Larry Massino is back, dispartito, tornato at home. Un caloroso abbraccio a tutto il suo pubblico, Floarea, Davide, Rita, Francesco: meno dei 25 lettori che immaginava di avere Alessandro Manzoni, ma senz'altro più qualificati.
martedì 4 dicembre 2012
El especialista de Barcelona
sabato 27 ottobre 2012
Edoardo Nesi, Luca Cordero di Montezemolo e Matteo Renzi
Campagna di sensibilizzazione politica. A sinistra elettori di destra in attesa che compaia il tanto atteso padrone buono
Eddài eddài, le cose vèngano fòra. Lo scrittore pratese Edoardo Nesi si è dimesso da Assessore alla Cultura nella giunta provinciale di Prato, di centrosinistra, dove era in quota PD. Da componente del PD, peraltro, amico dello scrittore Walter Veltroni (qui Massimo D'Alema incoraggia beffardamente il suo storico rivale a fare lo scrittore a tempo pieno, a favore del PD ma a danno... ad ogni modo la letteratura può sopportare), Nesi fu palese sostenitore dello scrittore Matteo Renzi (qui il debutto letterario del sinda'o novativo), pronunciando un empatico discorso durante la convènscion della Leopolda, lo scorso autunno, non so se prima o dopo l'altrettanto empatico discorso dello scrittore Alessandro Baricco. Secondo l'Unità, organo del PD, le cose andièdero a questa maniera:
" Uno dei più attesi alla Leopolda è stato lo scrittore pratese Edoardo Nesi. Lo scrittore vincitore del premio strega 2011 ha partecipato alla stesura del "programma" (anche se così agli organizzatori suonerà un po' da partito tradizionale". E l'ha detto in modo esplicito dal palco: "Caro Matteo, ora tocca a te". Leggi: candidarti alla guida del centrosinistra per guidare l'Italia. "Dillo che ai posti di governo deve andare chi abbia moralità e soprattutto competenze specifiche; dillo che non è vero che le vite dei nostri figli saranno peggiori delle nostre, faremo in modo che non sia così. E diglielo ai nostri figli che non devono spuntare i loro sogni per rassegnarsi a una maledetta vita precaria, sotto una cappa nera di pessimismo. Vai sicuro Matteo, tanto sarà difficile far peggio di chi ti ha preceduto. Forza e coraggio, ciao». Un lungo applauso ha chiosato le parole dello romanziere-imprenditore che con "Storia della mia gente" ha raccontato il declino e il cambiamento del distretto industriale tessile di Prato ".
Per completezza dell'informazione, come si dice, pare giusto ricordare come si espresse Baricco, secondo Il Post che ne riporta il video (qui):
Ieri sera Alessandro Baricco ha partecipato a bing bang, il convegno organizzato dal sindaco di Firenze Matteo Renzi alla stazione Leopolda della città. Baricco è salito sul palco per un breve ed efficace intervento in cui ha parlato delle battaglie di questi anni, dei pochi rischi che si è voluta prendere la sinistra e del tempo speso a " convincere gli altri sulla necessità di cambiare le cose fino a essere arrivato alla conclusione che non si trattasse di gente da convincere, ma da superare ".
Ora, però, Nesi si è dimesso da un incarico politico datogli dal PD, e, contestualmente, si è iscritto al partito di Montezemolo (al quale a questo punto non gli rimane che diventare scrittore anche lui, per il bene del paese), lasciando Matteo Renzi al suo destino. Niente di male, per carità. Si tratta sempre di gente di destra, sebbene Montezemolo potrebbe anche essere che è più a sinistra di Renzi (di Nesi di sicuro). Vabbè, destra e sinistra davvero chi se ne frega. Fatto sta che se tu passi con tale disinvoltura da essere uno dei più qualificati sostenitori di Matteo Renzi a uno dei più qualificati sostenitori di Montezemolo, mi autorizzi a pensare che i due leader politici hanno qualcosa in comune, che appartengono alla stessa area sociale, che hanno più o meno le stesse ricette politiche. Infatti, confrontati i propositi contenuti nei loro programmi di governo, è così. E allora mi viene maliziosamente da pensare che la moderatezza politica di Renzi, di Montezemolo e Nesi, altro non sia che la base di un futuro partito dei padroni buoni, gli stessi che Nesi propaganda nei suoi scritti (o forse più buoni ancora?). E mi viene da pensare che il generale silenzio sul curioso trasferimento politico dello scrittore pratese, in piena campagna per le primarie alle quali partecipa il suo (ex?) faro politico, contenga qualcosa di più che una distrazione giornalistica. In buona sostanza, mi sa che Matteo Renzi gli abbia detto, a Nesi, vai avanti tu (che a me mi viene da ridere).
Ps: a proposito di scrittori e partiti dei padroni: della abbastanza opaca delazione dello scrittore parmigiano Paolo Nori (qui), pubblicata sul giornale padronale Libero, ai danni del sempre più rocambolesco PD, ne parlo un'altra volta.
domenica 30 settembre 2012
Il peso della coerenza di Christian Raimo (meno di 21 grammi)
Naomi Watts e Sean Penn alla fine di uno sfiancante confronto culturale (dal film 21 grammi)
Christian Raimo, uno dei componenti più autorevoli della generazione TQ, neo direttore dell'inserto culturale del nuovo quotidiano Pubblico, è uno che all'integerrimità morale ci tiene, lo sanno tutti, e lo dice bene nell'articolo dove spiega che il suo comportamento, da direttore, non sarà come quello di tanti che sfruttano i collaboratori e fanno pastette (qui). Nell'intervista che ha rilasciato ad Affari Italiani (clic) c'è scritto tra l'altro così: < Nella scelta dei collaboratori, Raimo sta "pescando" dal suo ambiente. " Cito solo alcune firme che avremo: Nicola Lagioia, Francesco Pacifico, Marco Mancassola, Giorgio Fontana, mia sorella Veronica (scrittrice, ndr), Daniela Ranieri, Carolina Cutolo e Antonella Lattanzi " >. Ora, a parte il " mia sorella Veronica ", che potrebbe essere il titolo di un prossimo film iconoclastico di Nanni Moretti: chi ha scritto la prima importante recensione dell'atteso romanzo di Raimo, Il peso della grazia, uscita su Repubblica lo scorso 21 settembre, un giorno prima dell'uscita in edicola del decisivo inserto culturale del quotidiano Pubblico diretto da Raimo? Antonella Lattanzi, che tra l'altro risulta essere giovane scrittrice edita da Einaudi, la stessa casa editrice che manda in libreria Raimo. Che dire? Questi scribacchini mestieranti (fin qui si può!) andassero tutti a pigliarsela in der... si potrà? Naturalmente non riferito alle persone, che non sta bene, ma alle loro sempre meno trasparenti azioni nel campo della produzione culturale italiana.
