Adoro il lavoro ma detesto la fatica. Adoro il lavoro ma detesto la fatica. Adoro il lavoro ma detesto la fatica. Adoro il lavoro ma detesto la fatica. Dispiace che un artista che lancia slogan come questo, sui quali si potrebbero costruire nuove civiltà, un artista delicato come Enzo del Re, se ne sia andato, ancora abbastanza giovane dal punto di vista anagrafico e giovanissimo dal punto di vista artistico. Dispiace pure che viveva, come si dice, in perfetta solitudine, considerato nella sua cittadina, Mola, alla quale dava lustro in tutto lo stivale, poco più che un... molestatore. Dispiace soprattutto perché il governatore novativo Niki Vendola, che governa la Puglia da appena sei anni, non abbia fatto in tempo a inserirlo nell’onda del rinascimento pugliese, costruendogli una piccola casa dei suoni popolari, dove poter lavorare con lentezza, come piaceva a lui, dove poter tramandare il proprio innovativo lavoro sulle tradizioni musicali e sul dialetto, del resto sulla scia del grande Matteo Salvatore. Mi auguro che per pudore non gliela costruiscano dopo, una casa, quelli del culturale, a fini miserabilmente propagandistici. Anzi, se gliela dovessero costruire, mi propongo come organizzatore di un gruppo di artisti teppisti per demolirla coi fiori, con le mazze e con gli sputi.
Certo, Enzo del Re era un minoritario per vocazione, si occupava di temi minori come lavoro, operai, movimento, suoni del popolo, lingua e dialetto. Quando negli anni ’70 aveva raggiunto un po’ di popolarità, faceva le serate con il cachet di una giornata di lavoro di un metalmeccanico. Insomma, faceva robe così, assolutamente elitarie. Si fosse occupato di crisi esistenziali degli architetti, come tutti gli artisti impegnati, si sarebbe meritato un posto d’onore nei salotti indignati della tv italiana. Ma così com’era...
Certo, Enzo del Re era un minoritario per vocazione, si occupava di temi minori come lavoro, operai, movimento, suoni del popolo, lingua e dialetto. Quando negli anni ’70 aveva raggiunto un po’ di popolarità, faceva le serate con il cachet di una giornata di lavoro di un metalmeccanico. Insomma, faceva robe così, assolutamente elitarie. Si fosse occupato di crisi esistenziali degli architetti, come tutti gli artisti impegnati, si sarebbe meritato un posto d’onore nei salotti indignati della tv italiana. Ma così com’era...
Io per gli sfruttatori non voglio fare niente. Per la classe lavoratrice, alla quale mi onoro di appartenere, sono disposto a sacrificare la ma vita, ma per i padroni non voglio fare un cazzo.
Qui, una bella intervista audio a Enzo del Re, realizzata da radiondattiva, dalla quale è tratto il ragionamentino appena sopra.Qui un mio recente post su Enzo del Re
Non conoscevo l'opera di Enzo del Re, ma le similitudini con quella di Matteo Salvatore arrivata alle mie orecchie attraverso la musica di Daniele Sepe, la rendono immediatamente interessante e fanno istintivamente nascere il rammarico per la sua scomparsa...
RispondiEliminaGrazie davvero di questo contributo.
Tra Giovanni Giudici e Enzo del Re che ci salutano... l'arte se ne staandando al camposanto, mentre qua resta tutto, perennemente, un camposalato.
RispondiEliminaciao