazzare nell'ignoranza...
CAFONE -No, io tengo nu cumpare nipote: proprio per lui devo scrivere la lettera, sai...
TOTÒ - Bravo. A lui? (Prende un pacco di lettere nella scrivania). Quanti anni ha questo compare?
CAFONE -Tiene quarantacinque anni...
TOTÒ - Quarantacinque? (Fruga tra le lettere e ne estrae una). Eccola qua. Questa va benissimo.
CAFONE- E cos'è questa?
TOTÒ - No, vede: noi le lettere le scriviamo prima, di modo che, quando viene la persona...
CAFONE -None! Tu non sai che debbo scrivere qui dentro!
TOTÒ - Va be', non vuol dire: guadagnamo tempo.
CAFONE -E che sai, li fatti miei?
TOTÒ - Ma scusi: lei m'ha detto che suo nipote compare ha quarantacinque anni...
CAFONE -Eh, quarantacinque anni...
TOTÒ - Questa lettera io l'ho scritta tre anni fa per un signore che ne aveva quarantadue.
CAFONE -E 'stu signore che è? Lu cumpare mio?
TOTÒ - Non vuol dire! Ma gli va bene...
CAFONE -No, paisa', non me piace...
TOTÒ - Ma gli andrà bene...
CAFONE -Ma no!
TOTÒ - La vuole da capo?
CAFONE -Proprio da capo.
TOTÒ - Scriviamola da capo. Lo facevo per lei: lei con questa lettera economizzava...La vuole nuova? Facciamola nuova!
CAFONE -Bravo.
TOTÒ - Siamo qui apposta... Dunque. Vuol dettare, per cortesia?
CAFONE -Scriva.
TOTÒ - Si...
CAFONE -Napole...
TOTÒ - Eh... (Mette la penna nel calamaio e spruzza d'inchíostro il cafone). Avanti. Napoli... eccetera eccetera eccetera... Sissignore.
CAFONE -(inizia a dettare) Caro Giuseppe cumpare nipote...
TOTÒ -Beh... caro Giuseppe...
CAFONE -E mio cumpare e mio nipote.
TOTÒ - Va be', vuole che... Beh... Caro...
CAFONE -Caro...
TOTÒ - ... Giuseppe...
CAFONE -... cumpare...
TOTÒ - ... compare nipote... sì... sì... (Lo spruzza ancora d'inchiostro).
CAFONE (-asciugandosi) A Napole... a Napole stocio facendo la vita de lu signore
TOTÒ - A Napoli...
CAFONE -Stocio facendo...
TOTÒ - (s'interrompe riflettendo)) Stocio... Stocio... Io stocio, tu stoci... Non esiste questo.
CAFONE -Non te piace stocio?
TOTÒ - Sto! Io sto! Che me fai scrivere?
CAFONE -E più corto, eh...
TOTÒ - Me fai scrivere stocio... (Cancella con una mano,e spruzza di nuovo d'inchiostro il cafone)). Ah, santo Iddio, come se fa... come se fa... (Lo spruzza ancora)
CAFONE- (asciugandosi il vestito) Paisa', chistu lu vestito l'hai cumprato io, eh...
TOTÒ - Ah, bravo... bravo... Paga sempre lei: bravo! (Ad alta voce rivolto a Peppiniello) Peppiniello! Quelle pizze diventano due! (Al cafone) Dica, dica...
CAFONE -Alla sera me ne vaco a lu tabbarene...
TOTÒ - Bene. Alla sera me ne vado...
CAFONE -... me ne vaco a lu tabbarene...
TOTÒ - Me ne vado...
CAFONE -... e me ne esco quanti chiode...
TOTÒ - Quanti chiodi? (Gli spruzza l'ínchiostro in un occhio).
CAFONE -Quanti chiode. Ma che, sta chiovenno ignostro, paisa'?
TOTÒ - Quanto chiodo?...
CAFONE -Chiodo, si: chiodono li porte, va...
TOTÒ - Ah. quando chiude!
CAFONE -Finisci! Finisci!
TOTÒ - Eh, dice chiodo... Chiude, chiude!
CAFONE - E per questo...
TOTÒ - E per questo...
CAFONE -... mandame...
TOTÒ ... mandami...
CAFONE -... nu poco de soldi...
TOTÒ - ... per questo mandami un po' di so... (rimane di sasso)
CAFONE -... perché nun tengo nemmeno li soldi per pagare la lettera a lu scrivano che me sta scrivendo la lettera presente...
TOTÒ - (smette di scrivere) E poi?
CAFONE - E poi... Mettece li saluti... Ponto.
TOTÒ - Ma ch'e saluti e saluti!? (Si alza e straccia la lettera).
CAFONE -(si alza anche lui, spaventato) E che?
TOTÒ - Ma che saluti e saluti!? Vai via, mascalzone! Vai via!
CAFONE- ...
TOTÒ - (lo minaccia col calamaio) E ringrazia Dio che non tiro il calamaio perché mi serve
CAFONE- E che... (Allontanandosi).
TOTÒ - (fra sè) Chiodo... ponto... stace... Mi fa perdere del tempo inutilmente
PEPPINIELLO -(Che arriva tutto contento) Papà, le pizze sono pronte: dammi i soldi.
TOTÒ - E che soldi e soldi? E che pizze e pizze? M'è passato l'appetito... Non voglio mangia' più(Torna a sedersi, amareggiato).