Post del critico ufficiale del blog, Larry Francisco Romero Do Santos Viendallumèr
venerdì 21 settembre 2012
Giuseppe D'Avanzo fa lezione di giornalismo agli italiani (anche a Marco Travaglio...)
Convegno di militanti del Movimento 5 stelle; sessione dedicata alla riflessione sulla calunnia sparsa da certa stampa sul fatto che siano di destra
Oggi mi sento di fare un omaggio a Giuseppe D'Avanzo. Leggetelo o rileggetelo, questo suo profetico articolo sulle sorti del giornalismo, della politica e dell'Italia (CLIC)
giovedì 9 agosto 2012
Non succede mai niente estate (post con periodici inserimenti)
i fratelli della Valle in una vecchia foto di repertorio, mentre trattano con un fotografo che vuole immortalare una delle loro prime imprese artistiche avute in custodia, la fontana di Emanuele Trevi (clic per vedere filmato)
Avvertenza ai turisti: non vi fate fregare, il Colosseo non è di Totò e Nino Taranto. Infatti, dicheno che a Roma si è fatto l'accordo: il Colosseo è stato " concesso a Diego della Valle, in cambio di un finanziamento di 25 milioni Iva inclusa, l'esclusiva per 15 anni sul logo del monumento più amato e più visitato d'Italia ". Vorrà dire che chi vorrà fotografare il Colosseo, d'ora in poi, dovrà trattare con Diego della Valle in persona? O va bene anche il fratello? Mica faranno come con la Fiorentina, che si vendono tutto?
Bertolaso al suo arrivo in Africa, mentre si fa aiutare a scegliere una massaggiatrice per farsi dare una ripassata
Dice Guido Bertolaso che è emigrato in Africa, che vuole essere lasciato in pace. Senzameno. Solo volevo chiedergli di salutarci Walter Veltroni, se lo incontra. Lo dice in questa intervista qui, rilasciata al bollettino politico dei bar sport di tutta Italia, dove è scritto chiaramente che è colpa del Presidente Giorgio Napolitano, e che se c'era l'unico Presidente onesto che l'Italia abbia mai avuto, Sandro Pertini - uno che ebbe la tempra di nominare Bettino Craxi PdC e di tenerlo quattro anni senza farlo mai sgarrare - nessun mascalzone di giornalista si sarebbe mai permesso di scrivere che Guido Bertolaso, da ministro e capo della protezione civile, si è comportato come un gangster; lo stesso, nessun magistrato si sarebbe mai permesso di metterlo sotto processo.
Amico di Bertolaso circondato da africani poco convinti dal promesso arrivo di un messia da Roma.
Amico di Bertolaso spiega a giovani africane che fare le massaggiatrici professioniste non è un lavoro immorale
recente ritratto di Roberto Savianarola
LA VERITÀ E' CHE questi comportamenti non sono altro che il segno tangibile della crisi istituzionale che ha caratterizzato la Seconda Repubblica sin dagli inizi, che si è consumata e manifestata in maniera evidente nella dialettica violenta, costante e sempre sotto traccia, tra Politica e Giustizia. Su questa tensione ha giustificato la propria esistenza politica Silvio Berlusconi, soggetto plurinquisito, pluri-sospettato, che ha avuto tutto l'interesse a sovvertire, con la sua stessa presenza in politica, il concetto di persecuzione. Concetto traviato e strumentalizzato nel corso degli anni, cui prima o poi dovremmo restituire dignità. (Dalla rubrica L'Antitaliano sull'Espresso di questa settimana clic)
Invece LA VERITA' E' CHE se uno scrittore scrive in un articolo che vuol restituire dignità alla persecuzione, o è poco preparato o non sa scrivere. Secondo me ambedue le cose. Però, nel suo caso di scrittore, la seconda è più grave, perché la scrittura non è proprio il suo campo. Niente di male, è giovane. Potrebbe provare con la musica, con la pittura, con la scultura o con la frodografia...
Da un frodografo a un altro. Paul Coelho su James Joyce: «Oggi gli autori scrivono per impressionare i loro colleghi. Uno dei libri che ha causato questo male all’umanità è stato l’Ulisse, che è soltanto stile. Non c’è nulla, lì dentro» (qui l'articolo di Ida Bozzi sul Corriere). Benedetto il cielo: se io ignobile pedatore dicessi che Maradona ha giocato a calcio solo per impressionare i suoi colleghi, che è stato sopravvalutato, non mi piglierebbero tutti a sputazza? Nel letterativo, al contrario, un modestissimo penninmano come Coelho può dire che Joyce... Che dire? Tante persone impreparate hanno scritto un inutile romanzo - o vorrebbero scriverne uno, senza peraltro possedere neanche un briciolo del necessario temperamento artistico. Tra queste, quelle che ho incontrato io personalmente, tutte leggono robaccia come Coelho o Livingston o Tamaro o Baricco. In effetti questa è la funzione di questi scrittori qua: parificare chi scrive a chi legge, mandare il messaggio che tutti possono scrivere, che tutti siamo artisti ecc ecc. Marketing, nient'altro che marketing: sembrano dire, questi penninmano, che intanto i futuri artisti comprino i romanzi che loro fornisce l'industria editoriale (i loro medesimi...), ché prima o poi essa si occuperà anche dei testi degli aspiranti, e li renderà ricchi e felici, e li metterà al centro dell'attenzione come meritano... Ma così non è, e non può essere... Insomma, come sempre gli editori stanno fregando i lettori, con la complicità di un po' di penninmano. E poi dice che la gente segue il calcio invece di leggere...
Ps: ad ogni modo è vero che Joyce ha scritto più che altro per i suoi colleghi (pochi). Ma se qualche penninmano lo vuol leggere, così come qualche lettore, non c'è nulla di male, anche saltando le pagine che trova faticose. Però una domanda mi sorge spontanea: in Dedalus, Gente di Dublino, gran parte dei capitoli di Ulisse, cosa c'è di così faticoso? E se per assurdo il merito di Joyce fosse solo quello di aver scoperto Italo Svevo, non sarebbe già solo per questo almeno 500 volte più importante di Coelho, per la storia della letteratura?
