Mario Monicelli è uscito di scena in modo assai elegante, non solo per lo sciagurato volo, ma perché, oltre al suo bel cinema, lascia negli italiani perbene il dubbio che essi non siano così perbene come vogliono far credere. Monicelli ha detto pochi mesi fa che gli italiani si debbono ribellare, fare una vera e propria rivoluzione, come non ce n’è mai state in Italia. Ma gli italiani questa rivoluzione non la faranno, nemmeno gli italiani giovani, che rimarranno sui loro freddi scalini a farsi le canne o a corteggiarsi o a immaginare fughe (fighe?) all’estero, in attesa che qualche parente li sistemi in qualche modo, magari lasciandoli eredi di qualche cosa acquisito nei decenni fintogloriosi del boom, dei quali, del resto, il maestro Monicelli ci ha lasciato ritratti impietosi.
Ci è da sperare (che brutta parola, lo diceva anche Monicelli!) almeno nei più disparati, giovani o meno? Macché: i disparati di solito fanno un po’ di casino, se trovano il modo di riunirsi, ma poi, di fronte a un bel piatto di pastasciutta, magnéno.
E allora? Saranno ancora una volta i benestanti a fare una finta rivoluzione? Possibile che gli italiani, almeno quelli più in difficoltà, diciamo quelli nati dal 1960 in poi, non si rifiutino, in blocco, di pagare i debiti fatti dai loro smargiassi genitori o nonni, i quali, vivendo per decenni al di sopra delle loro possibilità, hanno lasciato alle generazioni future un debito impossibile da ripianare, se non mettendo le mani in tasca a chi si è arricchito davvero?
Vediamo come. Si dice che l’Italia sia campione nel risparmio, che la ricchezza in possesso delle famiglie è 5-6 volte superiore al debito dello Stato, cioè di tutti noi. Ma quante e quali famiglie? Penso che la vera ricchezza, diciamo il 90% di essa, è in mano a non più del 10% delle famiglie. E penso che debbano essere loro a pagare, senza nulla chiedere in cambio se non la rispettabilità dovuta a chi fa un gesto magnanimo. Ci vuole una tassa patrimoniale. Ma non si tratta di fare una patrimoniale così, all’acqua di rose. No! Qui ci vuole qualche cosa di epocale, una strasuperpatrimoniale da 900-1000 miliardi di euro, che sono una cifra pazzesca, bisogna ammetterlo. Oh, intendiamoci, questi ricchi a cui spetta la salvezza dello Stato, questa tassa una tantum la possono pagare anche a rate, mica ci mettiamo a fare rastrellamenti di ori e preziosi casa per casa. Anzi, possono fare anche solo da garanti del debito, come del resto fanno già ora comprando i bot, ma questa volta senza riscuotere interessi sulla metà dei bot che si dovrebbero impegnare a comprare finché le casse dello Stato saranno riaccomodate, quando il paese avrà prodotto nuova ricchezza (della quale, del resto, sempre ai ricchi, temo, spetterebbe la fetta più sostanziosa...). Si otterrebbero almeno tre risultati: 1) i ricchi tornerebbero a diventare in gran parte rispettabili borghesi, che ci tengono; 2) si potrebbe ricominciare a investire sul futuro di tutti, sulla ricerca in particolar modo, perché senza ricerca non c'è futuro alcuno; 3) l’Europa la smetterebbe di romperci il cazzo un giorno sì e un giorno no, come fa da venti anni.
Ci è da sperare (che brutta parola, lo diceva anche Monicelli!) almeno nei più disparati, giovani o meno? Macché: i disparati di solito fanno un po’ di casino, se trovano il modo di riunirsi, ma poi, di fronte a un bel piatto di pastasciutta, magnéno.
E allora? Saranno ancora una volta i benestanti a fare una finta rivoluzione? Possibile che gli italiani, almeno quelli più in difficoltà, diciamo quelli nati dal 1960 in poi, non si rifiutino, in blocco, di pagare i debiti fatti dai loro smargiassi genitori o nonni, i quali, vivendo per decenni al di sopra delle loro possibilità, hanno lasciato alle generazioni future un debito impossibile da ripianare, se non mettendo le mani in tasca a chi si è arricchito davvero?
Vediamo come. Si dice che l’Italia sia campione nel risparmio, che la ricchezza in possesso delle famiglie è 5-6 volte superiore al debito dello Stato, cioè di tutti noi. Ma quante e quali famiglie? Penso che la vera ricchezza, diciamo il 90% di essa, è in mano a non più del 10% delle famiglie. E penso che debbano essere loro a pagare, senza nulla chiedere in cambio se non la rispettabilità dovuta a chi fa un gesto magnanimo. Ci vuole una tassa patrimoniale. Ma non si tratta di fare una patrimoniale così, all’acqua di rose. No! Qui ci vuole qualche cosa di epocale, una strasuperpatrimoniale da 900-1000 miliardi di euro, che sono una cifra pazzesca, bisogna ammetterlo. Oh, intendiamoci, questi ricchi a cui spetta la salvezza dello Stato, questa tassa una tantum la possono pagare anche a rate, mica ci mettiamo a fare rastrellamenti di ori e preziosi casa per casa. Anzi, possono fare anche solo da garanti del debito, come del resto fanno già ora comprando i bot, ma questa volta senza riscuotere interessi sulla metà dei bot che si dovrebbero impegnare a comprare finché le casse dello Stato saranno riaccomodate, quando il paese avrà prodotto nuova ricchezza (della quale, del resto, sempre ai ricchi, temo, spetterebbe la fetta più sostanziosa...). Si otterrebbero almeno tre risultati: 1) i ricchi tornerebbero a diventare in gran parte rispettabili borghesi, che ci tengono; 2) si potrebbe ricominciare a investire sul futuro di tutti, sulla ricerca in particolar modo, perché senza ricerca non c'è futuro alcuno; 3) l’Europa la smetterebbe di romperci il cazzo un giorno sì e un giorno no, come fa da venti anni.
Facciamola questa patrimoniale, cominciamo perlomeno a discuterne. Lo dico anche a favore dei più ricchi, che a seguito di un fallimento dello Stato rischiano di ritrovarsi nella condizione di espatriare andando a ricongiungersi con parte dei loro beni, già da tempo sistemati oltreconfine. Lo dico soprattutto a favore dei ricchi nomenclati, per tutelare il loro status, perché una cosa è essere ricchi a casa propria, un’altra essere ricchi chissà in quali Antille dove sei destinato a non contare proprio nulla.
E gli svantaggiati, i poveri? Ai poveri è chiesto solo di rifiutarsi di pagare debiti che non hanno fatto, dai quali non hanno goduto granché benefici nemmeno le loro famiglie di provenienza. Il maestro Monicelli sarebbe contento pure lui di questa rivoluzione dolce, dolce come lui.