 

lunedì 24 ottobre 2011

La morte di Gheddafi si beve con neo o senza?


Come mai il giornale Libero pubblica qui la foto di Gheddafi da vivo con neo sotto il naso, mentre il cadavere pare non avere il neo, e nemmeno le foto più famose del colonnello?



Epistola terza dal Contadino della sua terra

Alberto Savinio Roger et Angelique


Qualcheduno di voi, può essere che, già lo sa, chè ce l’ho detto io e mò non mi ricordo, o, può essere che, ce l’ha detto un altro, che l’era venuto a sapere da chi ce l’ho detto io, che tengo un giovane, nel fabbricato dove sta la terra mia, che mi aiuta nu poco a fare le cose che si devono fare, anche se non sa fare niente e non capisce nemmeno se ce lo dici centinare di volte. Questo giovine, mò fanno tre anni, tiene la laurea, ma non tiene il lavoro; e sta qua. Verso l’ultimi giorni del mese passato, mi ha fatto una richiesta, se si poteva permettere di dire a certi compagni sui, che non sono di qua, ma che so’ venuti al mare qua vicino, per fare le ferie dell’estate, che, poi, tutti l’altri mesi, no fanno niente, com’a lui, di venire a mangiare tutt’assieme, come un saluto a tuttu quanti, prima che partivano. E’ inutile che mi metto a dire le cose che non sono, perché, dopo tanta tempo, nu’ poco mi sto affezionando; e l’ho detto di sì, ma che io, pure se lui e, dice lui, pure l’altri, li faceva piacere che stavo con loro, non ci potevo andare, chè tenevo da fare ‘na cosa importante assai a lu paese. Il disgraziato non s’è messo a insistere nemmeno un poco, ma io me l’aspettavo, chè questi giovani moderni non è che so’ busciardi, come diciamo noi che teniamo un poco di anni più assai; so’ proprio stubbiti così. Nemmeno a fare vedere un poco: che cazzo potevo tenere da fare la sera di domenica a lu paese!!? L’ho guardato fisso; ma ho perso tempo, chè tanto n’ha capito niente, e l’ho dato pure il permesso, abbasta che non mi facevano trovare tutte cose sotto sopra, di mangiarsi il formaggio e la ricotta che tenevo nella cantina; e che, se non se lo scolavano completamente, pure il vino si potevano bere. ‘Nu poco di frutta buona, due fichi e certi meloni che non li potete trovà a nessuna parte, ce li avevo già raccolti io e ce li avevo messi già dentro al frigorifero, chè, se è vero che mò mettiamo tutto là dentro, pure le cose che non si possono mettere, che, se no, non so più buone, bisogna dire che, lo sapete tuttu quanti, ha fatto troppo caldo, ‘sta staggione, ed era meglio che stavano un poco al fresco. So tornato a vedere che avevano combinato, chè la casa è sempre la mia e la responsabile pure, e questi, se s’imbriacano, no capiscono niente più, peggio di quando non bevono, e stavano ancora là. Stavano sopra a tutta la cucina i cosi di plastica dove ti mettono la carne, e i salami, quando te li vai a comprare; tanta bottiglie vuote di birra straniera no l’avevo viste mai… E io che mi stavo preoccupato che si mangiavano le cose buone mie: che generazione, mi so’ messo a pensare. Forse, si credevano che tenevo tre, quattro servi che mi venivano a pulire loro. Oh, certo che è forte, quando ti capiscono che non devi dire nemmeno una parola: subito si hanno alzati e hanno riempito tanta buste di cos’avanzate, che li volevo dire se volevano andare a Napoli a iutare un poco i napoletani che so’ bravi…………… Mi so fermato un momento e mi so letto che ho scritto: mi dovete scusare, che parlo assai. Quanto mi piaceva, se sapevo scrivere come i scrittori veri! Invece, mentre che sto dicendo una cosa, mi viene un’altra; e non so capire che è inutile che la scrivo, perché, se no la scrivo, mi pare che non si capisce che voglio dire. E, invece, mò, mi pare che no si capisce niente, ma io mi volevo spiegare bene, chè mi dispiace assai, che non capite niente…………… Comunque, verso le due, che io a quell’ora tengo un sonno che non vi potete nemmeno immaginare, se no sò andati alle case loro. Solo lui è rimasto, chè non tiene un posto suo. Ci siamo messi a parlare nu poco, che quann pass il primo sonno ti senti che puoi rimanere in piedi, e lui, m’ha fatto la domanda se lo potevo raccontare una storia di quelle che, ha detto lui, mi so inventare io. 