Coelho e segretaria mentre mettono in ordine la produzione letteraria di un mattino
Da un frodografo a un altro. Paul Coelho su James Joyce: «Oggi gli autori scrivono per impressionare i loro colleghi. Uno dei libri che ha causato questo male all’umanità è stato l’Ulisse, che è soltanto stile. Non c’è nulla, lì dentro» (qui l'articolo di Ida Bozzi sul Corriere). Benedetto il cielo: se io ignobile pedatore dicessi che Maradona ha giocato a calcio solo per impressionare i suoi colleghi, che è stato sopravvalutato, non mi piglierebbero tutti a sputazza? Nel letterativo, al contrario, un modestissimo penninmano come Coelho può dire che Joyce... Che dire? Tante persone impreparate hanno scritto un inutile romanzo - o vorrebbero scriverne uno, senza peraltro possedere neanche un briciolo del necessario temperamento artistico. Tra queste, quelle che ho incontrato io personalmente, tutte leggono robaccia come Coelho o Livingston o Tamaro o Baricco. In effetti questa è la funzione di questi scrittori qua: parificare chi scrive a chi legge, mandare il messaggio che tutti possono scrivere, che tutti siamo artisti ecc ecc. Marketing, nient'altro che marketing: sembrano dire, questi penninmano, che intanto i futuri artisti comprino i romanzi che loro fornisce l'industria editoriale (i loro medesimi...), ché prima o poi essa si occuperà anche dei testi degli aspiranti, e li renderà ricchi e felici, e li metterà al centro dell'attenzione come meritano... Ma così non è, e non può essere... Insomma, come sempre gli editori stanno fregando i lettori, con la complicità di un po' di penninmano. E poi dice che la gente segue il calcio invece di leggere...
Ps: ad ogni modo è vero che Joyce ha scritto più che altro per i suoi colleghi (pochi). Ma se qualche penninmano lo vuol leggere, così come qualche lettore, non c'è nulla di male, anche saltando le pagine che trova faticose. Però una domanda mi sorge spontanea: in Dedalus, Gente di Dublino, gran parte dei capitoli di Ulisse, cosa c'è di così faticoso? E se per assurdo il merito di Joyce fosse solo quello di aver scoperto Italo Svevo, non sarebbe già solo per questo almeno 500 volte più importante di Coelho, per la storia della letteratura?
Post a puntate di Larry Svizzero e Larry Francisco Romero de Santis Viendalumèr
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Roberto Saviano
venerdì 3 agosto 2012
L'empatia di Roberto Saviano
Lettore empatico
Si sbaglia sempre tutto. In fatto di empatia, per esempio, io mi credevo che fosse una cosa brutta metterla al centro della propria visione estetica. Perché ero rimasto a Bertolt Brecht. Figuriamoci, uno che quando nacque lui mica c’era da combattere la criminalità comune, con le parole... C’era da combattere un intero atteggiamento criminale della società borghese, la quale fregava gli oppressi, secondo Brecht, anche costringendoli a partecipare alle proprie passioni, attaverso le opere d'arte, anche intese come opere fatte per favorire il comune divertimento, come gran parte di quelle prodotte per il cinema e il teatro. Per questo introdusse lo straniamento, B.B., che sarebbe quella cosa lì per cui messo di fronte a un evento lo valuti adoperando strumenti analitici invece che immedesimarti e parteciparvi a tua volta in maniera emotiva.
Mettiamo che noi ora si mette in moto il favoloso concetto di straniamento per valutare le eroiche gesta di Roberto Saviano, il quale dice sempre che la criminalità ha paura delle parole. La passione, in effetti, il bisogno popolare di fabbricare eroi, ti fa credere che sia così: il valore della testimonianza civile e qui e là. Invece, distaccandosi e rovesciando la questione in termini analitici, appare abbastanza chiaro che le organizzazioni criminali hanno paura più che altro dell'autorità giudiziaria e della forza delle polizie. Al contrario, hanno tutto l’interesse a che lo scrittore impaurista internazionale Roberto Saviano goda del massimo di autorevolezza e visibilità, in modo che faccia loro da gratuito testimonial. Perché? Da una parte non rivela nulla di più di quanto tutti sappiamo (chi sta nelle zone calde ne sa molto di più, e in maniera più precisa, di quanto ne sappia lo stesso Saviano), peraltro descrivendo le singole organizzazioni criminali come così potenti che non c'è maniera distruggerle, andando ad accrescere, presumo, il super io di ogni singolo malamente; dall’altra lo scrittore è un magnifico deterrente per chiunque abbia da fare contro una qualsiasi organizzazione o qualsiasi singolo criminale, perché se uno che ha scritto un libro limitandosi all’indignazione deve girare con la scorta e vivere nelle caserme, cosa dovrà fare un giornalista che certi fatti li descrive quotidianamente, o un magistrato che incrimina, o un poliziotto che arresta, o un giudice che condanna, o un taglieggiato, o un normale testimone di giustizia?
Brecht, che lottava contro la criminalità in quanto tale e non solo contro la criminalità sciagattata dei disgraziati, direbbe che è così come appena descritto perché il giovane Roberto Saviano sbaglia atteggiamento intellettuale. Da scrittore, infatti, da scrittore politicamente impegnato, ti devi battere a favore degli oppressi, contro tutte le oppressioni, contro il concetto stesso di oppressione. Se non assimili questo principio, prima di immergerti nelle lotte particolari, alla camorra o a che altro, il rischio di diventare strumento favorevole all'organizzazione oppressiva che ritieni di combattere è troppo grosso. Ti devi battere, per esempio, anche a favore degli scrittori oppressi dal processo industriale editoriale del quale hai parte non secondaria. Come ti devi battere, da accolto dalle massime autorità israeliane, per vincere l'oppressione subita dal popolo palestinese. Per dire... D’altra parte, e rimanendo al campo delle teorie intellettuali, i malamente avrebbero un magnifico strumento a disposizione per mettere i bastoni tra le ruote a Saviano, se lo considerassero avverso ai loro interessi stramiliardari: la critica letteraria. Basterebbe analizzare quello che scrive, da Gomorra in poi, per assai diminuirlo nell’autorevolezza, per via che troppo spesso Saviano manca il bersaglio, vuoi in termini estetici, vuoi giudiziari o politici. Ma anche qui, se i malamente non lo fanno, questo lavoro di analisi letteraria, vuol’egli dire, secondo me, che le cose gli vanno bene a questa maniera, se no, attraverso una delle miriadi di emanazioni nel culturale, si rivolgerebbero a uno come me, che pure sto (senza accento) sul mercato; ma in verità no a uno come me, che sono ingestibile e voglio sempre fare come minchia mi pare, uguale a un Cardano qualunque (se non l’avete ancora fatto, leggete il romanzo Di questa vita menzognera, di Giuseppe Montesano, che affronta il tema della criminalità organizzata in termini tutt'altro che imprevedibili, ma assolutamente originali; peraltro bisogna onestamente dire che il secondo me grande scrittore Montesano si dice sempre ammiratore di Roberto Saviano).
Torniamo all’empatia, questo antico strumento di trascinamento degli oppressi nel campo di dominio degli oppressori (dico così, per dare un po’ di enfasi al discorso...). Empatico sarebbe quell’atteggiamento secondo cui leggo un’opera d’arte - come dovrebbe essere anche un romanzo - completamente immerso, immedesimandomi nelle necessità del suo autore, ma anche di quelle del suo narratore interno, o delle vicissitudini dei suoi molteplici personaggi. E non la leggo, l’opera, valutandola per quelle che sono le mie necessità e vicissitudini di attore, lettore, spettatore, interprete, studioso, critico, osservatore. Un'opera, secondo la teoria di B.B., va letta estraniandosi dall’effetto illusorio che essa contiene, per farla divenire parte del processo artistico e sociale all’interno del quale essa avviene (Brecht era un po' complicato, ma ragionava bene). Senza estraniamento, diceva Brecht, il processo artistico è falsato. Più precisamento Brecht diceva che è attraverso l’empatia e l'immedesimazione che si falsa la realtà (e adesso, Saviano, come la mettiamo?).
Ora, questo pezzo lo sto scrivendo non tanto per dire Saviano qui Saviano là, ché l’ho già detto mille volte... ma perché girellando in rete ho trovato un articolo di uno dei critici più accreditati, Marco Belpoliti, che ha proprio questo titolo: empatia. Lì per lì ho pensato che non avrei dovuto farmi fregare sul tempo, che avrei dovuto farlo io l’articolo sull’empatia. Messa da parte la normale quota di narcisismo, però, mi sono risollevato: vai, ho pensato, ora gliene dice, Belpoliti a Saviano, di Brecht e dello straniamento; ora gliene dice che dal punto di vista estetico parlare di empatia è reazionario, equivale a riportare le lancette indietro di più di un secolo e tornare al naturalismo ottocentesco; ora gliene dice che è uno scrittore retrogrado (il che non ci sarebbe nulla di male, intendiamoci, ma con l’empatia risulta anche uno scrittore non realista, almeno nel senso del realismo come disciplina conoscitiva, basata sul materialismo scientifico). Insomma, ho pensato, questa volta è impossibile che Marco Belpoliti non gli dica a Roberto Saviano che di fatto è uno scrittore spiritualista, che non per caso fa leva sulla fede sua e quella dei suoi lettori spettatori (Brecht gliela avrebbe detta così, pari pari). Poi ho letto l’articolo (clic). Lo cita, ma non gliene dice. Quello che è peggio, secondo me, è che non gliene fa nemmeno intendere...
Roberto Saviano: " La parola deve creare empatia. Questo il potere della letteratura. Quando leggi Se questo é un uomo di Primo Levi, sei ad Auschwitz ".
Bertolt Brecht: " Le sofferenze non fanno del malato un competente di medicina, e non basta il guardare dappresso, né il guardare da lontano, perché il testimone si trasformi in esperto " (Scritti teatrali, p. 188, PBE Einaudi, 1979)
Qui un articolo piuttosto endorsement di Giuseppe Montesano su Roberto Saviano
Post del critico ufficiale dell'accademia, Larry Francisco Romero de Santis Viendalumèr
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giovedì 19 luglio 2012
Per Gigi Marzullo non c'è scampo
Walter Veltroni e un amico durante una delle tante avventure africane
Spiace per l'ottimo Marzullo, ma a Rai completamente rinnovata, sarà Walter Veltroni a prendere il suo posto di uomo più banale d'Italia. Leggete qui.
Walter Veltroni sempre in Africa, durante una festicciola in onore del suo amico Massimo D'Alema, tenuto carinamente in mano un po' da uno un po' dall'altro ospite
Scoop: foto testimonianza dell'ultima pericolosa avventura di Walter Veltroni in Africa
Post di Larry Svizzero
martedì 17 luglio 2012
Libertà facoltativa: Lorella Zanardo presenta il curriculum per candidarsi ad allenatrice della squadra di indignazione acrobatica che parteciperà alle olimpiadi di Londra
Se non mi assumete ora, quando?
Sul principale organo della nuova destra populista e revanscista, Il Fatto Quotidiano, la pasionaria Lorella Zanardo clic lamenta la mancata valutazione dei curriculum (curricula per i puristi), tra i quali il suo, per scegliere i nuovi consiglieri di amministrazione Rai. Perché?
Così uno dei nostri accademici, che si firma Democratico Non Diretto, ha lasciato detto nello spazio commenti, senza naturalmente venir pubblicato:
Nel curriculum della Zanardo, a un certo punto, c'è scritto a questa maniera: " Ho lavorato in Bulgaria agevolando il passaggio al mercato di un Paese del ex Unione Sovietica ". Noi dell'accademia l'avremmo esclusa appunto per questo grave errore nel curriculum.
Ps: libertà facoltativa è la nuova rubrica del blog, che tenderà a sottolineare la poca libertà di cui si gode in rete, soprattutto nei siti di chi dice di lottare per la libertà di parola, o per la libertà tout court.
venerdì 6 luglio 2012
Un appello alle biblioteche: comprate numerose copie del libro di Emanuele Trevi
In una intervista, lo scrittore Enrique Vila-Matas (qui) indica la giovane Chiara Valerio come una delle scrittrici che gli piacciono. Invece il critico italiano Andrea Cortellessa, nella sua antologia di scrittori importanti del nuovo millennio (qui una recensione di Francesco Longo, uscita su Minima & Moralia), non la indica. Secondo voi io di chi mi fido? Dirò di più, che quasi quasi mi dispiace di aver già letto qualcuno dei 24 antologizzati: avessi aspettato un po' avrei fatto in tempo a ignorarli del tutto (qualcosa, effettivamente, mi sarei perso; ma insomma, bisogna pur avere dei principi...), continuando a fidarmi esclusivamente dei consigli di lettura di una mia amica che legge tanto (nella foto. Lo scrivo giusto perché non vorrei pensaste che la ragazza sopra ritratta è Chiara Valerio)
Ho visto che il mio amico telematico Dinamo Seligneri (qui) si sta precipitando in libreria per acquistare la copia del libro di Emanuele Trevi, che ha appena scampato per un pelo la disgrazia del Premio Strega (ma non ha scampato quella di essere antologizzato tra i qualitatevoli). Dinamo, voglio dirti forte, non lo comprare Qualcosa di scritto. Non perché mi stia antipatico Trevi. Anzi, lo trovo brillante, intelligente e ottimo scrittore. Di lui penso da tempo che sia l'erede di Enzo Siciliano, e che in quanto tale la sua vita professionale sarà sempre più in discesa. Ne risentirà l'artista, temo, perché Trevi avrà sempre da fare, ciò che ostacolerà la sua crescita, o decrescita, ché forse nel suo caso sarebbe più necessaria la seconda (lo dico senza ironia). Tornando all'amico Dinamo, se mi legge in tempo, il libro di Trevi aspettalo in biblioteca, quando sarà già maturo e vissuto dall'altrui frettolosa o meditata lettura (io di solito aspetto anni, perché mi piace leggerli quando sono consunti, questi libri, per via che mi piace leggere a loro volta le zampate lasciate dai lettori, in forma di macchie di inchiostro o di caffè o di vino o di semplice sudore; orecchie, segni grafici, scritte, capelli, foglietti ecc). Compra invece un qualunque libro di scrittori meno sulla cresta dell'onda, Dinamo, tipo Sergio Garufi, Flavio Santi, Gianni Solla o, appunto, Chiara Valerio. In ogni caso, segui come regola, in libreria, di comprare solo libri che se ne stanno nelle scaffalature in disparte, che se non li compra nemmeno uno come te ciao cocca... E mettere come regola, tutti noi, per pochi che si sia, che se i libri che si trovano nelle scaffalature seminascosti riescono a moltiplicarsi come alieni e trascinarsi sui banconi centrali delle librerie, a quel punto, li si piglia in prestito in biblioteca.