–Ma non una storia triste, come fate di solito. Senza quel velo di malinconia che copre le vostre parole… Una storia divertente…


Primm’anzi tutto, l’ho risposto, che proprio me ne stavo per andare, tant’ i nervi che m’aveva fatto venire, fin’a mò hai detto, una continuazione, che era meglio che mi stavo fermo e zitto, che non è lu mestiero mio a scrivere le cose. Mò, te ne vieni che ti metti pure a criticare. Io non m’ho mai inventato, niente, rimbambito!.. Ti fanno venire la tristezza, a te, le storie mie?...è allegra la faccia ca tieni tu!...Chi era quella giovine che ti sei messo più tempo, a salutarla, e che non ti lasciava la mana e ti guardav ‘mmocc’ a  mmocca?... E siamo arrivati, ueh!...il critico…com’è che ti sei fatto rosso??!.. Vabbuò,non ti mettere a vergogna; senti se questa ti fa ridere un poco…

Na volta, qua, proprio esattamente com’avete fatto stasera, pure io ho fatto na bella cena con nu sacco di compagni miei. Potevano essere una otto, dieci ann che ci eravamo presi il diploma; dopo che co tanta insistenza, e da tanta mesi prima, mi avevo messo sopra a mio padre, come ‘na cambiale, per farlo dire si, a farci riunire qua, che lui la mattina presto teneva da lavorare, ci siamo riuniti. Potevamo essere poco sott’a una ventina; s’avevano, quasi tutti quanti laureati, meno due o tre, comm’a me, che non avevano continuato; chè, un poco, non li piaceva, ma, molto, nemmeno tenevano i soldi che tenevano l’altri. Era venuto pure Antonio, che tu non lo sai chi è, ma, mò, vedi che ti faccio capire quant’era antipatico, stu cristiano, e scemo e fissato… Già da quando andavam’ alla scuola, non lo potevo vedere, chè era uno raccomandato e non capiva niente, ma il padre, avvocato di qua vicino, lo conoscevano tutti quanti e lui andava avanti così, pure se no studiava, com’a me; solo che io venivo  rimandato, a due, a tre materie tutti l’anni, e tenevo pure a mio padre che diceva che dovevo venire a impararmi a lavorare la terra, che lui non mi vedeva tanto bene coi libri in mano, e lui veniva promosso e se n’andava alla spiaggia a fare il ciaciacco colle femmine… Quando abbiamo finito di mangiare, che poi io dovevo pulire, mò, almeno, voi avete fatto vedere che tenete nu poco d’educazione, è successa na cosa strana, che, a quel momento, non riuscivo a capire com’era possibile: stu Antonio s’è messo a dire se, per piacere, la fidanzata che teneva, una dell’alt’Italia che si erano conosciuti all’università, poteva rimanere a dormire, chè avevano cercato di sistemarsi nella case di parenti e quelli che li conoscevano, ma mancava nu posto; e diceva che lui si fidava di me, e, soprattutto, di lei, e lo faceva piacere se la facevo dormire qua, che, poi, la mattina presto, se la veniva a prendere. Dopo tanta tempo, so venuto a sapere che stavano d’accordo tutti quanti e che mi volevano fare uno scherzo, che io, secondo lu ragionamento che si avevano fatto, dovevo fare na brutta figura colla uagliona, che era bella veramente, e lei , poi, li doveva fare ridere a tutti quanti, quando ce lo raccontava, chè io ero un cafone che non sapevo stare co ‘na femmina così. Fatto sta che, pure se me lo sentivo che non era normale che stava succedendo, pure pe’ non fare la figura di quello che non è generoso coi vecchi compagni della scuola, ho detto sì. Devo dire la verità, sapeva fare bene la parte, perché non mi faceva accorgere di niente; mi ha pure aiutato a fare i piatti e a pulire a terra. A un certo punto, proprio com’hai fatto tu, stasera, mi ha domandato se ci potevamo sedere, se non tenevo molto sonno, sul divano, che potevamo stare più comodi, e potevamo parlare nu poco. Non te lo puoi immaginare quanta sudore freddo che ho cacciato, tanto non mi sentivo rilassato vicino a quella femmina. Ho cominciato a pensare che non sapevo che dovevo dire… che stavo per fare na brutta figura, che domani si mettevano tuttu quant a ridere dietro a me, e tenevano pure ragione, anche se io non lo sapevo che stavano d’accordo, e lo stesso, tenevano la capa di ridere dietro alle spalle mie. E pensavo che la letteratura non mi ricordavo niente, che poco sapevo, pure quando me la ricordavo; che no mi ero mai imparato ‘na poesia…che non sapevo i nomi delle canzoni e i cantanti… Che non sapevo dire di che marca era ‘na machina…. e non sapevo i fiori, i profumi… Chè ero stato a poche parti e non mi veniva niente da dire, chè mi sembravano che erano posti com’all’altri.. E il sudore freddo che tenevo si faceva a ghiaccio e mi stavo accorgendo che la cosa brutta non era che, poi, domani, quelli mi sfottevano che ero un cafone, ma che mi sentivo io che vedevo le cose diverse e che io non sapevo stare co una bella femmina. Ma la giovine, che sicuro se n’era accorta che non mi sentivo bene, s’era avvicinata di più e mi prese la mano colle sue piccole e bianche bianche. Era la prima volta che vedeva ‘na mana tanto grande e tanto dura, dicette; e me l’accarezzava come ‘na piuma morbida. E poi ha toccato lu polso, che teneva il segno bianco dell’orologio, che me l’ero levato per fare i piatti… Tu non ti puoi immaginare quanta cose che m’ha imparato… Io non l’avevo mai saputo che tenevo i deltoidi… e i tricipiti… e i quadricipiti… E toccava, toccava, chè mi voleva fare capire bene dove si trovavano e la forma che tenevano…. Mi ricordo, che, a un certo momento, mi credevo che era dottoressa… 