mercoledì 27 giugno 2012
Non c'è cura...
Bella partita, quella tra i solchi facciali di Beckett e quelli di Eduardo
“ Use your head, can't you, use your head. You're on earth. There's no cure for that. ”
-- Hamm, in Endgame.
A questo link potete leggere un bellissimo pezzo di Fernando Arrabal su Samuel Beckett
A questo link lo stesso pezzo in lingua originale (francese)
sabato 16 giugno 2012
I barbari sono La Repubblica e Baricco
Antichi lettori di romanzi decisivi
Paolo Nori ha un caratteraccio, ma quasi sempre ci azzecca. Oggi in modo particolare, riducendo in brandelli Baricco, e, sia direttamente che indirettamente, il giornale su cui scrive (nonché i suoi lettori), ché non ci voleva tanto a dire che sono una manica di approfittatori che tendono a descrivere la realtà in modo a loro sfacciatamente favorevole, ma tanto favorevole che l'hanno fatta diventare riprovevole e disgustosa alle persone del popolo che più la subiscono, come il nonno muratore dello stesso Nori.
Fate clic per leggere l'articolo sul blog di Nori (articolo purtroppo commissionatogli dal Foglio del parimenti indifendibile Giuliano Ferrara, che però, a sua parziale discolpa, fa scrivere gente non tanto sopportata dall'editoria e dalla sedicente cultura di sinistra, come Maurizo Milani, Alfonso Berardinelli e lo stesso Nori).
Ps: mi dichairo spontaneamente Sciasciano Berlingueriano. Altresì dichiaro che stimo Massimo D'Alema - del resto delfino di Enrico Berlinguer -, anche perché da sempre odia La Repubblica.
sabato 26 maggio 2012
A Roma coi cinque stelle (mezzo di trasporto a scelta)
Questi qua ci arrivarono marciando...
Il sempre più incredibile leader unico Beppe Grillo ha appena scritto sul suo blog (clic) un post dal titolo Bomba o non bomba arriveremo a Roma (qualora si decidessero, suggerisco ai movimentisti a nord di Bologna di non prendere il treno... che poi i treni nemmeno arrivano in orario...). Nel breve post il comico in declino sostiene che i recenti attentati, compreso quello omicida di Brindisi, sono forse il preludio di una nuova stagione stragista (secondo me sottintende di Stato, mandanti Napolitano, D'Alema e Bersani...) volta a impedire il cambiamento politico, sostanzialmente l'inarrestabile ascesa del movimento cinque stelle da lui ispirato. Fino a ora non c'è nemmeno un commento negativo... (ho riguardato, qualcuno c'è, naturalmente stigmatizzato da tutti gli altri)
Vabbè, mi meraviglio poco: questi grillini (questi italiani?) più di tanto non capiscono; o peggio, capiscono benissimo, e meglio di così, fascisti e qualunquisti, non sono.
Ps: bisogna avvertire il paese di un pericolo: se il movimento continua a crescere a tassi di 5% tra pochi giorni non ci saranno più elettori di altri partiti, e per dargli ancora più forza bisognerà importare elettori dall'estero, vieppiù aggravando i conti dello Stato.
giovedì 24 maggio 2012
La nuova era di Pizzarotti e Grillo.
Il Sindaco eletto ( quello con in mano il ramoscello) riceve in visita di cortesia l'ispiratore del movimento
Fino ad oggi, se volevi partecipare alle selezioni di personale degli enti pubblici, dovevi avere i requisiti giusti e attenerti a precise regole di presentazione della candidatura. Da oggi in poi si rivoluziona tutto: la domanda va presentata al proprietario del marchio di cui si è servito l'eletto al governo della pubblica amministrazione: son notevoli passi avanti rispetto alla passata invadenza dei partiti... Leggete qui (clic).
Secondo punto. In termini giuridici, può l'ispiratore di un movimento politico decidere che un preciso candidato, tale Valentino Tavolazzi (ex direttore genereale del comune di Modena, da pochi mesi allontanato dal movimento 5 stelle, sostanzialmente per insoburdinazione al capo), non ha i requisiti politici per ambire a ricoprire un ruolo pubblico per il quale invece possiede i requisiti di legge? Chiaramente Tavolazzi querelerà il comico in declino e otterrà un sacco di soldi. Ma gli italiani, si sono bevuti il cervello a tal punto?
Ps: e poi comico è una parola troppo grossa per Giuseppe Grillo, che massimo massimo è un satirico. Tra le due qualità artistiche ci passa come tra un ottimo scrittore e un pessimo critico.
Ps2: si dice che il nuovo sindaco di Parma intenda batter moneta. Potrebbe chiamarla Eliogabalo.
domenica 20 maggio 2012
L'attentato di Brindisi
Proprio sabato mattina, poche ore dopo l'attentato di Brindisi, ho finito di leggere il romanzo Il tempo materiale, di Giorgio Vasta. Non sto a dire che finisce male, strappalacrime l'amore vince sempre... Mi preme invece dire che in quel romanzo, per tanti versi bello, c'è scritto che l'attentato di Brindisi è stato realizzato molto probabilmente da una banda di balordi, come pare stia già emergendo dalle indagini. Il romanzo di Vasta parla appunto di tre ragazzini che nel 1978 fondano una cellula terroristica, emulando le brigate rosse. Agiscono in una scuola media... Leggetelo, anche a conferma che la realtà viene sempre dopo la fantasia.