Ma è inutile che ti  racconto tutte cose, è vero? La mattina presto, è venuto a prenderla quel simpaticone del zito; appena ha aperto, che lei già stava pronta, che sembrava che se ne voleva scappare, come se aveva fatto una cosa che, mo, stava pentita, Antonio teneva la faccia che rideva; ma, dopo mezzo secondo, già la risata l’era passata… Certo, pensai a quel momento, che quando due si vogliono bene, non tengono bisogno di parlare assai. M’hanno salutato, che non ho capito che m’hanno detto; se mi ringraziavano o arrivederci. Non l’ho visti più. Poi, sono venuto a sapere che stavano già fidanzati ufficialmente, e già stavano vedendo per lo sposalizio, ma dopo uno due mesi si avevano lasciati.

Mbè!? T’ha fatto divertì la storia?... Mi pare che tieni la stessa faccia da cadavere di prima… Non m’hai risposto, però: chi è la uagliona che ti sei messo molto tempo a salutarla? Ho visto che ti manteneva la mana come a quella che t’ho raccontato. E’ la fidanzata nuova, che m’avevi detto qualche cosa, dì la verità… E’ dell’alt’Italia pure lei? E quant’anni tiene… a me mi sembra che è un poco più grande di te… Che ti voglio dire, figlio mio… che ti posso dire? Io sto quasi sempre sulo, qua. Non lo so che ti posso consigliare; e non ti credere che non ti ho capito, che ti sei fatto vedere apposta vicino a lei, così io capivo e ti dovevo dire che cosa penso, se mi sembrate che andate bene, insieme, oppuramente no. Tu lo sai, che sono uno all’antica; che er’all’antica, pure se nascevo mill’ anni fa o fra mill’ anni… Che la capa è tosta ed è difficile che cambio pensiero… Ma non mi permetto di dire niente, chè nemmeno io so sicuro che tengo ragione, a ragionare come ragiono io… E ridi nu poco, mè! Una cosa penso che te la posso consigliare: assicurati che no’ dice buscie. Che se è busciarda t’arrovina l’esistenza. Quella ha fatto mezza vita sua, già. Mò, li piaciono le mani tue… ma se dice che mai aveva provato una cosa così ed è sicura che dovete stare sempre insieme, perché tutto lu tempo, fin’a mo, è come se non è esistito e si sente come se tu sei il più primo della vita sua… Statt’attento: non ci credere… Che non può essere mai, che no’ s’arricorda… nu cazz!

Contadino della sua terra

lunedì 17 ottobre 2011

La felicità non guarda in faccia a nessuno (nemmeno la cultura)

 vogliono la vostra felicità, non lasciategliela prendere 


Nell'ultima sua esternazione a favore di un risollevamento morale del paese e dei cittadini, Roberto Saviano ha parlato di diritto alla felicità. Essendo egli un uomo di cultura, di variegata cultura, saprà benissimo che questo diritto è un valore fondante della cultura politica americana, scritto dai padri fondatori addirittura nella dichiarazione d'indipendenza.

Io diffido della felicità in generale, ma di una felicità distribuita dallo Stato, in particolare dallo Stato americano, ho totale ribrezzo. Gli americani, poi, a pensarci bene, mica mi sembrano tanto felici... Certo, quando gli va bene comprano a più non posso, ma in cambio sono costretti a essere ridicolmente patriottici e andare a fare guerre sanguinarie contro piccoli popoli, inventandosi pretesti assurdi. Per il resto mangiano abbastanza male, 'sti mericani, sono oltremodo grassi, campano in media quasi dieci anni meno di noi... per non dire che  il loro gusto artistico, nonostante tutto, non si impone come vorrebbero,   e produce poco in termini di percentuali di bellezza...  al contrario in bruttezza, anche politica, non si fanno mancare nulla, nemmeno 2 milioni di cittadini in carcere (proporzione bianchi  neri assolutamente sbilanciata a sfavore della minoranza  nera)...