Lo so, l'opinificio nazionale si è subito scatenato a fare ipotesi ad esso più favorevoli: la paura fa vendere i giornali più della balordaggine; e, non so per quale reale motivo, si dice stabilizzi i governi... Ancora peggio fa la commozione. Speriamo che giornalisti, magistrati, profeti di sventura, indignati speciali, politici vecchi e nuovi (vergognoso lo sfruttamento a fini elettorali di Giuseppe Grillo), si facciano una ragione del fatto che a volte il grottesco non nasconde null'altro che se stesso, e che il grottesco in particolare di Brindisi è il risultato del grottesco in generale nel quale stiamo tutti precipitando da anni in questo dannato paese.
mercoledì 16 maggio 2012
Matteo Garrone e la camorra
Ernesto Mahieux in una scena del film L'imbalsamatore
Dato che la serata non prometteva granché, scesi giusto per infilarmi nel cinema sottocasa. Davano il film L'imbalsamatore, alla presenza del regista, un ancora abbastanza sconosciuto e giovanissimo Matteo Garrone. Il film risultò uno di quelli da non perdere, per me uno dei migliori film dei primi anni del nuovo millennio (suggerisco anche Respiro di Crialese e L'uomo in più di Sorrentino, nonché qualunque film vi capiti di Tonino de Bernardi, magari proiettato in sua splendida presenza). All'altezza pure la chiacchierata con il pubblico, anche se di solito il dibattito no: Garrone si dimostrò persona simpatica e preparata. Vabbè, direte, cosa ce ne frega a noi se hai passato una bella serata chissà quanti anni fa, ché tanto si sa che ora fai vita da sorcio e stai sempre su internet... D'accordo.
Il motivo per cui mi è tornata in mente quella brillante serata -durante la quale ebbi pure modo di fare quattro chiacchiere con Garrone in un piccolo capannello, durante la quale confermò divertito che a un certo punto della lavorazione aveva davvero temuto di essere stato in mano a persone non frequentabili - è la questione del pizzo che avrebbe pagato alla camorra per girare Gomorra in terra campana (clic). Lui ovviamente nega, e non può essere diversamente, perché il fatto non sussiste. Chiunque conosca i meccanismi della produzione cinematografica sa che spesso, per non dire sempre, durante la lavorazione di un film in esterna si pagano piccole o grandi somme a personaggi del posto, per non rischiare di rallentare o bloccare la produzione, o di vedersi rubare materiali, a volte addirittura la macchina da presa... (succede). Ovviamente lo sa anche Matteo Garrone, che durante la serata suddetta si divertì molto a raccontare dei piccoli boss presenti nella pellicola, dei favori che la piccola produzione (fatta con soldi messi insieme dal regista) aveva da essi ricevuto, in termini di locations o altro che non ricordo. Mi sembra di ricordare che parlò di 50 milioni di lire. Secondo me si era costruito una piccola epopea per dare più risalto al suo film indipendente, fatto senza patente, per costringere l'ottusa stampa a occuparsene.
Naturalmente non è da escludere che tra le persone coinvolte nella lavorazione ci fosse qualche persona non completamente a posto con la giustizia (in qualunque film girato in terre di mafia). E qui sta il problema. Infatti, al di là di una normale cautela, dove sta scritto che chi assume una comparsa, o affitta un mezzo, o acquista un servizio durante la lavorazione di un film, deve verificare tutte le fedine penali (del resto, se uno ha espiato una pena, è pulito, o no?); o addirittura prevedere che un giorno, persone incensurate, commettano dei reati? Anche fosse che nel film compaiono delinquenti, possibile che nemmeno un artista possa indagare nel retroterra culturale o sottoculturale delle nostre città, a fini espressivi, senza venir accusato di contiguità con la criminalità organizzata? Dove sta il reato di Matteo Garrone? Siamo sicuri che lo stesso Pasolini sarebbe uscito indenne da un'analisi giudiziaria dei partecipanti alla lavorazione delle sue pellicole?
In questo paese la giustizia è purtroppo diventata qualcosa di peggio che kafkiano: non basta non commettere reati, ma bisogna stare alla larga da chi ne ha commessi, da chi potenzialmente potrebbe averne commessi in passato o potrà commetterne in futuro. In definitiva si tratta della solita merda classista: ci si rinchiude nella propria cerchia di persone perbene e benpensanti, si legittima la propria gente come l'unica con la coscienza a posto, si erige la propria cerchia piccolo borghese a paradigma sociale, e, infine, si elegge la propria classe di appartenenza come l'unica con le carte in regola per fare impresa e cultura, nonché governare (vale a dire comandare e arricchirsi, a danno di tutti gli altri).
Insomma, inutile farla tanto lunga: questo paese si rappresenta sempre di più come diviso tra buoni e cattivi. Secondo questa disonesta concezione non solo bisogna essere buoni, ma bisogna pure dimostrare ai nuovi inquisitori di non aver mai avuto a che fare coi cattivi. A questo ci hanno portato i savonarola tanto osannati dal basso: al giustizialismo forcaiolo che da tangentopoli in poi ha prodotto il desiderio di vendetta da parte di gran parte della popolazione che si ritiene a posto, quasi sempre in maniera ipocrita, e che ha fatto dell'indignazione e della rabbia una bandiera politica. Invece i buoni, da che mondo è immondo, a posto non lo sono affatto, tantomeno in questo frangente storico, nel quale, però, se non verranno fermati, ci porteranno a dividersi a tal punto che sarà difficile evitare una guerra civile. In ogni caso, se questi sono i buoni, meglio stare coi cattivi.
lunedì 14 maggio 2012
Giuliano Ferrara a sostegno di Roberto Saviano
Manifestazione goliardica svoltasi sulla spalla destra di Giuliano Ferrara
Ci mancava solo lui... Nel suo articolo su Roberto Saviano (clic) Giuliano Ferrara ha abbastanza ragione: non se ne può più, di Saviano. Solo che se lo dice lui, Ferrara, i fanatici dell'impaurista Casertano diverranno ancora più radicali, compreranno a randa i prodotti del loro brand preferito (in uscita a maggio calze a rete colorate, smalto per unghie, bastoncini per igiene delle orecchie e carta carbone, quella di sua invenzione, usando la quale, anche se copi, nessuno ti può dire nulla), e non cambieranno canale neanche durante la pubblicità, staranno fissi sul programma Quello che non ho lo compro (tuttavia geniale la trovata degli autori di lucidare le parole). Non solo, tanti già stufati di Saviano e company, con questa mossa ringamberanno e andranno ad accrescere l'audience del programma. Lo stesso tanti indifferenti saranno ora motivati a seguire il programma di falsa indignazione sociale. Questo il direttore de Il Foglio lo sa benissimo. Ed è questo che inquieta.