Da questa felicità che vuole beneficiare tutti,  sono sempre stato il più possibile lontano, rivendicando piuttosto un diritto contrario, almeno quello a un'infelicità provvisoria. Più in particolare sono stato lontano dalla felicità “ concepita “ nei laboratori di comunicazione italiani, che si propaga mediante un'iconografia per me impauristica, quella della famigliola in armonia, del quartiere ordinato, del centro commerciale affollato, della gente in vacanza, delle gioie a comando dei programmi televisivi, e, peggio di peggio, dei dolori a comando, che ancora più legittimano il clima di falsa gioia che c'è in giro.

Se la vediamo da vicino, questa felicità che ci vogliono far ingurgitare a tutti i costi anche in Italia, non produce uomini e donne contenti: produce solo benessere economico nella fascia medio-alta della popolazione, e produce malessere più o meno marcato nelle fasce medio-basse. Il diritto alla felicità, insomma, altro non è che il diritto al benessere economico delle fasce medio-alte.

Nonostante i copiosi sforzi degli intellettuali, degli artisti e in particolare degli scrittori impegnati, le persone vive, sopra di tutto, chissà perché, quelle appartenenti alle fasce medio-basse della popolazione, che ne sono costituzionalmente escluse se non in minimissima parte, ritengono che il loro diritto alla felicità consista nell'accaparrarsi i migliori beni materiali: riparo, cibo, salute, foglio di carta per fare i concorsi o accedere ai piani alti del mondo del lavoro (a stipendi alti). Non lo scopro io che della vera istruzione e della cultura non gliene frega niente a nessuno. Tanto è vero che le persone vere, quelle vive, leggono pochissimo, si informano male, non vanno a teatro, ai concerti, alle mostre ecc. Non ci piace, ma è così. Queste robe qua sono riservate a una piccola avanguardia che fa parte o aspira a far parte della classe dirigente. Certo, tra gli interessati ai fatti espressivi sopravviverà una percentuale di persone appartenenti alla fascia medio bassa, che non nutrono nessuno ambizione di potere. Ma di che numeri stiamo parlando? Prendiamo ad esempio il teatro. In Italia si vendono 13 milioni di biglietti all'anno per eventi teatrali, che comprendono concerti, lirica, prosa, comici e musical nelle grandi arene o nei palazzetti dello sport, e quant'altro. Si tratta in media di una presenza a teatro ogni cinque anni. Non solo, siccome si tratta di numeri falsati, le presenze relative a fatti che abbiano un contenuto artistico almeno decente non credo superino il 20% della cifra suddetta. Quindi la presenza media a un evento teatrale con contenuto “ artistico “ decente si riduce a una ogni 25 anni. De che stamo a parla'? Gli italiani si recano a teatro sì e no 3-4 volte nella vita. Vuol dire che le persone vere, quelle vive, a teatro non ci vanno, alle proprietà salvifiche della cultura non ci credono. Vuol dire che il teatro si continua a fare nonostante l'ostilità del pubblico popolare, che evidentemente non si sente rappresentato da questa forma di arte, che ritiene appartenente alla élite borghese.

Per questo indigna, davvero indigna, che gli occupanti dei teatri, che dovrebbero essere preparati, colti, intelligenti, non si rendano conto che essere avvicinati al centro del dibattito politico come rappresentanti principali delle proteste è una maniera furba per falsificare gli avvenimenti. È una furbizia alla quale ricorrono i padroni del sistema politico-editoriale per svalorizzare l'insorgere di cittadini insofferenti di fronte all'espandersi dell'ingiustizia economica. Per via che quelli della cultura vengono percepiti dai cittadini italiani come stravaganti, in senso affettuoso dalle persone bendisposte, in senso dispregiativo da tutti gli altri, la stragrande maggioranza, che anche se non possono dirlo esplicitamente li considerano ancora peggio dei teppisti cosiddetti black bloc.

Ma che glielo devo dire io a tanti fior di intellettuali che dai teatri ci si può al massimo rivolgere alle avanguardie delle élites dirigenti delle quali facciamo parte, o delle quali aspiriamo a diventar parte il prima possibile, mi si perdoni la malizia, a seguito di servizi resi...