Bob Generoso: da un racconto
scorci di vita quotidiana in Tellville
C'è un racconto dello scrittore ritirato Bob Generoso. Parla di uno straordinario calciatore delle americhe che si allena sempre, che si è sempre allenato, altro non ha fatto che allenarsi. Fin da bambino, questo simpatico gingillo narrativo, nemmeno giocava coi coetanei: solo allenamenti sul piccolo campo di calcio che i genitori gli avevano costruito nel grande giardino dietro casa. La sua infanzia, dunque, l'aveva tutta impiegata nel fare esercizi ginnici, palleggi, corse, solo rarissime volte in compagnia di familiari o amichetti (per quanto se ne sappia senza disputare mai una vera e propria partita).
Diventato ragazzo, poi adulto, lo straordinario calciatore, che si era allenato giorno dopo giorno tralasciando tutto il resto, non facendo neanche caso al mistico stato di solitudine nel quale si era cacciato, divenne specializzato in ogni possibile calcio da fermo, colpi di piede destro e mancino coi quali riusciva a fare goal con una frequenza mai vista, superando imponenti barriere sagomate, sapientemente costruite all'uopo dai migliori artigiani, e decorate dai più rinomati artisti della sperduta cittadina. Aveva anche inventato colpi di quelli maliziosi (forse studiando i più avanzati trattati di fisica e matematica). La rimessa laterale a girandola, per esempio, metterebbe in difficoltà qualunque difesa, come secondo accreditate testimonianze risulterebbe da suoi precisissimi calcoli e da suoi circostanziati inediti appunti con sopra disegnati numerosi schemi; appunti di valore sempre crescente, oramai in mano a magnati che se li passano a seguito di serrate trattative, ma che tuttavia non hanno ancora reso pubblici.
La leggenda dello straordinario calciatore, secondo il racconto di Bob Generoso, si raccontava in tutti i continenti, tant'è vero che in paese venivano altissime personalità da tutte le parti per rammirarlo. Agli allenamenti, tuttavia, si veniva ammessi soltanto dopo estenuanti discussioni con gli agenti, due cugini, brutti ceffi, almeno uno dei due tossicodipendente (sempre stando alla comune opinione). Insomma, per vederlo allenarsi, il nostro non comune calciatore, bisognava pagare. Ma non solo, perché prima di vederlo all'opera bisognava accordarsi circa il racconto che se ne poteva fare all'esterno, mediante stipula di acribioso contratto. Per dire che non era roba da tutti, ci volevano giorni e giorni prima di poter osservare il fenomeno per non più di un'ora.
Si diceva che via via le più grandi squadre del mondo avevano offerto al nostro insolito eroe contratti cornucopiformi, anche solo per svelare in esclusiva i suoi segreti, fosse pure limitatamente alla versione scritta; ma che lui, attraverso stringate ambasciate affidate ai ceffi cugini, aveva sempre garbatamente rifiutato (addiceva sempre la scusante esistenziale che nell'animo suo non si sentiva ancora pronto per il successo durativo).
Nel corso del racconto, lo scrittore ritirato Generoso fa diversi andirivieni nell'animo umano proprio dall'interno dello straordinario calciatore che si allena di continuo (anche adesso che è vecchiotto e imbolsito, secondo recenti testimonianze sempre di ambito poetico-narrativo), paragonandolo ora a un mistico vivente, riconosciuto da tutte le religioni monoteistiche (da anni sospeso in aria dopo aver appreso tutti i segreti dello pneuma), ora a un'epopea del sindacato scrittori ricercativi. Di egli, dell'appena denominato epopea, si sa che non era propriamente un attivista, ma solamente un imboscato nell'organismo minoritario dei poeti rigirati, aventi, sia l'organismo poetico che lui medesimo, enormi ambizioni artistiche (regolarmente frustrate, se non ostacolate, anche all'interno del sindacato, forse perché nessuno pagava la regolare quota associativa).
L'epopea si era nientemeno messintesta di scrivere solo frasi letterariamente perfette; ciononostante, nel corso di decenni e decenni, mai aveva scritto qualcosa di compiuto, se non distruttive frasi critiche dell’altrui fatica; limitandosi per il resto del tempo a cercare la formula del perfetto enunciato, a girargli attorno (conformemente alla sua poetica)rigirandosi tra le mani, una volta raggiunta la certa età, poche dozzine di enunciati abbastanza puri - arrotondati, si potrebbe dire - che aveva via via messo da parte scavando profondamente nel repertorio letterario delle lingue a lui conosciute; oppure creato dal nulla, pescando dai pertugi più reconditi di quella che solo lui, per ora, riteneva un'impavida immaginazione. Si trattava di enunciati ai quali, sempre secondo lui, mancava un niente... dai quali continuava a escludere, escludere, escludere, dopo accuratissime disamine durate interi lustri, sicuro di arrivare un giorno o l'altro alla rivelazione dell'enunciato perfetto, quello a partire dal quale si sarebbe finalmente scritto con una lingua definibile oggettiva; enunciato apocalittico che avrebbe rigenerato sia la letteratura che l'umanità, e che avrebbe tuttinunavolta svelato gran parte dei segreti dell'inizio, del mezzo e della fine dell'universo; enunciato unico e insostituibile che gli avrebbe assicurato fama e gratitudine eterna da parte dei suoi simili contemporanei e posteri, che l'avrebbe messo al primo posto tra i suoi colleghi ricercativi di tutto il pianeta e che infine, unico rimasto tra i componenti dell’organismo dei poeti rigirati, l’avrebbe di certo riscattato dal disprezzo generale da cui era stato avvolto per tutta la sua miserabile vita, sopra di tutto da parte dei suoi più pragmatici colleghi dell'organismo poeti generici rimirati applicativi.
Ps: il motto dell'oramai estinto organismo dei poeti rigirati si ritiene fosse il seguente:
gira e rigira sèmo sempre i soliti du' bischeri!
Post e autore del post in fase di correzione
mercoledì 9 maggio 2012
Cultura a 5 stelle
In questo post (clic) Paolo Nori, che è nativo di Parma, dove il candidato sindaco Federico Pizzarotti è storicamente andato al ballottaggio, analizza la sezione cultura nel programma del Movimento 5 Stelle in quella città. Niente di che, si tratta di normale delirio, in linea con gli altri punti del programma, locale e nazionale. Mi domando anche io come sia possibile che a rappresentare il nuovo in un paese che dovrebbe essere moderno anche linguisticamente ci siano persone che si esprimono così. Aridatece i loschi magnaccioni di una volta... che si esprimevano vergognosamente uguale, ma almeno sapevi che erano vecchi, e potevi sempre sperare nell'avvento del nuovo...
martedì 1 maggio 2012
Appello agli imprenditori: non mettetevi tutti a fare gli scrittori!
Imprenditore arrabbiato che scrive a Edoardo Nesi
Fortuna che c'è una componente fisiologica, anche tra gli imprenditori, che proprio non sa scrivere. Ma gli altri? L'ex imprenditore Edoardo Nesi (ma perché ex se è proprietario e dirigente di importanti aziende editoriali? Clic qui ), scrittore premio Strega 2011, esorta gli imprenditori che gli scrivono su Twitter e Facebook (quindi quelli che sanno scrivere...) a non arrendersi, sopra di tutto a non mettersi a fare gli scrittori, ché posto per tutti non c'è... Se scrivessero a me, gli imprenditori in difficoltà, consiglierei loro di non mettersi nemmeno a fare gli editori, ché dev'esser peggio di andar di notte... e neanche gli Assessori alla Cultura in Provincia, ché gli stipendi degli assessori non è che siano così alti, e poi le province magari tra poco le levano...
In ogni caso lo so, questi appelli servono a poco, la tendenza è quella... Il guaio vero sarebbe se gli ex scrittori si mettessero a fare gli imprenditori.
Qui l'articolo di Edoardo Nesi sul Corriere della sera
venerdì 27 aprile 2012
Il mercato ortofrutticolo di Milano è gestito dalla 'ndrangheta
attuale capo 'ndrangheta milaniano
In che paese si vive? Possibile che nessuno quereli il sempre più stupefacente Roberto Saviano? Non perché scrive articoli deliranti sui codici camorristi clic (tanto nessuno potrà dimostrare il contrario...), giacché gli articoli deliranti li scrivono tutti, uno più uno meno... Ma come si può pubblicare su uno dei principali quotidiani un articolo il quale sostiene che nella capitale economica del paese " la 'ndrangheta gestisce il mercato ortofrutticolo " (che ha verosimilmente un giro d'affari di miliardi di euro)? Perché le migliaia di persone che lavorano al mercato ortofrutticolo di Milano non si sentono offese? Forse c'è qualcosa di vero? Forse, provo a dare una spiegazione, i commercianti del mercato evadono un po' il fisco, e pur di non andare sotto i riflettori si fanno accusare in blocco di mafiosità, che alla fine alla fine, in Italia, non è un marchio così infamante... In ogni caso, quali sono le fonti di Saviano? Perché a Repubblica nessuno chiede conto delle fonti informative dei suoi articoli? E se fosse vero, perché la polizia e la magistratura non intervengono? Vedrete che anche questa andrà in cavalleria, come quando durante una conferenza a Trento clic lo scrittore impaurista disse che le mele del Trentino stavano per cadere in mano alle mafie: poi venne interrogato dai carabinieri e ringambò, disse che era così, per dare enfasi al discorso, per mettere in guardia da pericoli virtuali... Lo stesso adesso, se verrà interrogato, lo scrittore profeta, dirà che era così per dire... si sa che a Milano portano tutti la coppola, che ci sono più lupare che showgirls, che è inutile stare a sottilizzare, se le Mafie non hanno il mercato ortofrutticolo avranno il macello pubblico, o le pompe di benzina o il mercato dell'usato, qualcosa ci avranno di sicuro... Insomma - così dirà Saviano alla prima occasione in tv - siamo noi blogghisti critici, con il nostro atteggiamento legalitario e pregiudiziale nei suoi confronti, a impedire la vera lotta alle mafie; siamo noi i disfattisti, i repressi, i seminatori d'odio; magari ne approfitterà per spiegarci ancora meglio il suo novativo concetto di legalità, recentemente espresso: non mi importa se un imputato risulterà in tribunale non colpevole di un reato, per me rimarrà un non innocente.
Ps: perché la comunità letteraria continua a considerare importante scrittore chi scrive sciocchezze del genere, che invalidano la capacità di testimonianza degli scrittori sia in termini di profondità d'analisi che di verità?
domenica 22 aprile 2012
Spazio ai giovani
giovane adepto che studia il programma del profeta
Lo sanno tutti, sto coi giovani. In questo caso, con il giovane D'Alema, 63 anni, contro il decrepito Beppe Grillo, 64 anni. Però D'Alema sbaglia a dire che il comico declinato è una via di mezzo tra il primo Bossi e il Gabibbo: lasciamo perdere l'inarrivabile Bossi, ma il Gabibbo, intellettualmente parlando, è un gigante che se farà un partito riceverà voti almeno doppi a quelli dell'arricchito genovese (secondo me senza bisogno di fare nessuna campagna elettorale: questa sarà la novità politica annunciata da Alf Ano? Scherzaci...)
Di soldi, volevo parlare, proprio di soldi. Si è recentemente saputo che Lucio Dalla - un cantante importante, ma Cristo, un cantante - avrebbe lasciato un patrimonio di 100 milioni di euro (e allora Celentano, quanto lascerà? Non è che sequestrando il 50% del patrimonio di cantanti, comici, atleti, presentatori e showgirls si risanerebbero le casse dello Stato?). Beppe Grillo pare dichiarare attorno ai 4 milioni di euro all'anno, ma il suo reddito vero sarà di sicuro più alto, perché le rendite finanziarie non vengono conteggiate; soldi sudati, dicono i suoi tifosi o adepti, che fanno finta di ignorare che per ricchezza, il loro guru, tra i politici in attività, è secondo soltanto a Berlusconi. Vabbè... Per parlare di comici ancora in attività, l'ultimo bilancio conosciuto della società di Roberto Benigni superava i 60 milioni di euro di fatturato, in gran parte evidentemente legati a sue prestazioni professionali. I principali direttori dei giornali, in parte finanziati dallo Stato, guadagnano anche loro milioni di euro all'anno. Questi i numeri. Ma gli italiani, gran parte degli italiani - questi lestofanti che non meritano di paragonarsi neanche al più babbeo dei componenti della Banda Bassotti - si indignano se un parlamentare guadagna 5.000 euro al mese, se il Presidente della Repubblica, che è capo dello Stato, capo della magistratura e capo delle forze armate, guadagna poco più di 200.000 euro all'anno (immagino lordi); si indignano se Massimo D'Alema, uno degli uomini di potere italiani più influenti nel mondo, possiede in leasing una barca a vela, che potrebbe magari pagarsi con i diritti d'autore dei suoi libri (che nemmeno pubblica con Mondadori...). Peggio ancora, a fronte di finanziamenti diretti e indiretti alla chiesa cattolica per miliardi di euro, usati anche per dirigere il consenso a favore dei partiti e dei politici più manigoldi, gli italiani si indignano per il finanziamento di poco più di cento milioni di euro all'anno ai partiti, sotto forma di rimborso elettorale. Che popolo di teste di cazzo!
Ps: Marco Travaglio dato per sicuro per la carica di allenatore della squadra maschile di indignazione acrobatica, che parteciperà alle prossime olimpiadi.
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