Prendiamo il teatro Valle, una delle esperienze politiche che stanno in tanti markettizzando a proprio favore. Mi taccio sulla qualità dei contenuti artistici proposti in questi mesi dagli occupanti, dicendo solo che non rappresentano affatto il meglio del teatro italiano, quello fatto dagli artisti che rischiano di più sulla loro pelle e che sempre sono stati lontani dalla greppia statalista (e dal quantomeno poco morale sistema di casting televisivo e cinematografico). Parlo invece degli aspetti economici e organizzativi. Il teatro Valle era nel circuito ETI, ente teatrale italiano chiuso per decreto ministeriale pochi mesi fa. Ebbene, l'ETI, per tanti e tanti anni, ha mantenuto lo status quo promuovendo il teatro più ingessato, contribuendo assai all'erezione delle barriere di accesso, che impedivano e impediscono al pubblico di venire a contatto con contenuti più interessanti e valenti dal punto di vista artistico, e ai teatranti più innovativi di ottenere le necessarie ribalte. Della chiusura dell'ETI, dunque, bisogna essere tutti contenti, come lo sarebbe Carmelo Bene (uno che i teatri li riempiva ma dall'ETI era osteggiato), che si batté a lungo contro di esso, chiedendone appunto la chiusura.

Meno contenti bisogna essere della chiusura di un teatro, a prescindere. Ben venga l'occupazione. Che però, pare, è venuta a difesa di interessi particolari, non di interessi generali. Cioè a difesa dei lavoratori del teatro, che sarebbero stati spostati in altre istituzioni o non fatti lavorare più, immagino, nel caso dei precari. Chiaramente non c'è nulla di male a difendere il proprio posto di lavoro, anzi... Ma di questo si tratta, di questo pare si tratti. In campo, del resto, c'era la proposta di soggetti privati per gestire il teatro con formule innovative, non so quanto efficaci. Ma tanto...

I fatti, in termini economici, sono questi. Il teatro Valle gestito dall'ETI costava alla comunità 2 milioni e mezzo all'anno. Sono pochi sono tanti? Non so. Per un teatro che non produce, ma accoglie solo distribuzioni, sono tanti, qualcosa come 7.000 euro al giorno di perdita per un numero di recite che difficilmente poteva stare sopra le 200 all'anno. Sta a significare che ogni recita rimetteva 12.500 euro. Non poco... Mi azzardo a dire che un qualunque soggetto privato, ai quali sono tendenzialmente contrario, potendo perdere tale cifra per ogni recita, proporrebbe cartelloni assai superiori a quelli proposti fino ad oggi, direi addirittura stratosferici. Se non dovesse elargire favori alle compagnie teatrali “ protette “... magari dai vicepresidenti del consiglio, o assumere personale ingiustificatamente, o chissà che altro.

Però, impresari a parte, possibile che in centro a Roma, in un teatro storico come il Valle, dove si fa teatro tradizionale, non si riesca a ridurre drasticamente la necessità di denaro pubblico? Si tratta di un teatro che ha 630 posti. Facendoci 200 recite all'anno si potrebbero fare 126.000 spettatori. Siccome fare sempre esaurito non è possibile, diciamo meno un 10% (che potrebbero divenire biglietti omaggio per i poveri). Si tratterebbe di 113.400 biglietti venduti. Se lo si facesse a una media di miserabili 20 euro si otterrebbero incassi per 2.268.000 euro, ai quali si dovrebbero lo stesso sommare i contributi degli sponsor e delle amministrazioni pubbliche, ma per quanto riguarda queste ultime solo in misura minima.

Ho sentito e letto di statuti novativi, di fondazione di un vago centro per la drammaturgia italiana, ma di soldi si parla poco. Se parlassero di soldi, gli occupanti del Valle, nei termini appena detti, sì che sarebbero benemeriti, sì che diverrebbero credibili. Invece, temo, vorranno gestire il teatro come rappresentanti del popolo, assolutamente contraddicendosi perché in democrazia tali lo sono solo quelli eletti mediante  libere elezioni... Ma lo stesso esigeranno i soldi pubblici, da Stato, Regione e Comune, ignorando la potenzialità eversiva degli incassi... Lo faranno naturalmente in nome del diritto alla cultura e queste cazzate qui. Quello che è peggio è che gli otterranno, i pubblici anelli di finanziamento, ulteriormente danneggiando i teatranti più innovativi, sempre in nome del popolo che ha diritto sì a una cultura, ma, che cazzo, che sia una cultura comprensibile, vale a dire facile (cioè inferiore a quella degli occupanti e del loro pare ristretto circolo).

Andrà malinconicamente a finire, temo, che prima Renzo Arbore non aveva accesso al cartellone del Teatro Valle, e invece ce l'aveva il problematico Carlo Cecchi; poi ce l'avrà Renzo Arbore a danno di Carlo Cecchi, l'artista che fa il miglior teatro di tradizione, e infatti i teatri li riempie, ma senza fare sconti “ culturali “ a nessuno, tanto meno al cosiddetto popolo. Oppure andrà a finire che ci faranno la drammaturgia loro senza pubblico, ma però faranno la cultura... Dalla quale, da questo modo di interpretarla, mi sento pure di stare alla larga, di consigliare i miei cari di starne alla larga. Giacché la cultura, come la si pratica in Italia, è lo stesso della felicità: per affermare i propri non sempre indiscutibili principi non guarda in faccia a nessuno. 

Ps del 13 nov 2011: andatevi a leggere questo articolo, a proposito di rivoluzione culturale al Teatro Valle occupato. Anche questo, dove pontifica Franco Cordelli, che del resto ha un'ottima idea di teatro, al limite della celebrazione dei misteri di antica memoria, anche se di teatro teatro, della rivoluzione novecentesca avvenuta in questa disciplina artistica, se n'intende poco (come tutti i letterati prima di lui, Raboni compreso), per sua stessa ammissione... e forse da qui la sua originalità.

mercoledì 12 ottobre 2011

Gente che se la ride



umorista che festeggia la conquista di uno spazio  Rai da destinare alla cultura

Mettiamo che accenda il televisore e veda a tutto schermo una signora ridanciana  - una che comunque  sa fare assai bene il proprio mestiere (ma stroppia) - la quale in un moderno salotto rosso esalta le doti di scrittori suoi ospiti  che a me, pe' limitismi mii, paiono modeste;  del resto scrittori abbastanza seriosi, decisamente poco dotati di senso dell'umorismo. Mi dico: potrebbe almeno non ridere. Mettiamo inoltre che vienghi a sapere, ché le cose se vienghino sempre a sapere,  che la signora ridanciana  è sotto contratto di una nota casa editrice che produce il suo programma, della quale sono incresciosamente coproprietari gli scrittori intervistati. Mi dico: la signora è un'aristocratica, così si dice in giro, facendo a questa maniera dimostra quantomeno una caduta di stile. 

Vabbè, si tratta di fatti del passato, peccati venali.

Invece altri, massinalisti e repressi, avrebbero certamente  detto che il conflitto di interessi non lo si combatte con le parole e con le indignazioni, ma con i comportamenti. Miserabili  e retorici...  mettere in discussione la provata buona fede di questi  uomini e donne che tanto fecero  e si battettero  (voce del verbo battere) per la  cultura. Bisogna sempre essere all'altezza. Bisogna nascerlo... Loro, i massinalisti, miseramente, non lo nacquero.

domenica 9 ottobre 2011

Roberto Saviano ha deciso che è venuto il momento di osare di più

Roberto Saviano ha detto che è venuto il momento di osare di più. Già, come molti di noi non può sopportare che Sandro Bondi diventi uno dei massimi dirigenti di Mondadori: è venuto il momento di osare di cominciare a pensare seriamente di  abbandonarla, la casa editrice di B., anche se ciò  dovesse comportare perdita di benefici e addirittura di danaro.  Oppure, osare di più, ma gradualmente, in senso riformistico...

PS: possibile che i nobili promotori del movimento Libertà e Giustizia non si rendano conto che ci sono decine e decine di Logge Massoniche che si chiamano così? Che una  losca Loggia Giustizia e Libertà fu compromessa, non tanti anni fa, per via dell'inchiesta P2? Bah, si vede che sono nobili ma  ingenui.

PS2: i comunisti mi sono abbastanza antipatici  da sempre, ma peggio degli ex comunisti non c'è nulla.

martedì 27 settembre 2011

Ora di religione


In fondo il Dio a cui  pensano i secolarizzati cattolici italiani è un tipo che a un certo punto, per infinita bontà, si manifesta a dare loro   quello che gli serve: cibo, un buon riparo,  considerazione sociale, affetto,  case che si puliscono da sole, auto di grossa cilindrata, calcio a go go, sesso quando uno ne ha voglia, mogli e mariti che non rompono, figli che si drogano solo il minimo indispensabile, programmi tv meglio di quelli di ora. E, sopra di tutto,  pensano assurdamente a un Dio che dia loro ragione (un ossimoro).

sabato 24 settembre 2011

Nietzsche e i guidatori di bolidi


un bel libro

Nel popolo italiano quelli della cultura sono pochi pochi, lo sappiamo tutti. Esso  è formato da incolti, da appena appena alfabetizzati che se va bene leggono i libri di barzellette (quelli mediocri, intendiamoci). Nel mezzo a minoranza colta e maggioranza  gnorante resiste  un'esigua rappresentanza  di scettici, li componenti della quale vorrebbero tanto ci fosse più cultura, almeno nel senso dell'amore per l'arte e l'espressione, ma non si fidano della minoranza mercantile che praticando la cultura ne vuole ottenere il massimo di beneficio, anche in termini di diritto a condurre la società; di quella minoranza che prima cerca di imporre alle maggioranze il principio che debbono comandare i colti (l'illuminismo pragmatico scalfariano), poi si descrive e si fa descrivere, in genere  da propri dipendenti o fiancheggiatori,  come massimamente colta...

Sappiamo tutti che fra quelli della cultura non c'è alcun accordo, che anzi, la tendenza è quella di dividersi per visione del mondo, capacità intellettuale, corrente artistica, relazioni importanti, età, esperienza, titoli, opere prodotte, risultati di pubblico, appartenenza a logge, loggette e porticati. Quelli accusano quegli altri, e si tolgono il saluto, e te vendi perché fai schifo, e te sei invidioso, e io mi rivolgo alle masse, e il mio pubblico... sono abbastanza patetici... Non a caso, per trovarne uno intellettualmente onesto, tra quelli della cultura, bisogna farsi spazio tra miriadi di teste di cazzo che tendono a proteggere la propria o perina o l'appartenenza a uno o l'altro dei branchi in campo.

Ora, i considerati analfabeti, sapessero quello che sanno certi scettici, avessero visto quello che hanno  visto
certi scettici, la prosopopea di quelli della cultura la farebbero letteralmente sparire, presi dalla furia ne farebbero sparire anche tante testimonianze (fu il terrore di Nietzsche alla notizia falsa che circolò in Europa circa la distruzione del Louvre da parte dei comunardi; rispetto alla quale falsità giornalistica il filosofo baffuto si rifiutava di incolpare la povera gente per l'eventuale atto iconoclasta, e si domandava: sono o no colpevole quando godo della cultura di cui la classe povera è priva?). Ma non lo sanno... ancora, non lo sanno... altrimenti gli analfabeti si incazzerebbero parecchio, e brandirebbero contro i sedicenti colti qualcosa di più pesante dei libri di barzellette... Possibile che i componenti la minoranza colta  questo non lo capiscono? Possibile  non capiscano che possedere la cosiddetta cultura, peraltro  quasi sempre in senso narcisistico, è al giorno di oggi soltanto una questione di gusto, che in nulla supera il gusto di chi sa giocare a pallone o nuotare o guidare un bolide? Possibile che i sedicenti colti vogliano acquisire il diritto definitivo al comando inducendo i barbari analfabeti alla distruzione di qualche opera di cultura, in modo da accusarli per sempre di essere colpevoli del crimine contro la cultura e poterli governare quali esseri inferiori?

I guidatori di bolidi, appunto: prendiamo loro come esempio, questi individui particolari, questi tipi singoli  che penso piacerebbero allo stesso Nietzsche. Essi sono forse  gli individui con più autorevolezza riconosciuta dalla maggioranza dei cittadini,  maggioranza  che sarebbe meglio definire stramaggioranza, la quale  fino ad oggi mantiene il diritto al voto... Mettiamo che i guidatori di bolidi, avendo preso il posto dei guerrieri di una volta, intendessero occupare il centro della società e governarla coi propri principi: noi più intellettivi non avremmo il diritto di essere scettici, nonostante le loro indiscutibili capacità e nonostante  il consenso dal quale sarebbero circondati?  E sì che nella visione del mondo dei guidatori di bolidi non mancherebbe nulla, né in termini scientifici né in termini umanistici, per organizzare la società in modo efficace e forse anche bello. Infatti,  un guidatore di bolidi deve avere doti umane non comuni e sfruttare tutte le proprie capacità per avere successo, psicologiche e fisiche (non risulta ci sia una metafisica dei guidatori di bolidi); del resto, dal punto di vista scientifico, nel mondo dei guidatori di bolidi si fa tanta ricerca, e difficilmente un buon ricercatore viene escluso perché non fa parte di un branco, men che mai può venire escluso a priori un buon guidatore (lo so che in certi casi bisogna investire molto per dimostrare le proprie doti; ma non è uguale nel circuito della cosiddetta cultura?)

Vabbè, non mi paga nessuno, chi vòle capi' capisce...  

venerdì 23 settembre 2011

Epistola prima per Aldo Busi

giurista che si perplime 

Caro Aldo Busi, in altri casi le ho fatto sperticati elogi, e ne vado fiero, ma questa volta, schierandosi a favore di un'iniziativa così idiota come quella dell'outing, mi sembra che ha toppato di brutto. Lei cosa avrebbe fatto se il suo nome a suo tempo fosse stato inserito da anonimi in una lista di sicuri pedofili? Si sarebbe incazzato non poco, avrebbe sfidato gli anonimi a uscire allo scoperto e li avrebbe querelati (o bastonati?). Ebbene, è ciò che faranno i dieci nomi inclusi nella lista secondo lei benvenuta, che per assurdo diventeranno i buoni e i miti perché dalla parte del diritto. Bel risultato... Senza contare che la DELAZIONE sarà d'ora in poi considerata legittima, come strumento di lotta politica,  da chi è a priori nemico del diritto,  perché sdoganata dalla parte progressista e più smagata della popolazione intellettuale. D'ora in poi si potranno fare liste di PROSCRIZIONE  anonime su tutto. Non sarà un bello spettacolo. 

Le battaglie per i diritti, caro Busi, si fanno con gli strumenti del diritto. Con gli strumenti dei barbari si ottiene solo di imbarbarire ancora di più la popolazione. In Italia ce n'era bisogno?